Probabilmente, quello del direttore sportivo di una squadra di calcio è uno dei mestieri più complicati di tutti quelli che compongono l’universo calcistico. Perché non bastano le difficoltà intrinseche del proprio lavoro, che è tradotto in soldoni quello di riuscire a costruire un organico che possa essere il più competitivo possibile, tenendo sempre presente quelle che sono le esigenze degli allenatori ma anche e soprattutto quelle delle società di appartenenza; senza contare trattative che possono saltare da un momento all’altro, inserimenti di altri club magari più munifici e più pronti a spendere, settlement agreement e altre amenità assortite.

E ovviamente è anche uno dei lavori resi più usuranti dai risultati: la squadra vince e ti portano sul palmo di una mano, non si ottengono risultati e finisci nell’occhio del ciclone. O magari lavori per un allenatore con determinate caratteristiche e tu gli abbellisci una squadra su misura, questi viene esonerato e ne arriva un altro che ha idee agli antipodi e tutto il benfatto se ne va. Insomma, un lavoro complicato, ingrato ma qualcuno deve pur farlo, con buona pace di chi pensa di vivere eternamente in un videogioco e ad ogni sessione di mercato è sempre pronto a proporre liste, listini, cessioni auspicate e acquisti desiderabili. Ecco, magari la realtà è un filo diversa…

Piero Ausilio nemmeno sognava di fare il dirigente, ancor più il direttore sportivo. Lo ha raccontato lui stesso: la sua ambizione era quella di fare prima il giocatore professionista, poi l’allenatore. E mal gliene incolse quando fu messo davanti ad un bivio del tipo: ‘O fai il dirigente oppure vai a casa’. Eppure, messo da parte l’orgoglio, alla fine riesce a prodursi in una carriera brillante che dalla Pro Sesto lo porterà fino alla responsabilità di direttore sportivo dell’Inter. Tra i più apprezzati dagli addetti ai lavori al punto da ricevere riconoscimenti a pioggia, ma il cui avvento è purtroppo segnato da una delle fasi più critiche della storia recente del club nerazzurro, passato in un amen dalla gloria mondiale alle difficoltà economiche che hanno portato a ben due passaggi di mano societari nel giro di tre anni e ad una vita di austerity sotto la spada di Damocle delle sanzioni del Fair Play Finanziario, che hanno pesantemente condizionato non solo le ambizioni, ma persino il lavoro ordinario di un intero club.

Intendiamoci, nessuno è perfetto. E nemmeno il signor Piero Ausilio è esente da colpe nelle difficoltà attraversate dall’Inter in questi anni tortuosi. Tante, infatti, sono le operazioni condotte in tempi recenti hanno fatto storcere il naso, per modalità o più semplicemente per la resa effettiva sul campo di giocatori pagati anche con esborsi non indifferenti. E anche in queste ultime due stagioni, sì queste ultime due stagioni che, se gli dei del pallone in qualche modo vogliono, rappresentano quelle del cambio di rotta verso nuovi orizzonti, qualche pecca nella costruzione degli organici in qualche modo si fa notare, anche se forse in maniera meno evidente rispetto al passato visto che comunque la barca riesce a mantenere la velocità di crociera.

Non si pensi, però, che si soprassieda facilmente su giocatori sui quali si nutrono grandi aspettative e che alla fine scrivono pagine tutt’altro che indimenticabile, o, peggio ancora, vengano fatte a cuor leggero cessioni di giocatori che magari all’Inter rendono per un motivo o per un altro meno del previsto e poi, una volta fuori dalla Pinetina, riescono a ritagliarsi spazi importanti fino addirittura a trasformarsi in top player internazionali, una storia questa vista fin troppe volte. Piero Ausilio ci ha messo la faccia più di una volta, e ora ha anche espresso le sue verità in uno degli speciali introduttivi alla nuova sessione invernale (che, contrariamente a quanto previsto in estate, durerà fino al 31 gennaio come nel resto d’Europa; una conclusione anticipata sarebbe stata salutare per le coronarie di molti, ma tant’è, ubi maior…) da Sky Sport, lì dove i ds dei principali club italiani hanno provato, attraverso aneddoti, racconti, episodi, a fornire in maniera dettagliata i risvolti della loro attività.

Ausilio che è finito tante volte nel mirino dei tifosi senza fare una piega, che rivela di avere una sorta di potenziale competitor in casa nella persona del figlio Niccolò, e che spiega per filo e per segno cosa ha portato l’Inter a compiere determinate scelte. Precisando che nessuno, in casa nerazzurra, avrebbe mai dato via a meno di forzature un gioiello come Philippe Coutinho, che però è probabilmente arrivato a Milano nel momento sbagliato e nonostante con la sua cessione si sia finanziato l’arrivo di Mauro Icardi, giunto quasi in punta di piedi e diventato in breve tempo l’alfiere dell’Inter di oggi. O che la partenza di Mateo Kovacic, nonostante abbia fruttato anch’essa un buon rendiconto economico, non sia umanamente stata vissuta male viste le qualità tecniche e non solo del giocatore per il quale comunque una porticina rimane aperta.

Così come i tanti giovani sacrificati per vari motivi, di obblighi da Fair Play Finanziario, durante le ultime estati, anche se in merito al caso più eclatante, quello di Nicolò Zaniolo, forse è bene aspettare ancora qualche mese prima di poter trarre giudizi definitivi, anche perché chissà se il campione d'Italia Primavera avrebbe avuto l’opportunità di mettersi così in luce con davanti un Javier Pastore, acquisto tra i più pesanti della campagna estiva della Roma, in perfetta forma. E poi, il suo sacrificio è stato fatto con un’idea ben precisa, che risponde al nome di Radja Nainggolan; che fin qui (non) ha fatto quello che ha fatto ma per il qualche c’è ancora tempo e modo di rifarsi sotto, salute permettendo. E chissà, infine, come sarebbe andata se le congiunture economiche non avessero impedito l’affondo a gente come Paulo Dybala (per tacere di Luka Modric, un sogno che tale, forse, è destinato a rimanere).

In questi lunghi anni, Piero Ausilio di guerre ne ha dovute combattere, un po’ con i critici, un po’ con le catene che ne hanno condizionato l’operato, un po’ anche con i vari stravolgimenti societari vissuti tutti sulla propria pelle. Ed è proprio per questo motivo che il primo augurio per questo 2019 appena iniziato va  a lui: affinché possa proseguire con serenità su questo cammino che sembra finalmente quello giusto, con la collaborazione di un Beppe Marotta, fonte dalla quale attingere il più possibile in materia di gestione sportiva di un club, e cercando di assecondare quelle che sono le volontà, da lui stesso ribadite, del gruppo Suning, che dopo gli sforzi fatti per turare tutte le falle della barca adesso si aspettano di navigare verso orizzonti di gloria che sembrano dimenticati.

Lo merita lui. Lo meritano loro. Lo merita tutta l’Inter.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 02 gennaio 2019 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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