Al termine dell'ennesima stagione infausta per l'Inter degli ultimi anni, occorreva tracciare una riga e fare un bilancio, prendendo in considerazione quegli elementi della rosa che abbiano collezionato almeno una presenza. Di seguito dunque, ruolo per ruolo, i voti ai nerazzurri per la stagione 2016/17?

HANDANOVIC 6,5 - Spesso un'ancora di salvezza, estende alla quasi totalità della stagione il rendimento monstre offerto nella prima metà dell'anno precedente. Perché soltanto 6,5? Avanti, chi di voi darebbe un 7 a un interista dopo una simile annata?

CARRIZO SV - Saluti a un secondo affidabile, fatta salva l'infausta serata col Wolfsburg che ne accompagnerà il ricordo. La vita è ingenerosa, l'Inter di questi anni ancor di più.

ANDREOLLI 6 - Emerge dall'oblio nel finale, quando in difesa gli uomini sono contati. Non sfigura mai, mostrandosi attento e bravo in qualche fondamentale, come l'anticipo e il gioco di testa. Con la Lazio, alla penultima, si toglie pure lo sfizio del gol. Sicuri non potesse servire prima?

ANSALDI 5,5 - Piedi argentini, piedi da centrocampista, carisma internazionale: l'arrivo di Ansaldi sembrava adatto a garantire qualità ed esperienza a una batteria di terzini fatta da puledri tutta corsa e amnesie difensive. L'ex Genoa, costato il sacrificio di Laxalt con annesso conguaglio economico, si è invece rivelato timido, discontinuo e, a tratti, pericoloso per i suoi, nelle sue volate senza ritorno verso l'area avversaria. Perché Ansaldi, tra l'altro, non è il classico terzino che si sovrappone e cerca il fondo, dopo uno scambio con l'interno: l'argentino, invece, più volentieri taglia dentro il campo, con quel movimento a rientrare che è prezioso e intelligente, se sei Dani Alves. Altrimenti, tanto traffico lì in mezzo e poca lucidità; soprattutto, tanti pericoli tutto sommato gratuiti. Mezzo voto in più perché è uno che, nella rosa, ci può stare.

D'AMBROSIO 6,5 - Nella discutibile rosa di terzini che l'Inter vantava a inizio anno, il buon Danilo, gravato da un 2015/16 non all'altezza, sembrava un titolare più per necessità che per scelta. Dopo il difficile impatto col calcio dei tulipani di inizio stagione, peraltro, il laterale azzurro finisce ai margini del progetto di De Boer, collezionando ben sei panchine consecutive in campionato. Eppure, la decisa virata sull'italianità che caratterizza l'Inter di Pioli troverà proprio in D'Ambrosio uno dei protagonisti più inattesi. Il campano è sempre presente e, in qualche modo, diventa autorevole all'interno della traballante retroguardia nerazzurra. In un determinato periodo, addirittura, Pioli lo utilizza da esterno di sinistra nel suo 3-4-3, laddove D'Ambrosio non si limita a un apporto prudente e diligente, ma riesce a spingere con costanza e qualità; anche quando è chiamato a fare il terzo di difesa, Danilo riesce a non sfigurare, garantendo un contributo tutto suo che il suo prossimo (?) allenatore Spalletti seppe ben descrivere nel post Inter-Roma, quando vide il lui il difensore che "ci mette qualcosa in più, nell'iniziare l'azione in modo cattivo e qualitativo". Terzino, esterno, centrale: D'Ambrosio non è Maicon, ma un intoccabile di questa rosa. Che il napoletano sia in campo o che dia il suo apporto dalla panchina, non è certo da lui che deve partire la dismissione nerazzurra.

MEDEL 5,5 - Impiegato da mediano durante l'era De Boer, mostra la solita grinta, unita ai consueti problemi di impostazione e gestione del pallone. Pioli lo sposta in difesa, assecondando una curiosità che aleggia nell'ambiente da un po': non sfigura in principio, ma il calo della squadra palesa tutti i suoi limiti. Non è facile ragionare da difensore in Italia, e così Medel indietreggia nel rendimento e sul campo, come è avvenuto di fronte alla non irresistibile progressione di Babacar.

MIANGUE 6 - Discreta trovata di De Boer, il belga si disimpegna con personalità nelle tre occasioni in cui è chiamato in causa; in prestito al Cagliari nella seconda parte di stagione, non riesce mai a trovare continuità. Sufficienza di stima, per un '97 parso a tratti anche più sicuro di qualche compagno di ruolo.

MIRANDA 5 - Una delle più grandi delusioni. Dopo che la doppia emme con Murillo era parsa a lungo un plusvalore per l'Inter di Mancini prima in classifica a fine 2015, al precipitare dei nerazzurri era corrisposto un calo dei due centrali, col colombiano che in particolare mostrava gravi difficoltà di concentrazione. All'alba della nuova stagione, diciamoci la verità, puntare su Miranda sembrava ovvio, nella speranza che il brasiliano tornasse definitivamente ai suoi standard, diventando un leader e finendo per trainare anche il compagno. Ecco, tutto ciò semplicemente non è successo. Miranda, anzi, ha collezionato numerose prestazioni choc, condite da disattenzioni decisive e macroscopiche, tanto più evidenti se si considera che hanno spesso condizionato gare importanti: in un certo senso, l'ex Atletico è stato l'uomo derby nerazzurro, avendo gentilmente concesso a Suso il gol del momentaneo 1-2 nella gara di andata, prima di condizionare pesantemente anche il ritorno con la disattenzione da novellino sul gol di Zapata. Sparito per problemi fisici nell'inutile finale di stagione, Miranda resta un giocatore di caratura internazionale: vale molto, però il credito accumulato dal giocatore nella scorsa stagione e negli anni d'oro dell'Atletico Madrid. Senza questo credito, oggi si parlerebbe senz'altro di un flop.

MURILLO 4 - Da molti anni a questa parte, l'Inter ha almeno un centrale alla Murillo: coraggio da stopper d'altri tempi e doti fisiche impressionanti, certo; il tutto, però, si accompagna a una bassissima soglia dell'attenzione. Si tratta di difensori difficilmente gestibili, bisognosi di una guida e prontissimi a sbracare nel momento in cui tutto l'ambiente è affetto da scarsa lucidità. Da Juan Jesus a questo Murillo, il passo è assai breve. Il colombiano sembra non essersi mai ripreso dallo spaventoso calo in cui è incappato a metà della scorsa stagione, tanto da lasciar pensare che il vero Murillo sia questo, e non il rampante centralino appena sbarcato a Milano dal Granada. L'errore col Sassuolo, ultima perla di una lunga collana di misfatti, fa supporre che il ragazzo, per ritrovarsi, debba cambiare aria.

NAGATOMO 4,5 - Di lui si diceva: grande corsa e abnegazione, che possono mascherarne i limiti tecnici. Infortuni clamorosi come quello occorso col Napoli, però, ricordano assai da vicino nomi impronunciabili da queste parti. Esce da questa stagione con un piede fuori da Appiano, e tanto basta.

SANTON 5 - Piace molto a De Boer, ma il 2009 è un lontano ricordo. Con Pioli, torna ad essere l'oggetto misterioso degli ultimi anni,

RANOCCHIA 5 - Impiegato a inizio stagione da De Boer, alterna qualche prova incoraggiante alle solite amnesie. San Siro ha fatto molto male alla carriera di questo ragazzo.

SAINSBURY SV - Il premio simpatia va senz'altro a Mr. Kangaroo.

BANEGA  5,5 - Cos'è Banega? Un poeta del calcio, il regista che tanto mancava, l'ennesimo talento discontinuo che si è affacciato da queste parti? Sembrava il colpo degli ultimi dieci anni, arrivato a zero dal Siviglia dopo aver insegnato geometria nelle notti di Europa League. Il lascito del Tanguito consta di un paio di perle con le romane, unite alla prova maiuscola nell'estemporanea goleada all'Atalanta. Di certo su di lui ha gravato il dualismo con Joao Mario, figlio di un mercato a più teste. L'impressione, però, è che Banega viaggi a un ritmo diverso da quello del calcio italiano: forse occorreva costruirgli l'Inter intorno, ma difficilmente avremo una controprova nell'anno che verrà.

BROZOVIC 4 - In una classe che tende all'insufficienza generale, Epic Brozo è il primo dei bocciati. Litiga con De Boer e finisce ai margini. Motivo? Scarsa professionalità. L'arrivo di Pioli sembra rivitalizzarlo e per Brozovic inizia la luna di miele, col croato grande protagonista della risalita nerazzurra con vista sul terzo posto. La doppietta che annienta il Genoa a inizio dicembre suona come una consacrazione, ma a febbraio la frattura di un dito del piede lo stoppa. Brozovic rientra negli ultimi minuti col Torino, e dalla giornata successiva non ne fa più una giusta: l'imbarazzante fallo di mano che regala alla Samp il rigore decisivo siglato da Quagliarella è l'inizio della fine. D'ora in poi, Brozo partirà spesso dalla panchina e, se chiamato in causa, entrerà in ciabatte, corredando il tutto con una serie di post spensierati che suonano sfottenti nel momento drammatico dell'Inter. Potenzialmente un asso, sicuramente un elemento troppo problematico perché lo si aspetti.

GAGLIARDINI 6,5 - Una delle rarissime belle notizie della stagione nerazzurra è questo ragazzone di Dalmine che arriva nello scetticismo generale e si impone fin dai primi minuti del debutto col Chievo, guardando tutti dall'alto della sua umiltà. Giocate semplici alternate a palle filtranti di prima, presenza fisica e carisma gentile. Resta comprensibilmente tramortito dall'impatto con Nainggolan nella sfida casalinga con la Roma e cala con i suoi compagni, ma fa in tempo a dimostrare qua e là che su di lui si può ricostruire, eccome. Velo pietoso sulle polemiche contro un ragazzo che va a vedere una partita di cartello con i compagni di una vita, o mette un mi piace per il successo sportivo di un compagno di Nazionale.

GNOUKOURI SV - Qualche spezzone, prima della diagnosi sul problema cardiaco quando stava per accasarsi a Udine. Auguri di pronta guarigione a un ragazzo che appariva interessante.

KONDOGBIA 5 - Peccato. I mezzi ci sono, i tempi per nulla. Geoffrey Kondogbia non ha, come troppo spesso si dice, i piedi quadrati, anzi; il suo sinistro è di prim'ordine, sul destro -quello sì- bisogna lavorare. La cronistoria è presto servita: il prezzo pagato per averlo non gli giova, De Boer riconosce in lui il polo opposto rispetto alla propria concezione calcistica e lo umilia facendolo uscire al 28' della trasferta di Bologna, con Pioli e Gagliardini si ritrova prima di perdersi ancora, tra i primi nella debacle generale. Irrecuperabile? Chissà, è un '93 arrivato qui come un giocatore di livello europeo, ma il lume della speranza è ormai fioco: dà ancora l'impressione di esitare troppo nel disfarsi del pallone: passala Geoffrey, se avrai altre opportunità.

JOAO MARIO 5,5 - L'equivoco della stagione nerazzurra, più di ogni altro. O, se preferite, "Come un giocatore importante può essere ridimensionato da una squadra schizofrenica". Joao Mario è giocatore vero, intelligente, tattico. La duttilità, dote che di solito passa per essere un pregio, è tuttavia la sua rovina: il portoghese, campione d'Europa come esterno, diventa mediano con De Boer, trequartista con Pioli, panchinaro e poi nuovamente in campo, sempre più spaesato. Applicazione sicuramente non esemplare da parte sua, ma gestione pessima del suo profilo, da addebitare sempre a quel mercato a più teste che partorisce simili assurdità. Assolto in attesa della stagione della verità, se non fosse per la bravata dell'Olimpico, quando abbandona la panchina in compagnia di Gabigol.

FELIPE MELO 5,5 - Pochissime presenze, 10 tra campionato ed Europa League, prima del Palmeiras. Risulta anche meno impulsivo e più ordinato della scorsa stagione, ma nulla merita di restare negli annali. Nota di merito il suo attaccamento alla maglia, dote a quanto pare piuttosto rara da queste parti.

GABRIEL BARBOSA SV - Il ragazzo non può che meritare un sv. Come descrivere, però, tutta l'operazione per come è stata realizzata, per il modo in cui è stata gestita,  per l'inadeguatezza di una simile vicenda a una grande società. Si può aspettare, certo, dal momento che il ragazzo non è parso affatto un impresentabile, nei suoi pochi scampoli di gara. Gabriel, però, difetta non poco di sapienza tattica e spirito di sacrificio, e siamo sicuri che un giro in prestito nel vecchio continente possa giovare alla sua crescita. Buona fortuna.

BIABIANYSV - L'ingresso a sorpresa nel derby di ritorno, con annessa palla gol clamorosamente sbagliata, non basta a valergli un giudizio.

CANDREVA 6 - Tanti, tantissimi cross, soltanto parzialmente sfruttati come dimostrano gli 11 assist che il romano conta dopo la sua prima stagione nerazzurra. Eppure, resta l'impressione che l'ex Lazio potesse fare qualcosa in più: male con De Boer, Candreva ritrova Pioli e i vecchi schemi, eppure fatica a mostrarsi devastante come ai tempi dell'Olimpico. La caratura del giocatore, tuttavia, non è in discussione, i numeri neppure: tutto ciò, unito alle reti nei due derby, possono bastare a garantirgli la sufficienza.

EDER 6 - Gregario perfetto, diventa prima firma con l'infortunio di Icardi a fine stagione. A tratti, Eder sembra indicare un nuovo sentiero ai nerazzurri: il modo in cui attacca l'aria, partendo come un razzo da lontano dopo essersi schiacciato sulla linea dei centrocampisti, sarebbe gradito a qualsiasi allenatore. In una squadra, di qualsiasi livello essa sia, un Eder è un elemento prezioso e, a suo modo, irrinunciabile. Nessuna protesta, nessun muso lungo, nessuna pretesa da divo. Soltanto intelligenza, corsa e parole da persona avveduta. Non è, né forse sarà mai più, quello della Sampdoria, ma in questo caso il rispetto per la figura professionale va al di là della piena sufficienza con cui sintetizziamo la sua stagione.

ICARDI 6,5 - Eccole, le dolenti note. Il nerazzurro più discusso, il capitano prematuro, protagonista silenzioso dell'estate caotica che sua moglie ha contribuito a surriscaldare; ispiratore della singolare autobiografia di un ventitreenne, nella quale minaccia di scatenare un'orda di argentini arrabbiati contro i tifosi della Curva, rei di averlo contestato, simile a Don Chisciotte che ammicca al fido Sancho, mentre si appresta a scagliarsi sui mulini a vento. Vero, tutto ciò è molto triste. In campo, Maurito è però implacabile, cannoniere vecchio stampo che, soltanto dieci anni fa, sarebbe stato apprezzato ben di più, alla stregua di un Trezeguet. Assodata la questione "estetica", relativa a libro e rinnovo, anche i 24 gol segnati nella Serie A appena conclusa si rivelano però meno pesanti del previsto sull'economia della stagione nerazzurra: Icardi sigla ben 6 doppiette e 2 triplette, per un totale di 18 reti in 8 partite. Eccolo il primo margine di crescita di Maurito: le reti vanno distribuite, la vena realizzativa va sincronizzata coi bisogni e i con momenti della squadra. Cos'altro dirgli. Questione altruismo e gioco di squadra: si può sempre migliorare, ma i 9 assist testimoniano un processo già in atto. Questione fascia? Eccessivamente frettolosa la decisione all'epoca, eccessivamente punitiva l'idea di chi vorrebbe strappargliela dal braccio adesso: ha 24 anni, non tira tardi la notte, tiene alla maglia, segna. Quando alzerà anche un trofeo, nessuno se ne lamenterà più.

JOVETIC SV - Gioca cinque spezzoni, prima della felice parentesi andalusa. Talento sicuro, giocatore misterioso.

PALACIO 6 - Avrebbe meritato l'Inter del Triplete; anzi, visti i suoi modi da uomo d'altri tempi, avrebbe meritato la Grande Inter del Mago. Stagione residuale, ma ci resta l'onore di aver ospitato un ragazzo forte, umile, disponibile e chirurgico nei movimenti offensivi, così tanto da poter tenere un corso alla Pinetina. Fossi un attaccante nerazzurro, mi iscriverei immediatamente.

PERISIC 6,5 - Dovesse davvero partire, mancherà senz'altro. Progressione incredibile, fisico da corazziere, schiena dritta e via di corsa, a far impazzire il terzino avversario. Nella stagione appena conclusa, Ivan il Terribile va in doppia cifra con 12 assist e ben 11 reti, molte delle quali decisive, e per questo basterebbe chiedere a Juve e Milan. Eppure, non so voi, resta l'impressione che questo ragazzo, mediamente, in un'annata si esprima al 60-70%. Gli anni passano, e Perisic ha sempre meno tempo per diventare il campione che può essere; purtroppo, se il croato ce la farà, esiste il rischio che non sia San Siro a goderselo.

PINAMONTI SV - Prima tifoso, poi campioncino. Lo aspettiamo con gioia.

ALLENATORI:

DE BOER 5 - Prendi un uomo, bendalo. Fallo girare un paio di volte su se stesso, dunque imbarcalo sul primo aereo per chissà dove. Questo, press'a poco, è il trattamento che è stato riservato a Frank de Boer la scorsa estate, quando l'olandese fu catapultato da un giorno all'altro in una realtà a lui aliena, con un lavoro enorme da portare avanti, in un paese alloglotto e poco avvezzo persino all'inglese e, perdipiù, alle dipendenze di una società ancora in tempesta. L'olandese ci mette del suo, con un integralismo tattico e relazionale che complica indubbiamente la sua posizione; certo è che, dal giorno del suo arrivo, era già scattato il conto alla rovescia.

VECCHI 6,5 - Lucido, pulito, sereno nella tempesta. A Stefano Vecchi affideremmo volentieri le chiavi di casa dopo una festa andata un po' oltre il dovuto, sicuri di ritrovarla perfettamente in ordine al ritorno dal lavoro. C'è molto della sua serenità nell'approccio tutto sommato agevole che Pioli ha potuto avere col mondo Inter: quella parentesi, seppur breve, fu la prima oasi di serenità in una stagione maledetta già a novembre. Il finale di stagione lo premia definitivamente, prima di riconsegnarlo alla Primavera nerazzurra dove, con ogni probabilità, opererà anche negli anni a venire. L'Inter, con Stefano Vecchi in casa, ha una piccola fortuna.

PIOLI 6 - Normalizzatore, potenziatore, equilibratore. L'uomo più diversamente definito d'Italia ha fatto in tempo a vivere in pochi mesi tutto il vortice di emozioni con cui solo questa piazza può affliggere un tecnico, prima di esserne risputato un po' a sorpresa e ad un orario insolito. Stefano Pioli si è posto come un galantuomo ordinato, capace e avveduto: la sua Inter ha trovato la quadra abbastanza presto, e le si è aggrappata come ogni creatura insicura e timorosa farebbe con ciò che la protegge. Il 4-2-3-1 dell'ex Lazio sembrava la soluzione, e forse è stato tale finché la classifica non ha distolto completamente i nerazzurri dalla loro professione: a Champions lontana, tutto si è sgretolato, e le colpe di Pioli a questo proposito sono minime. Forse, a Pioli è mancato il guizzo, quel tentativo un po' rivoluzionario di sganciarsi dallo schema che lo aveva premiato, ma che ormai lo stava affossando: il tecnico emiliano non ha tentato di inserire uomini nuovi, né ha sperimentato soluzioni drastiche che potessero scuotere l'ambiente. Sarebbe stata una mossa da supereroe, probabilmente, ma all'Inter, molto spesso, serve anche questo.

Sezione: Pagelle / Data: Ven 02 giugno 2017 alle 15:05
Autore: Antonello Mastronardi / Twitter: @f_antomas
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