Spesso nel calcio esiste una linea sottilissima, invisibile, non tangibile che separa la gloria dalle critiche. Capita che per pochi centimetri, se non millimetri, un pallone che sembra destinato in rete termini sul palo, o l’attaccante sia in fuorigioco per un nonnulla. Poi si può stare a disquisire finché si vuole sui meriti o i demeriti di una squadra. Ma la verità è che se c’è una costante di risultati, si deve lavorare sui dettagli. Capire il motivo per cui anziché esultare a fine partita, si spieghi. E pensare che sia tutta questione di culo o di sfiga è semplicemente sbagliato.

Attenzione: quest’anno l’Inter ha perso 5 partite su 16. Certamente il fattore fortuna e sfortuna ha inciso, come quello degli errori arbitrali (quanto accaduto al Metropolitano resta gravissimo, perché nemmeno il più acceso tifoso dell’Atletico può certificare il non tocco di braccio di Baena, il che non figura un “chiaro ed evidente errore” dell’arbitro, per cui andare a sensazione e applicare una decisione a interpretazione va contro il regolamento stesso), ma vale pure per quelli individuali (con il Milan sbaglia Sommer, ma pure Calhanoglu perde palla e Akanji non va subito sulla ribattuta del pallone) e di squadra (con il Napoli si è perso la testa dopo un rigore 'fasullo' mai da assegnare ai partenopei).

Resto convinto che la prestazione alla lunga sia più importante del risultato. L’Inter ha perso contro Milan e Atletico, va benissimo. Ma giocando così e aggiustando i propri difetti i nerazzurri potranno arrivare lontano. Non so quanto possa valere invece per la difesa e catenaccio dei rossoneri (di certo così non si arriva in finale di Champions) o per le sceneggiate dei materassai spagnoli (un altro arbitro avrebbe potuto ammonire due volte per simulazione Simeone e tanti cari saluti alla parità numerica in campo). Questo per dire che nascondere la testa sotto la sabbia sarebbe sbagliato, ma pure credere tutto sia da buttare nel pattume.

È vero che nel calcio contano i 3 punti e chi segna più dell’avversario, ma è altrettanto vero che è palese – nonostante le ultime due sconfitte – che in ogni caso l’Inter può arrivare lontano. Non si deve pensare di essere ingiocabili. Né tantomeno di essere comunque superiori agli avversari. E la fame di vittoria deve accompagnarti in ogni azione. Solo così resti concentrato anche nel recupero su un angolo contro una squadra che non segna mai su corner (e infatti ti ha purgato) e non ridici tutto a portieri invertiti nel derby. Certo, se Maignan fosse stato all’Inter e Sommer al Milan quasi sicuramente la stracittadina sarebbe stata vinta dai nerazzurri. Ma è un discorso da bar, anzi da scantinato. Alla fine l’estremo difensore è lì per parare. Per fare il suo lavoro. E chi lo fa meglio di altri merita un plauso, non un: “Ma, se, però, qualora”.

Adesso si vedrà davvero di che pasta sono fatti i giocatori dell’Inter, ma anche Chivu. La base è più che buona. Si deve solo decidere se non fa nulla tornare abituarsi alla sconfitta. O se si vuole provare a entrare nella storia del calcio per altri grandi trionfi. Lavoro, testa, voglia, abnegazione, sogni da realizzare. E anche culo ok, ma non solo quello.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 28 novembre 2025 alle 00:00
Autore: Simone Togna / Twitter: @SimoneTogna
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