Negli ultimi giorni a causa di una stravagante simmetria abbiamo assistito alle esternazioni di due tecnici connotate da una debordante matrice politica. Anzi politicante. Stiamo parlando, in ordine di apparizione di Antonio Conte e di Mario Monti. Il calcio, in Italia in particolare, come si sa, vive del suo registro fatto di continuita' di contenuti e di parole che oscillano tra la autoreferenzialita' e la seriosita' degli assunti, il ricatto facile dei sentimenti e l'emotivita' individuale e collettiva. Un melodioso mantra denso di una sua specifica religiosita' . Come tutte le religioni e' portatore di una sua pedagogia, ne distilla sapientemente i fondamenti, sfrutta la grande cassa di risonanza che lo circonda -e lo sostiene- tanto che spesso si esprime solo per ascoltare l'eco che provoca. E' la massa, non solo dei fedeli di questa moderna espressione confessionale fatta di una porzione rilevente ma minoritaria del paese, insomma il Paese tutto, il docile referente. Proprio per questo, chi, dall'inteno o da temporaneo incursore poco importa, vi si confronta. Sa quali corde toccare per intercettare il consenso che serve per attaccare, per arroccarsi in difesa, per farsi pubblicita' evitando le curve e i dossi che imporrebbero ragionamenti piu' complessi ed approfonditi. Per rassicurare senza pagare il pegno di rispondere esaustivamente di se' e delle proprie azioni. I media e innanzitutto le televisioni pensano al resto. Grazie alla loro natura di intimo complice di questo meccanismo, forniscono l'abbondante ed appetitosa pastura per la migliore riuscita della retata.
Antonio Conte ha utilizzato l'amo del suo ego di sedicente galantuomo -beninteso chi scrive al momento non ha alcun tema per smentirlo- per affacciarsi di fronte ad una platea di appassionati, in special modo quelli di fede bianconera. Ha cercato di giostrare nel poco tempo di una non conferenza stampa organizzata all'uopo i pochi argomenti su cui pensava di far conto per supportare la decisione della societa' di dargli a sua volta il supporto di una conclamata e forse sincera conferma. Si e' rivolto come detto al mondo del calcio a quel 20-25% di italiani praticanti la religione di cui i e' detto. Prevedibile anche l'esca utilizzata, il sentimento, l'emozione per la famiglia violata nella propria inviolabile dimensione domestica, il tutto nel rispetto del calcisticamente corretto, di quel patrimonio di sensibilita' che la pedagogia del calcio riflette e su cui appena puo', o deve, si attarda a riflettere. Ha bussato porta a porta alle coscienze dI quegli italiani con il mano il suo avviso di garanzia, come il politico in vista la cui immagine per la prima volta e improvvisamente risulta sgualcita dal pizzicotto della giustizia. Ma come il politicante si e' rintanato nella genericita', come il politicante ha contestato il magistrato, come il politicante calcistico ha scelto di puntare sull'accuminatezza delle forme espressive che un vero uomo di sport almeno in quella avversa situazione avrebbe espunto dal suo dire in favore del concreto dei fatti, a costo di inciampare nella trappola della parola detta in piu' per dabbenaggine o anche solo per quella generosita' di spiegazioni che il disagio puo' originare. Ha fatto melina e poi catenaccio, di certo anche perche' "costretto", Ma la sua partita si e' chiusa senza nemmeno uno striminzito pareggio. Tentando di risultare rassicurante ha finito per giustificare la preoccupazioni di chi spera il bene per la sua causa.
Noi ci auguriamo che possa godere della tanto invocata (dalle sue parti) parita' di trattamento rispetto a chi nel passato -o anche nell'inchiesta in corso- ha dovuto affrontare un percorso difficile come il suo, senza magari lo scudo protettivo di una societa' tanto potente e tanto impegnata a regolare pendenze con la federazione.
Mario Monti ha scelto di parlare innanzitutto alla porzione del Paese complementare rispetto a quella di cui si e' detto finora. Ha scelto un'interfaccia piu' ampia, quella stragrande maggioranza di italiani formata da agnostici, calciofili non praticanti (quelli che apprendono i risultati domenicali dal tg) e fieri avversatori piu' o meno schireati e piu' o meno snob. Per questo non ha usato l'amo, bensi' una fiocina di argomenti pronti per essere immersi nell'oceano dei luoghi comuni e dei pregiudizi che solo il calcio e' in grado di accorpare. Serviva un bagno di popolarita', finalmente l'occasione propizia per fare presa sugli italiani, esclusi, ma solo temporaneamente, i trinariciuti drogati di pallone, i borderlines dell'intelletto ancora alla merce' dell'assuefazione indotta da questo esiziale stupefafacente. Si perche' lui -quello che tenta di aprire gli occhi a tutti- ci fa sapere che dal tunnel si puo' uscire, basta fare appunto come lui. Lui, quello che propone di chiudere tutto. E bravo il nostro Premier e' cosi' che si riesce a "fare squadra" con la gran parte dei suoi concittadini, contro gli altri, costretti ahime' addirittura a difendere un divertimento cosi' indifendibile. Sbroccando demagogia, avventando l'impossibile, improvvisando tra le macerie dell'Emilia una ricetta che nemmeno al bar dello sport o della bestemmia di una qualsiasi localita' dello Stivale alcun avventore proverebbe a sondare pena il sospetto di precedenti abbondanti libagioni. Il calcio da sempre nutre l'intero sport italiano tramite il totocalcio e sostiene le casse disastrate che Monti amministra con flussi corposissimi di gettito. Si arrabatta tra miserie e altro tipo di macerie su cui in tutto il dopoguerra la politica dei politicanti ha maramaldeggiato prelevando cio' che serviva con cinico utilitarismo spesso ricorrendo alle lusinghe da campanile e dando ben poco in cambio. Creando anzi, spesso, solo altre macerie, disillusioni e altre divisioni. Come ha fatto Lei caro Professore.
Che adesso puo' tenere in mano il suo bel retino che trabocca il pescato di giornata. Ma per quelli come il sottoscritto Ella ha perso definitivamente la qualifica di tecnico. Ora e' un politicante. Come l'ultimo Antonio Conte. E come tanti altri.
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