È andata agli archivi con un roboante 3-0 la partita più importante di questo strano inizio di campionato. Si è conclusa senza appello e senza lodi, ma con tante piccole attenuanti che, normalmente, non potranno essere messe in risalto nelle due settimane di sosta che accompagneranno l’Inter in una scontata atmosfera d’agonia.
Non saranno i tre gol presi, non sarà la prima sconfitta subita in casa dall’Inter di Walter Mazzarri, né saranno le più strane disquisizioni tattiche che da questa sera animeranno bar e salotti radio e tv. Sarà semplicemente la strada spianata ai trionfalismi di una Roma lanciata verso il bersaglio più importante ad aprire il processo ad un’Inter per la prima volta in stagione svagata, timorosa e poco concentrata.
Quella a San Siro, infatti, è stata una Roma che non ha rubato nulla, o quasi (il rigore che ha spianato la strada agli uomini di Rudi Garcia, bisogna dirlo è tutt’altro che un rigore), una squadra più cinica che bella (nel primo tempo al di là dei tre gol l’Inter non è mai stata messa sotto sul piano del gioco), ma tremendamente solida e in grado di punire con ferma determinazione i primi sbandamenti difensivi di quest’Inter di inizio stagione.
Due grandi flop coordinati a due grandi assenze. Mazzarri non è riuscito, o non ha potuto, porre rimedio alle due grandi assenze di Jonathan e Campagnaro. Soprattutto per quello che riguarda il difensore argentino, mai come contro la Roma si è capita l’importanza della sua presenza. Campagnaro, così come era ai tempi di Mourinho con il miglior Samuel, riesce a dare fiducia a due ragazzi che, lasciati soli e senza un uomo di forte personalità al loro fianco, non riescono ad incidere positivamente sull’incontro.
Non è un caso che le prime due vere occasioni giallorosse siano arrivate da due imprecisioni di Ranocchia e Juan Jesus. Il difensore umbro, con il suo errore in controllo ha lanciato l’azione che, con una squadra sbilanciata, ha portato al gol di Totti. Lo stopper brasiliano, invece, con la sua sgroppata centrale (memore forse del vecchio Lucio) ha portato al contropiede di Gervinho culminato con il fallo da rigore di Pereira. Due errori gravi, da matita rossa, che uniti alla straordinaria apatia offensiva di Pereira (reo tra l’altro non solo di aver steso Gervinho nell’occasione del rigore, ma anche di non aver fermato Totti in occasione del contropiede lanciato per Florenzi) e Nagatomo hanno condizionato inevitabilmente l’andamento dell’incontro.
In attesa di volare a Torino, quelle che attendono l’Inter saranno due settimane che, per dirla alla J-Ax mostreranno il doppio volto della fata benedetta e strega maledetta insieme.
Benedetta, perché la sosta per le nazionali consentirà all’allenatore nerazzurro di lavorare sul campo, recuperare i suoi uomini cardine e studiare, insieme al gruppo, soluzioni tattiche alternative. Il 3-5-1-1, infatti, si è rivelato in questo inizio di campionato solido difensivamente, ma straordinariamente inadatto a porre rimedio nel momento del bisogno. Il rientro di Diego Milito e un Mauro Icardi in netta crescita, possono far riconsiderare a Walter Mazzarri l’ipotesi delle due punte fin dal primo minuto, scelta che offrirebbe straordinarie soluzioni anche sulla linea mediana del campo.
Maledetta, perché oltre alle normali critiche e attacchi diretti che pioveranno sulla squadra, oltre alle frecciate dirette ad un allenatore passato da mago a profano nell’arco di 90 minuti, l’intero ambiente dovrà sobbarcarsi (ancora una volta) gli stralci di un passaggio di proprietà che potrebbe mettere in discussione tutti, dai più alti dirigenti, fino all’ultimo dei magazzinieri.
Una cosa, purtroppo, è diventata certa al triplice fischio di Tagliavento di Terni: l’Inter è finita vorticosamente sotto la lente di ingrandimento di un mondo, quello del pallone, purtroppo senza vie di mezzo. Saranno due settimane di lenta agonia. Sperando che il campo, ancora una volta, possa far tornare il sereno nel cielo d’Appiano Gentile.
Autore: Emanuele Tramacere / Twitter: @tramacema
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