Belal intervista di Tuttosport ad Alberto Fontana, ex portiere ell'Itner e a lungo vice di Toldo. Una chiacchierata che rivela l'ottima persona che si cela dietro a una dignitosissima carriera. 

Come ha fatto a smettere definitivamente con il calcio?
"Non è stato difficile, ho mollato a 42 anni e quindi me la sono goduta fino in fondo. Non avevo più niente da chiedere. Capisco che chi smette a 34, 35 anni abbia ancora molte energie da spendere e voglia restare nell’ambiente".

E’ stata dura?
"No, perché ho avuto alcune fortune. La prima è stata quella di essere nato in riva al mare: per me era più difficile andare via che tornare. La seconda è quella di non aver mai perso gli amici dell’infanzia. Quelli nati in zona e che hanno fatto il mio lavoro, come Alessandro Bianchi e Minotti. E quelli di tutti i giorni, per i quali sono rimasto il figlio del bagnino, che è il mestiere più fantastico del mondo".

Perché?
"Perché chi faceva il bagnino, come mio papà Franco, si alzava alle 5 del mattino e tirava fino a mezzanotte per gestire lo stabilimento. Io, il figlio, stavo in costume tutto il giorno, davo una mano per i lavoretti, come mettere a posto le sdraio e gli ombrelloni, e me la godevo tutto il giorno. Potessi rinascere, rifarei lo stesso percorso".

Oggi che cosa fa per vivere?
"Aiuto a portare avanti il bed and breakfast dei miei a casa, a Pinarella di Cervia, e l’albergo di mia moglie Daria, a Cesena. Mi occupo di tutta la parte burocratica al mattino e sono libero al pomeriggio. Dai, non è male. E poi in Romagna si sta alla grande: spiaggia, mare, il bar con gli amici. Spazi e ritmi sono differenti, le nostre città più importanti in realtà sono paesi cresciuti".

Ma nessuno le ha proposto di restare a lavorare nel calcio?
"Un dirigente mi ha chiesto se volevo allenare i portieri, ma questo avrebbe voluto dire due cose: allontanarmi da casa, e non ne avevo voglia, oppure portare con me la famiglia, senza poi avere la certezza di finire una stagione. Ho due bambini piccoli: Niccolò ha sei anni e Ludovica due. Il tempo libero è tutto per loro. Le cose bisogna farle seriamente, sia che ti dedichi agli affetti sia che ti dedichi al calcio".

Ponti bruciati alle spalle, quindi?
"Ogni tanto qualche direttore sportivo mi chiede un parere sui portieri. Mi piace molto seguire chi oggi gioca nel mio ruolo e sono contento di vedere come sia venuto fuori un gruppo ampio di giovani interessanti. Gente che Prandelli ha già chiamato come Perin, Leali, Bardi e Scuffet, senza dimenticare Consigli. Sono portieri con la “p” maiuscola, che hanno colmato un vuoto".

In effetti dopo Buffon sembrava ci fosse il vuoto.
"Io, Antonioli, Ballotta siamo andati avanti fin oltre i 40 anni perché c’era un buco generazionale, anche quelli che finivano in Nazionale non erano primedonne. Io non ero baciato dal talento, c’era gente più brava di me, però ho sgobbato duro per arrivare dove sono arrivato".

Nessun rimpianto, allora.
"Nel calcio o ci stai interamente o ti guardi attorno. Ho preferito guardarmi attorno e sono tornato a vivere come quando avevo 15 anni. Racchettoni in spiaggia e, se gioco, lo faccio per beneficenza, mai in porta. Il calcio sono le partite di Niccolò oppure il Cesena, il primo amore. Da tifoso".
 

Sezione: Ex nerazzurri / Data: Sab 19 aprile 2014 alle 12:46 / Fonte: Tuttosport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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