In un mondo perfetto, almeno quello calcistico, i Mondiali li disputerebbero solo i migliori giocatori dei rispettivi Paesi. Ma la storia, soprattutto italiana, insegna che la realtà non è così. A tre mesi dall’esordio in Sudafrica della Nazionale azzurra, ancora si discute sulla necessità o meno di portare nella spedizione Mario Balotelli. Penso che, al di là della mia fede interista, uno come lui potrebbe far comodo a Marcello Lippi. Non dico che debba partire titolare, davanti a SuperMario ci sono attaccanti più esperti e comunque di talento, che nel giro azzurro ormai sono da mesi se non da anni. Chapeau, nulla da aggiungere. Ma anche come sesto centravanti, Mario rappresenterebbe un valore aggiunto. Nel 1990, con la coppia Vialli-Carnevale titolare inamovibile, il Ct Azeglio Vicini lanciò nella ripresa di Italia-Austria un giovane bomber, Totò Schillaci, con scarsissima esperienza in campo internazionale, ma ottime prestazioni in Italia con le maglie di Messina e Juventus. Nessuno si pentì di quella mossa, che consentì all’Italia di arrivare fino alle semifinali e al mondo di scoprire Totò-gol, l’arma decisiva di quel torneo conclusosi purtroppo con una cocente delusione, ma con un capocannoniere italiano.
Ecco, già solo questo precedente potrebbe indurre Lippi a una riflessione, anche se quando il Ct dice che Balotelli rappresenta il futuro, significa che non rientra nei suoi piani presenti. Peccato, restano ancora tre mesi per sperare e solo le prestazioni maiuscole sul campo potrebbero far vacillare l’allenatore viareggino. Lui, Mario, è pronto a scommettere sulla sua convocazione, tra il serio e il faceto. Magari lo dice con il sorriso sulle labbra, ma chi lo conosce sa che dentro di sé ha la convinzione di poter essere uno degli azzurri in Sudafrica. Se ce la farà, sarà anche frutto delle magie con la maglia nerazzurra, quindi ben venga in tutti i sensi. Ho notato una cosetta da non sottovalutare in tema Italia: che il nostro Paese sia popolato da commissari tecnici ormai è un luogo comune assodato, ma fino a un paio di settimane fa gli italiani amanti del pallone puntavano il dito contro Lippi a causa del suo ostruzionismo nei confronti di Cassano. E’ accaduto persino sul palco dell’Ariston, che ha visto entrambi protagonisti, anche se in momenti differenti (meglio evitare il faccia a faccia).
Oggi, dopo le ultime prove di Balotelli, l’Italia che ama il calcio e critica il Ct ha dimenticato improvvisamente Cassano e lo ha sostituito con SuperMario: “Lippi, Balotelli deve andare al Mondiale!”. Stesse frasi relative al talento di Bari Vecchia, che oggi paga un infortunio con la relegazione nel dimenticatoio. Ieri Lippi parlava di tormentoni, in pratica è passato da uno all’altro. Mi metto nei panni del ct e gli dò ragione da un certo punto di vista (non da molti altri...), sembra che persone e media strumentalizzino i nomi di alcuni giocatori solo per criticarne le scelte. Invece avrebbe senso individuare colui che potrebbe farci vincere il Mondiale con la sua classe, e insistere sull’argomento, pur con la consapevolezza che Lippi, dall’alto delle sue idee, non prenderà in considerazione alcun appello che stoni con quanto gli frulla per la testa. Adesso dico: Cassano o Balotelli? Uno vale l’altro per l’Italia pallonara? A me sembrano giocatori differenti, entrambi potrebbero dare qualcosa alla nostra Nazionale, ma probabilmente dovranno attendere pazientemente il prossimo campionato del Mondo, con Balotelli più ottimista in virtù dell’età giovanissima. Vedremo se Lippi si convincerà all’ultimo momento a dare una chance all’attaccante nerazzurro, ma starà a lui conquistarsela con il giusto atteggiamento dentro e fuori dal campo.
Magari mostrando più spesso il lato positivo e scanzonato emerso nell’intervista con Le Iene: un confronto magnifico che permetterà alla gente di capire chi è Mario Balotelli, al di là dei gesti, delle polemiche, degli scontri con Mou e gli avversari, della vita sregolata tipica però dei suoi coetanei. So bene che lui non sorride e non esulta perché interpreta il suo ruolo di attaccante molto seriamente. Giustamente, se un difensore che anticipa l’avversario non fa salti di gioia e cerca i ‘cinque’ dai compagni, perché un centravanti dovrebbe fare capriole o chissà che quando butta la palla dentro? Ragionamento che non farebbe una piega, se non fosse che ai tifosi piace celebrare un gol assieme a chi lo ha segnato, e quando guardano una partita a tutto pensano fuorché chi è in campo sta svolgendo un mestiere. Il calcio è gioia, emozione, pathos: insomma, nulla che ti può lasciare indifferente quando il pallone va in rete. Per questo, caro Mario, un sorriso in più sul rettangolo di gioco sarebbe sempre ben gradito, perché di certo dentro di te quando sfoderi un colpo della tua classe anche tu ti lasci prendere dall’entusiasmo. E manifestarlo non è certo una colpa né una mancanza di professionalità.
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