Quanto successo domenica sera al cospetto del Cesena, lo lascio nel cassetto. Continuare a non vincere in campionato e per di più in casa contro la penultima in classifica, meriterebbe un'analisi lunga e spietata. Ora, non mi va. Il calcio è bello anche perché, come recitava una delle battute più significative del meraviglioso film 'Febbre a 90', “puoi sempre aspettare la prossima stagione”. Io, nello specifico, aspetto la prossima partita. Quella di domani sera al Meazza contro il Wolfsburg, ritorno degli ottavi di finale di Europa League. All'andata vinsero i tedeschi per 3-1. Quindi, serve la rimonta. Ricapitoliamo: con il 2-0 a favore si passa, con il 3-1 si va ai supplementari, se il Wolfsburg dovesse segnare più di un gol, l'Inter dovrebbe vincere con tre reti scarto per non essere eliminata.

L'arte di recuperare rovesci anche pesanti appartiene al Dna del Biscione. La rimonta delle rimonte è sicuramente datata 12 maggio 1965. A San Siro si giocava la semifinale di ritorno di Coppa dei Campioni tra Inter e Liverpool. Nella bolgia di Anfield i Reds si imposero per 3-1 ed il gol in trasferta non valeva doppio come adesso in caso di parità di differenza reti. Nella notte di San Siro, però, lo squadrone di Helenio Herrera non rispettò il regolamento, l'Inter giocò metaforicamente in 12. Il pubblico, con un rumore assordante, trascinò letteralmente i propri beniamini all'indelebile 3-0 (ripetiamo che il 2-0 allora non sarebbe bastato) firmato dalla punizione a foglia morta di Mario Corso, dal gol di rapina di Joaquin Peirò e dal destro imparabile di Giacinto Facchetti. L'Inter conquistò poi quella Coppa sotto il diluvio milanese nella finale contro il Benfica.

Un'altra rimonta che ancora scalda i cuori risale al 7 novembre 1990. L'Inter del Trap, quella dei tedeschi di ferro, quella di Zenga, Bergomi, Ferri, Berti, etc etc, schiantò a San Siro, divenuto Meazza dieci anni prima, l'Aston Villa nel ritorno dei sedicesimi di Coppa Uefa. Un 3-0 senza senza se e senza ma, maturato su un terreno pessimo nei 90 minuti, a riparare così la sconfitta per 2-0 subita nella sfida di andata disputata a Birmingham. Klinsmann, Berti e Bianchi gli autori di un tris da urlo, gli 80 mila allo stadio ancora una volta contribuirono pesantemente a buttare il pallone in rete. Anche in quel caso i nerazzurri si impadronirono del trofeo nella doppia finale disputata contro la Roma.

Non possiamo dimenticare poi un Inter-Strasburgo, 9 dicembre 1997, ritorno degli ottavi di finale, sempre di Coppa Uefa. Era l'Inter di Ronaldo, con la maglia a strisce orizzontali grigio-nere. In Francia 2-0 per loro, ma al ritorno scattò ancora una volta la legge di San Siro. Il Fenomeno si permise anche di fallire un rigore prima di segnare insieme a Zanetti e Simeone: 3-0 e aurevoir Strasburgo. L'Inter vinse anche quella Coppa Uefa nella finale di Parigi contro la Lazio.

Tre rimonte, tre successi finali, come quello meno prestigioso, ma pur sempre significativo nella Coppa Italia 1981/82, con i nerazzurri capaci di eliminare la Roma che si era imposta 4-1 all'Olimpico. Il ritorno si giocò il 23 dicembre 1981, clima gelido in un San Siro pieno di neve; presenti, forse, duemila spettatori. Finì 3-0 per l'Inter con rete di Beccalossi e doppietta di Altobelli. La Beneamata conquistò quella Coppa Italia in finale con il Torino, nell'anno dei trionfali mondiali spagnoli.

Visto che ci stiamo prendendo gusto e la cosa carica in vista di domani sera, ricordiamo anche lo splendido 5-1 sul neutro di Bari contro il Groningen il 2 novembre del 1983 nel ritorno dei sedicesimi di Coppa Uefa, risultato che ribaltò il 2-0 per gli olandesi nella prima sfida. Ma l'Inter riuscì a rimontare pure in trasferta. Era il 15 marzo 2011 quando, nel ritorno degli ottavi di Champions League conquistata l'anno prima, l'Inter di Leonardo andò a vincere 3-2 all'Allianz Arena contro il Bayern Monaco, una vera impresa condita dal gol decisivo di Pandev a tre minuti dal termine dopo lo 0-1 del Meazza firmato da Mario Gomez. Ci pensò poi lo Schalke 04 ai quarti a interrompere bruscamente il sogno del bis vincente in Champions.

Queste bellissime pagine di storia purtroppo non basteranno da sole a garantire l'ennesima notte di gloria domani contro il Wolfsburg. Corrono altri tempi e ora vestono la maglia nerazzurra altri giocatori che non posseggono lo spessore tecnico e la personalità dei campioni di un passato anche recente. Ma spesso certe partite le vincono blasone e palmares, ingredienti di cui abbonda l'Inter e che invece mancano alla squadra tedesca nata nel 1945 come dopolavoro degli operai della Volkswagen. Massimo Moratti, che alcune imprese nerazzurre le ha vissute prima come figlio del grande Angelo e poi come splendido successore di famiglia dopo le parentesi targate Fraizzoli e Pellegrini, esce dal silenzio degli ultimi mesi e tuona: “Nessuna paura del Wolsfburg, ci penseranno Icardi e Palacio e io sarò allo stadio”.

Roberto Mancini, lui sì alla ricerca della prima rimonta europea, non avrà Shaqiri, ma 11 maglie nerazzure scenderanno comunque in campo, pronte alla battaglia. Si attende la grande riposta dagli spalti e poi sarà quel che sarà. Ma intanto alla Pinetina si studi e si ripassi la storia, perché la storia non tradisce mai.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 18 marzo 2015 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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