Una delle note liete della toccata e fuga interista in quel di Riad risponde al nome (e cognome) di Josep Martinez. Chiamato a sostituire Yann Sommer per la seconda volta dopo il tragico incidente in cui è rimasto coinvolto nei pressi di Appiano Gentile circa due mesi fa (era il 28 ottobre), e nel quale ha perso la vita l’81enne Paolo Saibene, lo spagnolo ha risposto presente. Di nuovo. 

L’ex Genoa aveva visto il campo per due volte anche prima del fattaccio avvenuto sulla Provinciale 32, a Fenegrò, in Provincia di Como. Entrambe le presenze da titolare, arrivate una dietro l’altra in campionato, risalgono alla fine di settembre. La prima recita è stata a San Siro contro la bestia nera Sassuolo, con l’Inter uscita con i tre punti in tasca e un successo per 2-1 ‘macchiato’ dal graffio di Cheddira nel finale di gara; la seconda era invece andata in scena nella sera dell’Unipol Domus, dove i nerazzurri superarono l’ostacolo Cagliari con un gol per tempo (di Lautaro prima e di Esposito poi) e zero gol subìti. Un clean sheet che non si è ripetuto nelle altre due uscite in coppa, dove comunque il nativo di Alzira ha messo in vetrina le sue qualità e i limiti sui quali deve lavorare. 

La prestazione di Martinez era stata positiva già in Coppa Italia contro il modesto Venezia di Stroppa, poi annientato con un 5-1 senza storie dalla banda di Chivu. In quella notte di San Siro sono arrivate delle parate importanti, sicurezza nelle uscite alte e buona gestione del pallone coi piedi, quando chiamato a costruire l’azione dal basso. Un fondamentale in cui - statistiche e percentuali alla mano - risulta però ancora inferiore al collega svizzero. L’unico vero neo della serata contro i lagunari è stato il gol preso, con la sporca e sfortunata deviazione di Carlos Augusto sul tiro di Sagrado risultata poi decisiva per fargli raccogliere il pallone dalla rete. Martinez ha avuto senz’altro più da fare contro il Bologna di Italiano nella più recente semifinale di Supercoppa Italiana, dove più di una volta si è dovuto sporcare i guantoni per tenere a galla l’Inter fino al calcio di rigore trasformato da Orsolini nei tempi regolamentari. Il volo plastico sul destro a giro last minute di Fabbian non è bastato per evitare quella che nel post partita Chivu ha ricordato essere "una lotteria", dove le figuracce dagli 11 metri di Bastoni, Barella e soprattutto del ‘molle’ Bonny sono state in parte addolcite (se così si può dire…) dall’ottimo lavoro tra i pali del classe ’98, prezioso per tenere la sua squadra in corsa il più a lungo possibile. 

Alla fine i voli di Martinez non sono bastati perché l’Inter è tornata a casa senza un trofeo e con il muso lungo, ma sicuramente dalle parti di Appiano Gentile i segnali lanciati non possono passare inosservati. Specie se consideriamo le prestazioni tutt’altro che convincenti di Sommer in questi primi mesi della stagione. Lo svizzero non è l’unico responsabile dei punti lasciati fin qui per strada - e non sarebbe corretto fare di lui l’unico capro espiatorio -, ma è altrettanto oggettivo che da alcuni suoi errori sono scaturiti buona parte dei gol incassati dai nerazzurri. Tra quelli più pesanti è impossibile non citare quelli arrivati all’Allianz Stadium di Torino contro la Juventus (responsabilità grosse nei tiri dalla distanza di Yildiz e Adzic), ma anche nel letale guizzo di Pulisic nel derby contro il Milan, quando ha servito un assist involontario all’americano smanacciando sui suoi piedi il tiro lento e prevedibile di Saelemaekers. Le colpe sono invece da dividere col resto della difesa nella débâcle di Napoli, dice i gol di McTominay e Anguissa erano ampiamente evitabili. 

In tutto questo discorso c’è poi da inserire anche il lato contrattuale e anagrafico. Sommer ha spento 37 candeline lo scorso 17 dicembre e viaggia spedito verso la scadenza, Martinez conta invece ben dieci anni in meno dell’ex Bayern, 27, festeggiati alla fine di maggio. Ed è arrivato dal Ferraris dopo un investimento di circa 15 milioni di euro. Tutto questo è abbastanza per considerare i tempi maturi per un cambio tra i pali? Forse sì, ma la palla passa a Chivu: è lui a dover risolvere il rebus. Senza dimenticare il 'consiglio nascosto' del suo predecessore Inzaghi, con il passaggio di testimone tra Handanovic e Onana che ha poi fatto fare uno step in avanti alla sua creatura, volata fino alla finale di Champions League. 

Sezione: Editoriale / Data: Mer 24 dicembre 2025 alle 00:00
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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