Tutti, o quasi tutti, si sono stupiti del fatto che Mauro Icardi, a soli 23 anni, abbia scritto un libro sulla sua vita. Io sono meno stupito. Nell'era dove i social impazzano e ognuno di noi informa l'altro su cosa stia mangiando o regalando semplicemente un buongiorno la mattina ad amici per lo più virtuali, penso che fosse quasi scontato che un esternatore quotidiano come Icardi attraverso Instagram, Twitter e altro, continuasse l'opera in quella forma. Aveva voglia di raccontarsi il ragazzo e certo non avrebbe avuto difficoltà nel trovare l'editore pronto ad accontentarlo.
Detto questo, il problema sta nel fatto che parliamo del centravanti e Capitano dell'Inter. E il centravanti e Capitano dell'Inter nel libro scrive cose, diciamo cosi, imbarazzanti, per non dire altro, verso una frangia dei tifosi dell'Inter. Sì, tifosi dell'Inter. Perché gli ultras sono tifosi, che per denominazione, vanno oltre la visione della partita. Per loro, per la Curva, la mission non è solo vedere un cross o un tiro in porta, ma sostenere la squadra del cuore affinché giochi con impegno e possibilmente vinca la partita. Gli ultras in Italia non sono frutto della delinquenza come qualcuno frettolosamente e superficialmente afferma. C'è una letteratura e una storiografia ben precisa sulla nascita del tifo estremo. E i più attenti sapranno che il tifo organizzato con striscioni e nome del circolo di appartenenza, battimani e trombette, a Milano lo chiese e ottenne il signor Helenio Herrera, il Mago, il condottiero della Grande Inter. Da una scissione dell'Inter club Fossati nacquero così i Boys, che si ispiravano a Boy, un ragazzino un po' dispettoso protagonista di un fumetto pubblicato sull'allora giornale ufficiale del club. Era il 1969. Sono passati 47 anni e i Boys sono ancora al centro della Curva Nord, la loro casa., insieme agli altri gruppi nati successivamente.
Nessuno nega che negli anni molti ultrà in Italia abbiano pensato più a giocare alla guerra che a tifare e purtroppo abbiamo anche pianto più di un morto sacrificato a una violenza assurda e inconcepibile per una partita di calcio. Così come assurde e inconcepibili sono state le vittime delle ideologie politiche negli anni '70 o lo sono quelle attuali per un semplice litigio ad un semaforo. Ma tralascio quella che rischia di essere dietrologia e arrivo al dunque. Ho letto e sentito molte critiche ad un certo Javier Zanetti per aver detto che i tifosi dell'Inter non si possono offendere. Avrebbe dimenticato, difendendo gli ultrà, i tifosi che si definiscono normali. Normali? Perché, quelli in Cuva hanno tre orecchie e due nasi? Conosco molti ultras che sono sposati, hanno figli, lavorano e udite, udite, fanno colazione la mattina. Come noi. Zanetti avrebbe detto la stessa cosa se Icardi avesse offeso i tifosi dell'Inter non ultrà. Ne sono sicuro e infatti l'attuale vicepresidente lo ha chiarito.
Passiamo ora ad analizzare quanto successo domenica prima e durante Inter-Cagliari. Non ero al Meazza, naturalmente però ho visto la partita in Tv e ricevevo in tempo reale notizie sull'accoglienza a Icardi. Non mi è piaciuta, perché il clima creatosi non ha certo agevolato una squadra già in difficoltà di suo. Ultras contro Icardi, “normali” contro Ultras e Icardi contro se stesso forse, perché mentre giocava stava capendo l'errore fatto nello scrivere quelle cose. È chiaro che l'Inter non ha perso con il Cagliari perché la Curva insultava Icardi, come l'Inter non ha vinto il Triplete perché la Curva tifava tutto e tutti. Ma voglio dire che nell'atteggiamento di chi aveva sicuramente ragione, ho captato una smania di esternare queste ragioni che ha prevalicato l'interesse di vedere l'Inter vincere, magari con una doppietta dell'imputato Icardi.
Ora la situazione, che rischiava di far affondare definitivamente la barca, è stata in parte ricomposta. Il libro sarà ristampato senza le pagine incriminate, Icardi si è scusato, pagherà un multa come da regolamento e rimarrà Capitano. La Curva non lo accetta come tale, ma fa sapere che da domani in Europa contro il Southampton l'Inter tornerà ad essere l'unico interesse. Io mi auguro che con il tempo si possa andare anche oltre, voglio essere un ultras dell'ottimismo. Perché Mauro Icardi, a mio avviso, è uno dei più forti centravanti d'Europa e gioca nell'Inter dove lo vorrei vedere a vita. E, sempre secondo me, da questa storia può imparare tanto. Può anche diventare un degno Capitano, perché può giocare bene o male, può segnare a raffica o sbagliare un rigore come domenica, ma in campo da sempre tutto per la maglia che indossa. Proprio come impone il decalogo degli ultrà.
Intanto la squadra galleggia nella parte destra della classifica. Cosa inammissibile visto l'organico. Non è vero che non c'è società, è vero che una nuova società, vista la proprietà straniera, è in costruzione e si è visto dalla leggerezza con cui ha gestito l'uscita della biografia di Icardi. Questa situazione può non aiutare il lavoro quotidiano alla Pinetina. Lavoro portato avanti da un tecnico come Frank de Boer che sta capendo anche sulla sua pelle cosa voglia dire giocare in Italia dove si fa poca poesia e tanta prosa. Ma la stagione è ancora molto lunga, l'obiettivo prefissato in campionato è ancora raggiungibile, in Europa League invece bisogna sbrigarsi a vincere. Già da giovedì. E per arrivare a questo l'Inter ha bisogno di tutti i suoi tifosi. Quelli spalle al campo e braccia al cielo, e quelli che soffrono più in silenzio dagli altri settori dello stadio. Ma basta con le divisioni, basta con polemiche inutili. Lo dice uno dei nostri inni: “C'è solo l'Inter”.
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