Una rondine non fa Primavera; il Genoa poca cosa; tutto troppo facile; da verificare dinanzi ad esami più probanti; i due gol in avvio hanno indirizzato immediatamente il match. Eccetera eccetera. Tutto vero, per carità. Almeno in parte. Però... c'è un grande però: l'Inter ha confermato di essere squadra vera. Al di là del risultato largo, dell'avversario, della gara in discesa, la squadra nerazzurra ha dimostrato soprattutto unione d'intenti, idee chiare e identità, il tutto miscelato con estrema qualità. Se dovessimo scegliere un reparto in particolare, sceglieremmo senz'altro il centrocampo: Barella, Brozovic e Calhanoglu sono elementi totali, che con accezioni diverse sanno condensare qualità e quantità. Niccolò sa rincorrere ma anche offrire cioccolatini come in occasione del gol di Vidal; Marcelo è un play di lotta e di governo; Hakan ha la stoccata facile ma pure la capacità di rintuzzare all'occorrenza. E le alternative stavolta appaiono validissime: Vecino si è rivisto in salute dopo un anno di oblio; Vidal ha rialzato immediatamente la cresta; Sensi resta un pezzo pregiato senza gli intoppi fisici.
In tanti, dopo gli addii di Conte, Hakimi e Lukaku, hanno preconizzato una stagione fallimentare per l'Inter. L'idea che va per la maggiore è quella di una sorta di rigurgito post-scudetto, un po' come avvenne dopo il Triplete. In quel caso pesò enormemente l'addio di Mourinho più che un mercato al ribasso. Un addio dolorosissimo acuito dalla scelta sbagliata di affidare la panchina a Benitez, che si rivelò essere semplicemente l'uomo sbagliato nel momento sbagliato. A quell'Inter, per continuare a vincere, sarebbe bastata una guida magari meno tattica ma più mentale, e non a caso con Leonardo si stava per concretizzare la rimonta sul Milan. Un errore che Zhang e Marotta non sembrano aver ripetuto scegliendo Inzaghi. L'ex Lazio è un tecnico intelligente, competente, che sa motivare i giocatori ed estrarre da loro il meglio, coinvolgendoli al cento per cento. E non è bislacca l'idea di ritenere un cambio in panchina non così errato dopo il grande sforzo dei due anni precedenti. Conte ha portato questo gruppo ai limiti estremi, e forse un terzo anno a quei ritmi – fisici e mentali – sarebbe stato eccessivo. Per cui, Inzaghi in panchina non significa solo mettere una toppa, ma potrebbe rappresentare anche un rilancio a 360 gradi. La chiave vincente non solo per non disperdere il livello raggiunto, ma, chissà, anche per perseguire uno status superiore.
Tutto ciò nonostante un mercato complicato. Ma spesso i vincenti sono proprio quelli che sanno scorgere soluzioni laddove altri vedono soltanto problemi. E in molti casi la tempestività fa tutta la differenza del mondo. No, non sarà un Benitez bis, sebbene la pigrizia spesso giochi brutti scherzi e induca a parallelismi fin troppo banali.
"E il mio maestro mi insegnò com'è difficile trovare l'alba dentro l'imbrunire." (Franco Battiato, Prospettiva Nevski, 1980)
In tanti, dopo gli addii di Conte, Hakimi e Lukaku, hanno preconizzato una stagione fallimentare per l'Inter. L'idea che va per la maggiore è quella di una sorta di rigurgito post-scudetto, un po' come avvenne dopo il Triplete. In quel caso pesò enormemente l'addio di Mourinho più che un mercato al ribasso. Un addio dolorosissimo acuito dalla scelta sbagliata di affidare la panchina a Benitez, che si rivelò essere semplicemente l'uomo sbagliato nel momento sbagliato. A quell'Inter, per continuare a vincere, sarebbe bastata una guida magari meno tattica ma più mentale, e non a caso con Leonardo si stava per concretizzare la rimonta sul Milan. Un errore che Zhang e Marotta non sembrano aver ripetuto scegliendo Inzaghi. L'ex Lazio è un tecnico intelligente, competente, che sa motivare i giocatori ed estrarre da loro il meglio, coinvolgendoli al cento per cento. E non è bislacca l'idea di ritenere un cambio in panchina non così errato dopo il grande sforzo dei due anni precedenti. Conte ha portato questo gruppo ai limiti estremi, e forse un terzo anno a quei ritmi – fisici e mentali – sarebbe stato eccessivo. Per cui, Inzaghi in panchina non significa solo mettere una toppa, ma potrebbe rappresentare anche un rilancio a 360 gradi. La chiave vincente non solo per non disperdere il livello raggiunto, ma, chissà, anche per perseguire uno status superiore.
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"E il mio maestro mi insegnò com'è difficile trovare l'alba dentro l'imbrunire." (Franco Battiato, Prospettiva Nevski, 1980)
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