"Perché il Napoli non è ancora in grado di comandare? Per tanti motivi. È un percorso appena iniziato, a livello di struttura non siamo pronti. Oggi per me Juventus, Milan e Inter, per struttura, seconde squadre monte ingaggi e valore patrimoniale, sono diverse dalle altre. Ogni volta che vince una squadra diversa da queste tre, ha fatto qualcosa di straordinario. Questa differenza si cerca di colmarla sul campo, ma si tratta di squadre diverse". Queste le parole di Antonio Conte dopo Cremonese-Napoli. Il solito, stucchevole, tentativo di scaricare la pressione, continuando a utilizzare una strategia comunicativa ormai ammuffita.

La risposta di Cristian Chivu, stuzzicato a tal proposito, è arrivata prima a DAZN e poi in conferenza stampa: "Io in tv ho detto che non mi interessa ciò che dice Conte, sono coerente. Io non farò casino, voglio trasmettere valori senza mescolarli con cose che lasciano certi odori. E' solo calcio, uno sport. La gente deve godersi questo spettacolo, sono loro che portano avanti il calcio che noi desideriamo. Chi fa casino può farlo, noi vogliamo lavorare sodo per essere competitivi, vogliamo essere all'altezza delle aspettative". 

Una lezione, non voluta ma trovata. Una sorta di rivelazione tra il vecchio e il nuovo, dove il vecchio non è solo Conte, ma pure tutto lo stuolo di spocchiosi e arroganti al seguito. Gente che foraggia uno status quo ormai obsoleto, stantio, tossico. Da una parte chi cerca il sotterfugio e la scorciatoia; dall'altro chi è aperto alla correttezza e alla responsabilità. Un duello verbale che va oltre il calcio, ma per certi versi si incasella in un dibattito più profondo che riguarda l'intera società. 

Chivu non ha alcuna intenzione di mettersi in cattedra, ma è chiaro che il suo modo di fare dà fastidio e scopre nervi delicati e scoperchia un mondo marcio e moribondo. Lui li chiama "odori", noi possiamo chiamarli "puzza". La puzza dei nemici.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 30 dicembre 2025 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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