Un punto che non rispecchia la realtà. Perché le statistiche e i numeri sono utili, ma non sempre spiegano tutto. E' il caso di Inter e Milan, divise da una sola lunghezza in classifica eppure così distanti per stati d'animo e prospettive. Da un lato i nerazzurri, rinvigoriti più nella testa che nella classifica dalla cura Mancini; dall'altro i rossoneri, sprofondati in un oblio che non sembra avere fine. La differenza, quella reale, va rintracciata nelle potenzialità. Se da un lato si intravede la fine di un tunnel imboccato dopo la Coppa Italia vinta nel 2011, dall'altro si naviga a vista.

Ecco, la sensazione - suffragata anche dai fatti se non ci fermiamo al mero risultato del campo - è che l'Inter stia programmando un futuro di nuovi successi, mentre il Milan continua a non trovare il bandolo della matassa. L'Inter appare più avanti nel processo di crescita, perché l'inserimento di Thohir è pian piano sulla via del completamento e perché la direzione tecnica data con l'insediamento di Mancini è precisa. Al contrario, in casa Milan si vive alla giornata, come dimostra pure il mercato di gennaio. Shaqiri, Santon e Brozovic sono tre titolari: segno inequivocabile di un'idea univoca tra società e tecnico. Inzaghi, invece, prende Cerci e gli preferisce Niang quando è già chiuso il suo passaggio al Genoa (si veda la partita col Torino). Oppure Destro, arrivato come il salvatore della patria, finisce in panchina per far spazio a Pazzini, il quale è in scadenza e, con ogni probabilità, dirà addio in estate.

Le difficoltà economiche accomunano entrambe, verissimo. Ma, a mali estremi, Thohir potrà sempre ricavare denaro fresco dalla cessione di uno o due big; Berlusconi, anche volendo, con chi potrebbe far cassa? E poi c'è da evidenziare la maturazione a livello tecnico. Mancini sta allenando questa Inter in ottica futura. Sta imponendo ai giocatori un modo di pensare prima ancora che un modo di giocare. "Siamo l'Inter, non dimentichiamolo", va ripetendo l'allenatore marchigiano. Una sorta di training autogeno che dovrà portare risultati tangibili a partire dal prossimo anno. Quasi uno studio propedeutico per arrivare presto alla squadra ideale. In soldoni, Mancini sta tracciando la strada. L'opposto si può dire di Inzaghi, partito con intenti bellicosi ("Il primo obiettivo è ricreare il DNA vincente") e poi accartocciatosi su se stesso, finendo con lo smarrire anche le premesse di inizio stagione.

C'è chi il futuro lo ha davanti e chi sembra averlo ormai alle spalle. E in classifica resta quel punto, che però non racconta la differenza tra me e te

Sezione: Editoriale / Data: Mar 10 marzo 2015 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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