Lunga intervista del Corriere dello Sport al presidente della Lazio, Claudio Lotito. E non mancano riferimenti al calcomercato.
Milinkovic-Savic oggi è il più quotato e tutti si chiedono se resterà alla Lazio. Ci può rispondere?
"Noi abbiamo creato una casa di vetro e capito che non si possono obbligare le persone a svolgere il proprio ruolo in un ambiente in cui si sentono strette. Non è il caso di Sergej. Ha dimostrato grande affetto, responsabilità, serietà. Dipenderà dagli eventi, non dalla società. Milinkovic si trova bene alla Lazio e noi siamo ben contenti di averlo. E’ un periodo strano. L’anno scorso sono riuscito a respingere tutti gli assalti, quest’anno si potrebbe proporre un problema di rispetto se il giocatore dovesse prospettare una soluzione diversa. Diciamo così: potrei avere meno armi per respingere gli attacchi, alcune le ho spese l’anno scorso. Allo stato è una situazione stabile, in evoluzione. Non c’è nessuna spinta della società, bisogna contemplare le esigenze, valuteremo con la massima comprensione la volontà del calciatore per un fatto obiettivo di correttezza di rapporti. Noi ci troviamo in una fascia medio-alta del sistema sportivo europeo. Poi esiste una fascia molto alta con 6-7 top club. La Lazio ha avuto la capacità di portare tanti giocatori importanti come Klose. Abbiamo un valore aggiuntivo in termini organizzativi e di clima familiare. Formello è uno dei centri sportivi migliori in Europa. L’asticella, se competi per la finale di Champions, si alza. Noi speriamo di arrivare nell’olimpo del calcio europeo, ma bisogna adeguarsi a livello strutturale e individuare quei giocatori che, a prescindere dal nome, possano tradurre le speranze in risultati".
Obiettivo Champions?
"La Lazio non deve vendere sogni, ma solide realtà. Lavoriamo per far sì che approdi nell’olimpo del calcio internazionale. Potevamo raggiungere la Champions l’anno scorso e due anni fa, ma abbiamo vinto dei trofei, la strada è giusta. Non ci dobbiamo porre limiti e neppure aspettative. Lavoriamo per migliorarci e per crescere, poi nel calcio esistono fattori imponderabili. Vedremo".
Alla fine del mercato, con o senza Milinkovic-Savic, presenterete una squadra più forte?
"La Lazio non sarà mai indebolita, ma sempre rafforzata, su questo non ci sono dubbi, possiamo dirlo con certezza: è il nostro intendimento. Nella vita tutti sono utili e nessuno indispensabile, ma non legate questa risposta a Sergej. Sapete il mio pensiero. Giocatori e allenatori passano, conta il presidente. E’ il presidente a dare stabilità a un club. Preserva, conserva e tramanda il futuro. Porto avanti una programmazione da padre di una grande famiglia, serve per raggiungere il massimo senza creare le condizioni della cicala, altrimenti all’ultimo canto si sparisce. Ho dato alla Lazio stabilità e certezza del futuro, in passato non c’è mai stata. Dobbiamo lavorare, con l’aiuto dei tifosi, per raggiungere un obiettivo. Si vince tutti insieme".
La sorpresa è stata scoprire un premio scudetto nel rinnovo di Inzaghi.
"Sinora c’è stata una crescita aritmetica. Sono state conseguite posizioni in Europa League, abbiamo vinto dei trofei con l’orgoglio di superare in Supercoppa l’Inter del Triplete di Mourinho e la Juve di Allegri. Avrà pure un significato nonostante la sperequazione dei fatturati, 130 milioni contro i 460 dei bianconeri. Il divario sportivo non è così marcato come dicono i conti. Quello che è successo in Inghilterra con il Leicester può accadere in Italia. Servono lavoro, organizzazione, idee, spirito di sacrificio e certi risultati si possono raggiungere, magari con molta più fatica e un sapore diverso".
Quindici anni compiuti. Quanti altri da presidente?
"L’ho detto. Spero di lasciare la società a mio figlio, penso di essere coerente. Enrico è un tifoso particolare, altamente attaccato a questi colori, vive quotidianamente la passione della Lazio, sa tutto, anche più di me, segue minuto per minuto l’attività. Vorrei dare continuità a un progetto. Perché interrompere la stabilità di un percorso? Non sto coltivando interessi personali, ci sono proprietari che hanno mollato. Parlo di Milan, Inter, Fiorentina. Mi sento un artigiano, il proprietario della bottega che con il suo scalpellino ha dato stabilità di risultati e proiezione futura, assicurando una crescita continua, anno dopo anno. Ci sono due cose importanti. La Lazio ha realizzato un processo di risanamento mai riuscito e dopo la Juve abbiamo vinto più di tutti in Italia. I grandi industriali non esistono più nel calcio. Sono un artigiano e come tale sto ancora qui. Ho parlato di percorso. Mollare significherebbe privare il popolo laziale di una possibilità che esiste ed è dimostrata concretamente, ovvero di poter essere un riferimento nel calcio nazionale e spero internazionale. Non vedo perché bisognerebbe ricominciare da capo. L’interesse personale ed economico non ce l’ho. Preferirei mio figlio come prosecutore del percorso e che rimanderebbe nella storia la presidenza più longeva attraverso la famiglia".
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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