“Con l’arrivo di Wesley Sneijder l’Inter è completa”. Mai detta falsità più assoluta. Nemmeno un minuto dopo l’arrivo dell’olandese (che nel derby ha fatto non bene, ma benissimo…), ecco pronto il nome nuovo in casa interista: il laziale Goran Pandev. Ora, sia detto chiaramente: nulla contro l’attaccante macedone, anzi. Tecnicamente è un giocatore notevole, con il sinistro magico, fatato e fulminante allo stesso tempo. Per di più con uno spirito di sacrificio e disponibilità che farebbe (come ha sempre fatto, chiedere a Delio Rossi) “innamorare” qualsiasi tecnico.

E, a quanto pare, anche Mourinho se ne è invaghito: “non chiederò alla mia società di spendere un euro in più, ma Pandev mi piace moltissimo”. Ed ecco pronto un nuovo obiettivo di mercato. Però, con un piccolo sforzo di memoria, bisogna andare indietro di qualche stagione, precisamente la stagione 2001-02. Stagione in cui una squadra italiana porta nel Bel Paese Pandev dalla Macedonia: quella squadra era l’Inter. Che già una volta ha acquistato l’attaccante laziale.

Pandev-Martins, infatti, era la coppia titolare dell’Inter Primavera: gol e prestazioni convincenti non furono sufficienti, però, per meritarsi la conferma. Da quel momento comincia un peregrinare che porta Pandev prima allo Spezia, poi all’Ancona e, infine, alla Lazio. Ed ora l’Inter, per bocca di Mourinho, lo rivorrebbe per sostituire Eto’o che andrà via a gennaio per la Coppa d’Africa.

Ma perché l’Inter deve ricomprare giocatori che erano già suoi? È successo con Adriano, ora Pandev e forse tra qualche tempo sarà il turno di Acquafresca. Chi ha deciso la cessione definitiva di Pandev? Chi l’ha avallata? Perché la società nerazzurra ha un ottimo servizio di scouting ma poi non riesce a valorizzare, al suo interno, i giocatori presi in giro per il mondo?
 

Sezione: CALCI E PAROLE / Data: Mar 01 settembre 2009 alle 17:10
Autore: Giuseppe Granieri
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