Nella lunga chiacchierata con Il Posticipo, Vratislav Gresko ricorda lo storico 5 maggio in cui è passato negativamente alla storia per l'errore che permise a Karel Poborsky di andare in rete e alla Lazio di battere l'Inter, che salutò così lo Scudetto nel lontano 2002: "Non hanno massacrato solo me, tutta la squadra è stata massacrata. Anche io ho sbagliato, ma potrei menzionare tante altre cose che ci hanno impedito di vincere quell’anno. Bisogna pensare alle cose belle e mettersi quelle brutte alle spalle: non dimenticarle, ma saperle usare nel futuro".
Il presidente Massimo Moratti vi ha detto qualcosa dopo lo scudetto perso il 5 maggio?
"La famiglia Moratti ci ha sostenuto sempre anche quando le cose non andavano bene: ci è stata sempre vicina. Lo ha fatto anche Giacinto Facchetti che oggi non c’è più. Nella mia carriera ho giocato in squadre come il Bayer dirette da una fabbrica e in club gestiti come una famiglia dalla società: all’Inter è andata così e mi sono trovato davvero bene".
Quando avete perso il campionato nella stagione 2001-02?
"Ovviamente nell’ultima partita: vincendo con la Lazio avremmo vinto lo scudetto, ma abbiamo perso. A Verona contro il Chievo eravamo avanti 2-1 poi però la partita è girata e abbiamo preso gol all’ultimo minuto. Ci sarebbe bastato battere l’Atalanta in casa per vincere lo scudetto invece abbiamo perso: io però non avevo giocato perché squalificato per somma di cartellini gialli. Uno può trovare sempre il modo per giustificarsi, io però non cerco scuse per quello che è successo. Il giorno dopo eravamo delusi. Quando uno ama il calcio e perde poi è deluso".
Nicola Ventola ha raccontato che lei è andato a fare un giro per Milano il giorno dopo la sconfitta dell’Olimpico e ha avuto una brutta disavventura: è vero?
"Io ho tanti amici interisti in Italia: anche loro mi hanno chiesto se questa cosa è vera e perché ho sbagliato. Io non voglio dare colpe agli altri, mi prendo le mie responsabilità. Ero giovane, avevo 22 anni. Dopo una sconfitta che faceva male, la cosa migliore da fare è chiudere la porta di casa e rimanere lì dentro e non andare in giro. I tifosi vanno allo stadio per vedere la propria squadra vincere e quando non succede si arrabbiano. I tifosi pensano che i giocatori possono influenzare l’andamento delle cose. Quando un calciatore va in città, a prescindere dal fatto che abbia giocato o meno il giorno prima, viene beccato dai tifosi che incontra e deve prendersi le colpe. In ogni nazione però è diverso".
Che rapporto aveva con Ronaldo il Fenomeno?
"Abitava sopra di me nello stesso palazzo. Era una grande persona, un calciatore unico. Anche al Leverkusen ho giocato coi brasiliani Ze Roberto ed Emerson: sono stati grandi giocatori, con loro ho avuto sempre un grandissimo rapporto. La stessa cosa è successa con Ronaldo e Adriano con cui ho giocato insieme al Parma. Coi sudamericani mi sono sempre trovato bene. Ronaldo era troppo forte, contro di lui era impossibile difendere, nemmeno Ivan Cordoba in allenamento ce la faceva perché Ronnie era sempre un passo in avanti con le sue finte".
Che cosa ricorda del suo arrivo all’Inter? Lei arrivava dal Bayer Leverkusen…
"Sono arrivato con poca esperienza e poche partite sulle gambe. Ho fatto il salto in una squadra grandissima con una bella storia calcistica, tanti tifosi e una bellissima città alle sue spalle. Purtroppo non avevo disputato tante partite in Germania per via di un infortunio muscolare".
Fu Tardelli a volerla all’Inter?
"Dopo l’Europeo del 2000, l’Inter ha cambiato allenatore: al posto di Marcello Lippi è arrivato Marco Tardelli che mi voleva fortemente. Io avevo avuto altre quattro offerte da squadre di Serie A: molto interessanti e non molto più piccole dell’Inter. Alla fine il Bayer Leverkusen ha trovato l’accordo coi nerazzurri: me lo hanno annunciato e mi hanno chiesto se volevo trasferirmi a Milano. Ho accettato".
Lei è tifoso dell’Inter oggi? Ha rapporti con la società nerazzurra?
"Ho rapporti sia con l’Inter che con altre società e non solo in Italia: ho amici in Germania e in Inghilterra. Seguo alcune squadre in Italia e soprattutto alcuni giocatori. A Parma ho giocato poco, ma lo seguo perché c’è Kucka. Vedo la Serie A e quando l’Inter vince sono contento".
Le piace l’Inter di Antonio Conte? Che idea si è fatto?
"È molto difficile dirlo da fuori. Non è importante se piace a me, deve piacere ai proprietari e ai tifosi. È una squadra abituata a vincere come la Juventus però alla fine solo uno ce la fa. Da fuori vedo poco: non seguo gli allenamenti e non conosco la filosofia della società quindi non posso esprimermi. Accendere la televisione al mercoledì o alla domenica per guardare la partita è troppo poco per dare giudizi sull’Inter".
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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