Non è stata una domenica particolarmente piacevole quella dell’11 luglio. Due i motivi principali che mi spingono a dimenticarla al più presto. Innanzitutto, la maxi operazione di mercato con il Milan, già di per sé fastidiosa solo per la controparte, che ci priva dei giovani Filkor, Daminuta e Fossati, spediti a dare un senso al settore giovanile rossonero, ormai più una voce a bilancio che un serio progetto. Capisco bene che l’alternativa sarebbe stata perderli gratuitamente, quindi accetto mestamente la conclusione di una trattativa che fa la gioia dei cugini ma che allo stesso tempo porta denaro fresco nelle casse nerazzurre. Piango da un occhio solo, come si dice in questi casi. Altro motivo di delusione è l’epilogo della finaale di Coppa del Mondo. Come gran parte dei tifosi interisti, io ho tifato Sneijder più che Olanda. Nessuna ragione particolare altrimenti mi avrebbe indotto a sposare l’arancione piuttosto che il rosso.

Anzi, forse una l’avrei trovata: rivedendo in campo tante facce da Barcellona, un passso indietro nel tempo mi avrebbe riportato alla semifinale di Champions League e al fastidioso rituale catalano i creare pressione intorno all’Inter, all’arbitro De Bleeckere e a tutto il mondo cirrcostante, solo per ccercare di raggiungere l’obiettivo remuntada che sembrava lontanissimo in virtù del valore dell’avversario. Poi, vedere in campo quel Busquets che ha fatto espellere con un fragoroso colpo da teatro Thiago Motta, ha acuito la mia ingerenza nei confronti degli spagnoli-catalani. In ultimo, le parole di del Bosque, che alla vigilia ha criticato il modo in cui l’Inter ha eliminato il Barça dalla Champions: una tattica attendista finalizzata alla distruzione del gioco avversario piuttosto che alla costruzione del proprio. Forse il Ct delle Furie Rosse (al quale vanno comunque i miei complimenti peer l’impresa) si è perso il match d’andata a San Siro, quando a parità di uomini in campo la squadra di Mourinho fece vedere i cosiddetti sorci verdi a quella di Guardiola, tornato in patria con un fin troppo generoso 3-1 rimediato a San Siro.

Facile criticare una squadra che al Camp Nou, con 90 mila tifosi contro che esercitano una pressione clamorosa, in dieci dopo neanche mezz’ora si limita a difendere il prezioso vantaggio. Anche la sua Spagna probabilmente avrebbe badato al sodo in tale situazione. Chiusa questa parentesi, ribadisco il mio dispiacere per Wesley Sneijder, a mio dire il migliore tra i giocatori visti al Mondiale. Lo dico chiaramente per partito preso, ma alzi la mano chi ha visto un giocatore più determinante per le sorti della sua squadra. Persino più del tanto decantato Robben, che a Johannesburg ha sulla coscienza un paio di errori sottoporta che avrebbero potuto cambiare la storia sua e di una nazione intera. Sneijder non ha inciso come avrebbe voluto nella finale, ma se gli oranje erano in campo gran parte del merito va talento di Utrecht.

Un aspetto che gli andrebbe riconosciuto anche dalle istituzioni, più abbagliate dai numeri di Forlan che dall’influenza dell’olandese su questo torneo. Consegnare il Pallone d’Oro Mondiale all’uruguagio è stato avventato (nonostante le ottime prove dell'attaccante), la speranza è che a gennaio 2011 chi ha commesso questa ingenuità si ravveda e dia il giusto riconoscimento a colui che ha vinto tutto con la squadra di club e ha sfiorato uno storico poker personale. Da parte nosta insisteremo affinché Wesley conquisti il Fifa Pallone d’Oro, perché il suo 2010 è stato eccezionale e nessuno, neanche tra i neo campioni del Mondo, ha fatto altrettanto. Non vogliio però illudermi troppo, perché questa è anche una questione politica. E in certi casi non sempre la giustizia è l’unico finale possibile.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 12 luglio 2010 alle 12:00
Autore: Fabio Costantino
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