Neve bianca cade. E cadono con essa anche tante certezze (presunte) che ha il calcio italiano. Norimberga-Borussia Dortmund si gioca a meno 13 gradi, da noi non si gioca con il sole. E non significa essere esterofili, ma solo prendere atto della situazione oggettiva. Perché, per dirne una, quest'anno anche in Premier League sono state rinviate gare per il maltempo, ma a nessuno è venuto in mente di tirare in ballo l'accortezza e la preparazione delle istituzioni. Da noi sì, e un motivo ci sarà.

Il motivo è che il calcio, in Italia, resta lo specchio fedele di una Nazione che ho appena sbagliato a scrivere. Avrei dovuto mettere la 'n' minuscola. Il football nostrano non fa altro che riflettere fedelmente lo stato di degrado in cui versa il sistema-Italia in tutta la sua interezza. Pressapochismo, menefreghismo, assenza di progettualità, scarsa lungimiranza, zero investimenti per il futuro dei giovani, quantità scambiata per qualità. Eccone i risultati. E non si impara mai dagli errori.

Non si gioca per la neve? La colpa è delle pay-tv, dei calciatori, degli stadi, del maltempo imprevisto. Insomma, la colpa è di tutti tranne di chi ha davvero la responsabilità di far girare tutto nella direzione giusta. Già, responsabilità, questa sconosciuta. In Italia ci sono milioni di 'addetti', ma nessun 'responsabile'. Basta assistere ai continui scarica barile a cui veniamo costretti in qualunque circostanza, dal calcio alla politica, fino ai celeberrimi casi di cronaca. Mai uno che dica: “Sì, è colpa mia, rimedierò”. Mai.

Se gli stadi italiani sono obsoleti, lo sono non solo per la vecchiaia delle infrastrutture insite, ma anche per il degrado circostante, per le vie d'accesso inadatte e per la disorganizzazione dilagante attorno a qualunque tipo di grande evento. Io, giornalista sportivo, sono spesso costretto (per fortuna non al Meazza) a dover svuotare la mia bottiglietta d'acqua prima di entrare allo stadio, a dover sbucciare mandarini, a dover lasciare incustodita la cintura dei pantaloni. Poi entro, mi siedo in tribuna stampa e vengo scosso da boati incredibili provenienti da petardi lanciati dai tifosi. Vale tutto.

Il problema non è lo stadio in quanto tale, non lo sono i calendari, non lo è la neve o la pioggia, non lo è la violenza, non lo sono i tornelli, e nemmeno la tessera del tifoso. Il problema è l'Italia e gli italiani. Il problema è chi li governa, a tutti i livelli. Quando impareremo la civiltà e l'educazione civica, quando saremo davvero un Paese (e stavolta la 'p' è volutamente maiuscola) e non un'accozzaglia di persone che parlano più o meno la stessa lingua, solo allora potremo godere di uno spettacolo, sportivo e non. Fino a quel giorno, accontentiamoci di essere il paese delle toppe e delle pezze, bloccato dalla neve di gennaio (perché di solito mica uno lo può prevedere che a febbraio nevichi...). Let it snow!

Sezione: Editoriale / Data: Dom 05 febbraio 2012 alle 00:01
Autore: Alessandro Cavasinni
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