La sconfitta dell'Inter a Wembley con il Tottenham, sconfitta che mette pericolosamente in discussione il cammino dei nerazzurri in Champions League, sembra avere trovato un colpevole. Si chiama Radja Nainggolan, sostituito prima della fine del primo tempo da Spalletti a causa di una caviglia dolorante che ha provocato anche un affaticamento muscolare. Ma il rendimento del belga era apparso insufficiente ancora prima dell'infortunio e Spalletti è stato così criticato per averlo spedito in campo dal primo minuto in una partita così importante, perché evidentemente Nainggolan non era in condizione di giocare per fare la differenza come invece gli si chiedeva.

Il giocatore, 30 anni e 6 mesi, è stato acquistato la scorsa estate dalla Roma dopo una corte che durava da un anno, essendo stato, nella stagione 2016-17, la vera arma giallorossa di Luciano Spalletti, che aveva avuto la felice intuizione di trasformarlo da mezz'ala in trequartista anomalo, capace di sradicare il pallone agli avversari, proiettandosi poi con forza e velocità verso la porta nemica, concludendo l'azione con il passaggio vincente per la punta o andando lui stesso con successo a rete. E proprio i tifosi nerazzurri hanno ancora nella mente quella splendida doppietta realizzata dal Ninja al Meazza il 26 febbraio 2017, con la Roma trascinata alla vittoria per 3-1 contro l'Inter guidata da Stefano Pioli.

Due anni fa Nainggolan fu eletto tra i migliori centrocampisti assaltatori d'Europa, capace inoltre di segnare 14 gol in 53 partite giocate tra campionato, Coppa Italia e Champions League. Un crack. Meno scoppiettante la scorsa stagione, visto che con l'arrivo a Roma di Eusebio Di Francesco e del suo rigido 4-3-3, Nainggolan è tornato a fare la mezz'ala classica, ma il belga è stato comunque protagonista della cavalcata della Roma fino alla semifinale di Champions, poi persa in modo rocambolesco con il fortissimo Liverpool.

Lo sbarco a Milano non è stato facile per Radja, per nulla diplomatico e poco incline ai finti sorrisi. Lui, non è un mistero, voleva terminare la carriera nella Capitale, la Roma era diventata come una seconda pelle, era amore reciproco con i tifosi giallorossi. Ma una volta capito che a Trigoria non era più benvoluto, Nainggolan ha rifiutato qualsiasi destinazione che non fosse l'Inter. Chiamava Luciano Spalletti, il suo mentore calcistico e l'Inter con la sua storia, con le rinnovate ambizioni targate Suning, rappresentava finalmente l'occasione di vincere qualcosa di importante.

Purtroppo il belga si è infortunato nei primi giorni della preparazione estiva, periodo fondamentale per un giocatore che basa la maggior parte delle sue fortune sulla prestanza fisica e sull'aggressività, unite comunque ad un piede importante, anche se non siamo di fronte al cosiddetto fine dicitore. Il recupero non è mai stato completo e lo scontro con Biglia nel derby ha peggiorato ulteriormente la situazione perché ora il Ninja ha problemi ad una caviglia che gli impedisce di poggiare correttamente il piede a terra, costringendolo ad una corsa goffa e forzata. Non certo il massimo della vita per uno che invece dovrebbe “strappare” in continuazione senza nessuna remora mentale.

L'esercito dei moralisti e benpensanti ha già emesso la sentenza: Radja Nainggolan esce la sera, beve e fuma. Passano gli anni e il fisico ne risente. Non come Cristiano Ronaldo, dicono, che invece, conducendo una vita integerrima e a 33 anni suonati, le gioca tutte correndo e segnando come un ragazzino. Paragoni che lasciano il tempo che trovano. Il portoghese è un unicum, si tratta del più forte o del secondo giocatore più forte del mondo degli ultimi dieci anni. Cura il corpo in maniera maniacale, ma non si può pretendere che tutti i calciatori seguano quel codice di comportamento per eccellere. Nainggolan, per sua ammissione, ha sempre vissuto come meglio crede, ma in carriera non ha mai saltato un allenamento per colpa degli stravizi e in campo, da sano, ha sempre fatto la differenza. Non è un mistero che alcuni eroi del Triplete interista uscissero e bevessero come e più di Radia, ma poi in campo ad ubriacarsi erano gli avversari.

Che il belga al momento non rappresenti quello che immaginavano i tifosi della Beneamata è un dato oggettivo, lo sa anche lui, come lo sa Spalletti che in estate aveva pensato ad un modulo tattico in grado di esaltarne le caratteristiche, per il bene del giocatore, ma soprattutto per il bene dell'Inter. Fortunatamente le difficoltà di Radja sono in parte coperte dalle buone prestazioni che stanno offrendo in vari Borja Valero e Joao Mario. Con loro in campo la squadra palleggia meglio e grazie anche ad una solidità generale nettamente migliore rispetto alla scorsa stagione, l'Inter è comunque terza ad un solo punto dal celebrato Napoli di Ancelotti e in Champions ha ancora buone possibilità di volare agli ottavi di finale.

Ma senza il miglior Nainggolan, a mio avviso, manca quel sacro fuoco che permetterebbe all'Inter di spiccare veramente il volo verso traguardi che al momento paiono impensabili. Obiettivo, dunque, il pieno recupero di un giocatore in grado di fare la differenza, ma che, per farla, deve arrivare al massimo della condizione. Radja Nainggolan va protetto e amato dalla tifoseria interista perché lui, non esente certo da critiche e difetti come tutti gli esseri umani, fa parte di quella schiera di calciatori che in campo da tutto, non si risparmia, onora fino all'ultima goccia di sudore la maglia che indossa. Moralisti e benpensanti, state lontano da Radja Nainggolan, perché presto tornerà a smentirvi.

Intanto, però, bisogna fare quadrato intorno ad una squadra che si appresta a scalare l'Everest. Londra brucia. Si è persa una partita ampiamente alla portata. Bastava crederci di più, in campo e in panchina, da parte del tecnico. Spalletti è bravo, anzi molto bravo. La squadra ormai ha una sua identità e solidità che prescinde da un gioco più o meno piacevole. Ma in notti come quella di Wembley, serviva il guizzo che, invece, è mancato. E c'era materiale su cui attingere per portare freschezza e imprevedibilità, o dal primo minuto o a gara in corso, quando si era capito che l'Inter al centro del ring ci stava bene, ma non trovava mai lo spazio per il colpo del ko. Indispensabile, perché alla lunga era praticamente impossibile sperare di portare a casa lo 0-0 in Inghilterra contro una squadra forte come il Tottenham e che doveva assolutamente vincere. Aver mantenuto la porta inviolata per buoni ottanta minuti fa ancora più male, perché l'inevitabile, ossia il gol di Eriksen, ha prodotto una ferita non più rimarginabile, mancava troppo poco al fischio finale anche se quel tiro di Asamoah sui titoli di coda meritava maggior fortuna. Tant'è.

Da una possibile qualificazione anticipata agli ottavi di finale di Champions League, ci troviamo ora a dover sperare che il già eliminato da tutto Psv Eindhoven non si trasformi nel Sassuolo di turno e che il Barcellona non voglia vendicarsi dell'eliminazione subita dall'Inter nell'epica semifinale del 2010. Attendendo la notte del giudizio, si continua a salire. Domenica sera all'Olimpico con la Roma che lamenta si, assenze importanti, ma che ha un'incredibile fame di punti, soprattutto contro il “nemico” Spalletti. L'Inter dovrà da subito far capire chi è più forte, senza timori riverenziali. Poi, a soli quattro giorni da Inter-Psv, si giocherà all'Allianz Stadium contro la Juventus. Impossibile pensare di snobbare la madre di tutte le partite, impossibile non pensare che quattro giorni dopo andrai a giocarti la vita in Europa. Ecco perché sarà importante sfruttare freschezza, voglia e talento, doti che non mancano a Keita e Lautaro Martinez, che potrebbero giocare benissimo insieme a Mauro Icardi. 

Sarà anche importante che in queste gare cruciali, giochi da Perisic il signor Ivan. Va bene il sacrificio, va bene il rientro a coprire, ma da lui vorremmo più assist decisivi, più gol e meno voglia di Premier. L'Inter non è uno scalo. L'Inter è la meta. Chi non è d'accordo, si accomodi pure.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 01 dicembre 2018 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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