Trent'anni fa esatti l'Inter batteva il Napoli al Meazza e portava a casa lo scudetto dei record. Il primo e unico dell'era Ernesto Pellegrini, che abbiamo voluto rivivere assieme a un protagonista di quella squadra: Riccardo Ferri.

Un ricordo indelebile.
"Assolutamente. Va a collocarsi tra i più belli della mia carriera. Per me è anche coinciso con il momento di massimo rendimento in carriera. Quell'anno abbiamo vinto e convinto, mettendo assieme un filotto straordinario".

Quanto è stato difficile fare un record di punti in A (58) con avversarie come quelle di allora?
"Tutti avevano degli stranieri formidabili. Facile ricordare Maradona e Van Basten, ma quando dovevi marcare Casagrande avevi di fronte un rompiscatole tremendo. Gli altri si chiamavano, Evair, Caniggia, Francescoli, Aguilera, Barbadillo. Se non avessimo avuto una grande squadra non ce l'avremmo fatta, perché anche le cosiddette provinciali erano fortissime".

Si parla molto dell'identità come punto forte di una squadra vincente. Nella vostra c'era uno zoccolo duro che però veniva da annate più complicate.
"Per far capire cosa significasse per alcuni di noi quella squadra basta sottolineare in che condizioni abbiamo giocato in alcune partite. A differenza del Milan, che aveva 18 giocatori molto forti, noi avevamo una panchina corta. In tre o quattro abbiamo giocato veramente in condizioni difficili. Diciamo che guarivamo giocando. D'altronde l'identità la fanno le persone, prima dei giocatori. In questo penso e spero che Marotta, che ha grande esperienza, possa lavorare al meglio per la prossima Inter".

Vista da fuori, come mai l'Inter di oggi fa così fatica? Ha influito così tanto il caso Icardi quest'anno?
"La lettura che posso fare è da fuori, pur avendo qualche contatto all'interno. La società non si sveglia dal mattino alla sera prendendo una decisione così. E' chiaro che le parole dell'agente-moglie hanno creato un problema e se quelle dichiarazioni perseverano senza che tu dica nulla passa il concetto per cui le condividi. Per quello si è intervenuto".

Ora come se ne esce?
"Icardi è un patrimonio del club. Aveva già avuto offerte per andare via, così come la società per venderlo. Se ci sono le condizioni per la cessione si può fare, ma non bisogna svenderlo. E' chiaro che è una questione di cui si dovrà parlare".

Se ne parlerà con Conte. Chi meglio di un giocatore che ha lavorato con Trapattoni può sapere come la piazza, prima di eventuali successi, può accogliere un ex juventino...
"Io sono un sentimentalista, ma sono anche semplice nelle decisioni. Vale un po' il discorso fatto per San Siro: è chiaro che sono molto legato ma è giusto fare quel che serve. Per Conte è lo stesso. Lo conosco, è un grandissimo professionista. Se si siede sulla panchina dell'Inter per lui ci sono solo i colori nerazzurri e all'interista non deve venire alcun dubbio su questo. Pochi allenatori al mondo sanno dare un senso a una squadra come sa fare lui".

E' un po' quel che fece Trapattoni nel suo percorso all'Inter?
"Già l'arrivo alla presidenza di Pellegrini portò grande senso di appartenenza, di familiarità. Con Trapattoni si è certificato il tutto, il gruppo era molto legato a lui. L'importante, in una squadra, non è andare tutti d'accordo. C'è quello con cui vai a cena e quello con cui non lo fai, ma una volta ad Appiano e poi a San Siro noi mangiavamo l'erba. Quello conta. E' chiaro che avevamo Matthaus, Brehme, Diaz, ma era gente che anche quando vinceva la partita per meriti propri sapeva distribuire al resto della squadra".

VIDEO - ACCADDE OGGI - MATTHAUS METTE IL SIGILLO SULLO SCUDETTO DEI RECORD (1989)

Sezione: Esclusive / Data: Mar 28 maggio 2019 alle 16:55
Autore: Mattia Todisco
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