Altro giro, altra corsa. A soli tre giorni dal rigore all'ultimo respiro realizzato da Cristiano Ronaldo che ha impedito all'Inter di tornare solitaria in testa alla classifica, la Beneamata ha nuovamente l'occasione oggi a Bologna di riprovarci, confidando nelle difficoltà che la Juventus potrebbe trovare nel derby, nonostante il Toro bastonato in casa della Lazio sembri davvero poca cosa rispetto alla strapotenza tecnica dei bianconeri.

Ma a dispetto di questi discorsi che certificano come l'Inter, dopo dieci giornate, sia al momento l'unica squadra in grado di mettere pressione ai vincitori degli ultimo otto campionati, ieri Antonio Conte ha tenuto una conferenza stampa con il freno a mano tirato, cosi come tirato sembrava il suo viso, il tono della voce non permetteva proclami o slogan capaci di arringare le folle.

A precisa domanda se senta ancora dentro di se la famosa piccola percentuale di vittoria finale che lo invogli a iniziare con entusiasmo ogni sua avventura da allenatore, Conte non ha negato la cosa, ma ha aggiunto in modo molto netto che parlare ora di Inter da scudetto, sia soprattutto un'operazione mediatica. Amara verità? Strategia da attore consumato di uno che con gli scudetti ha un rapporto privilegiato? Chi vivrà vedrà.

Intanto l'ex ct della Nazionale sostiene che l'Inter debba innanzitutto tornare, dopo tanti anni, a diventare credibile, dentro e fuori dal campo e continua a battere sul concetto dell'inizio di un percorso, che preveda tantissimo lavoro atto a migliorare i pregi e possibilmente eliminare limiti e difetti. Conte ha poi sottolineato come l'impresa realizzata nella sua prima stagione alla guida della Juventus contro un Milan oggettivamente più forte, sia ascrivibile al fatto che quella volta, non essendo impegnato nelle Coppe europee, fosse stato possibile costruire uno scudetto insperato lavorando sui suoi concetti per l'intera settimana, senza quindi il dispendio di energie psicofisiche che impone la partecipazione in Champions League.

Questo non vuol dire che l'Inter cercherà di perdere martedì prossimo a Dortmund in una sfida che potrebbe essere decisiva per il possibile approdo nerazzurro agli ottavi di finale della manifestazione più bella e ambita, ma significa avere ben chiaro come stiano le cose per cercare poi di trovare le soluzioni per superare le difficoltà.

Antonio Conte è un martello pneumatico per tutti. Per se stesso, per i suoi giocatori, per la società che lo sceglie. Non conosce filtri, non media, dice le cose in faccia, a volte anche esagerando estremizzando i concetti. Ma è un allenatore che garantisce un percorso competitivo, perchè la vittoria è il suo fine irrinunciabile e cerca di conseguirla entrando quotidianamente nelle teste di chi lavora al suo fianco.

Ai vertici della dirigenza interista c'è uno che lo conosce bene, alias Beppe Marotta, che sembra quasi divertirsi a fare da contraltare al suo allenatore. Conte spara, Marotta smorza. Conte chiede, Marotta asseconda con sorriso furbo e rassicurante. Sono due attaccanti che si integrano perfettamente proprio perchè con caratteristiche diverse. Non si pestano i piedi, insomma e finora, lavorando insieme, sono sempre riusciti a centrare gli obiettivi prefissati. Lo dicono i numeri.

Ma torniamo al campo. Archiviata la preziosa e sofferta vittoria di Brescia (chissà come sarebbe finita in altri tempi), l'Inter affronta oggi un'altra trasferta, difficile per antonomasia. Bologna-Inter è una grande classica del nostro calcio, profuma di antico. Le due squadre si giocarono anche un campionato nel celebre spareggio disputato all'Olimpico di Roma il 7 giugno 1964. Il Bologna di Fuffo Bernardini si laureò campione d'Italia, battendo la Grande Inter di Helenio Herrera per 2-0. Quell'Inter, pochi giorni prima, aveva conquistato la prima Coppa dei Campioni della sua storia, superando il Real Madrid nella finale del Prater di Vienna.

Altra era, stesso problema. Difficile competere al massimo dal punto di vista fisico e mentale in due competizioni così importanti a breve giro di posta. Intanto oggi si suderà in un Dall'Ara esaurito e voglioso di spingere i propri beniamini all'impresa. Prima del fischio d'inizio sarà bello ed emozionante applaudire ed abbracciare il grande Sinisa Mihajlovic. Poi, testa fredda e cuore caldo per un'Inter che vuole continuare la corsa. Senza aspetti mediatici.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 02 novembre 2019 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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