Dopo aver vissuto da testimone la delusione azzurra al Mondiale, torno a parlare di nerazzurro. E ieri è stata una giornata importante per i nostri colori. Nel bene, ma a mio modesto parere, anche nel male. Andiamo con ordine e iniziamo dagli "smile". I sorrisi riguardano il mercato, giustamente temuto dai tifosi per la mancanza di grandi possibilità di spesa e per l'ombra minacciosa del FPF che sembra riguardare solo l'Inter. Ma Erick Thohir e Piero Ausilio stanno lavorando d'astuzia e competenza. Il rinnovo di contratto a Walter Mazzarri è stata la prima mossa avveduta, a prescindere dell'effettiva bravura del tecnico toscano. In altri tempi il mio sarebbe sembrato un discorso un po' pilatesco, o un "ma anche", di veltroniana memoria. Ora no.
Mazzarri è stato ed è giustamente sotto la lente del giudizio dei tifosi, non merita la beatificazione senza se e senza ma dopo un quinto posto privo di scosse ed emozioni. Ma la conferma con tanto di rinnovo, al di là delle motivazioni economiche, dimostra, da parte della società, un tentativo di dar vita al famoso "progetto", rendendo il "manico" più forte e autorevole al cospetto della squadra. Se poi il tecnico inizia ad avere a disposizione anche i giocatori desiderati e funzionali al credo tattico, tanto meglio per lui e per noi. Ufficiali o quasi, i nomi di Vidic, M'Vila, Dodò a cui nelle ultime ore si è aggiunto quello del mastino cileno Gary Medel, fresco protagonista della kermesse in Brasile. Spese minime, formula del prestito sfruttata con intelligenza, velocità di esecuzione nelle trattative.
Bene così e non è finita. Mazzarri attende la punta, arriverà, magari negli ultimi giorni di mercato, ma arriverà. Jovetic? Osvaldo? Staremo a vedere. Intanto giura fedeltà alla Beneamata Mauro Icardi. “L'interesse di altri club fa piacere, ma ho ancora quattro anni di contratto e voglio rimanere qui sino alla fine, se poi arriverà un rinnovo sarà anche meglio”, ha detto ieri Maurito in occasione della presentazione delle nuove maglie. E qui, per il sottoscritto, arrivano le dolenti note.
Qualcuno ha deciso di violentare il binomio di colori che ho iniziato ad amare da bambino. Per la prima volta, dal 1908, la prima divisa rinnega la storia. Maglia elegantissima, per carità, come quelle indossate in Coppa Uefa nel 1997-98 e in Champions League nel 2005-2006. Ma non rappresenta l'essenza del club, il suo Dna cromatico. E, aggravante, questa volta sarà la “maglia Home”, di scena soprattutto al Meazza, la casa dell'Inter. La tradizione nerazzurra riporta ai mitici anni '60, quelli della Grande Inter. Maglia a strisce verticali nerazzurre larghe, girocollo, calzoncini neri, calzettoni neri con risvolto azzurro.
Mi piaceva da impazzire la contrapposizione con la seconda squadra di Milano, con la loro maglietta rossonera a righe strette, colletto, calzoncini bianchi e calzettoni neri con risvolto rosso. Anche nel look era derby ed io ero orgoglioso e gelosissimo di quelle strisce così larghe rispetto a quelle striminzite dei rivali di sempre. Mi davano sicurezza. Ieri un'operazione di marketing ha cancellato la maglia che nella sua struttura basilare è stata indossata in 106 anni di storia. Ci dovremmo abituare anche a questo. Ma forse sono fuori tempo io, magari a tanti tifosi sensibili alle innovazioni la nuova divisa piacerà e correranno ad acquistarla. Ne sarei felice per le casse societarie. “Tifiamo solo la maglia”, si legge e si sente in molte Curve. Che penseranno del “gessato” i frequentatori della Nord?
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