Il 21 agosto 1979, a Lissone, morì Giuseppe Meazza: il più grande attaccante della storia dell'Inter. Migliore al mondo nell'anteguerra, due volte vincitore della Coppa Rimet con la Nazionale italiana, in tre occasioni capocannoniere della Serie A. Con la maglia nerazzurra ha vinto 3 Scudetti e una Coppa Italia. Segnando, inoltre, ben 286 reti in 409 partite: nessuno meglio di lui.
Nato nel 1910 a Porta Nuova, quartiere di Milano, Peppino - come tutti lo soprannominano - inizia a giocare sui campi di Greco Milanese e Porta Romana, inseguendo una palla fatta di stracci. A 12 anni viene ingaggiato dal Gloria F.C.: un anno dopo, in seguito a un clamoroso rifiuto subìto dal Milan, un osservatore dell'Internazionale lo nota mentre palleggia tra le strade del rione meneghino in cui vive. Da lì in poi inizia la sua lunga, e bellissima, storia a tinte nerazzurre.
Nel '27 Fulvio Bernardini esercita pressioni piuttosto ossessive nei confronti di Arpad Weisz, allenatore della Beneamata, affinché il balilla (che ha appena compiuto 17 anni) esordisca in prima squadra. Il tecnico magiaro (successivamente vittima dell'Olocausto perché di origine giudea) lo lancia tra i grandi in una sfida contro l'U.S. Milanese: pronti e via, Meazza mette a segno una tripletta. Ed i suoi compagni di squadra, piuttosto scettici prima del fischio d'inizio (Leopoldo Conti su tutti), si ricredono fin da subito. L'Inter ha un gioiello in casa, e lo valorizza fino in fondo.
Giuseppe Meazza è il primo calciatore della storia a disporre di uno sponsor personale. Gode di una popolarità incredibile, tant'è che si dedica (senza neanche nascondersi poi così tanto) alla bella vita: sfreccia sulla Cabriolet e ogni sera si "corica" con una donna diversa. Ma quando va in campo è forte, terribilmente: è noto per irridere - nel vero senso della parola - i difensori avversari. Non esiste un portiere (a parte Zamora) che non sia stato scartato da Peppino. Con tre reti in 45', vince il suo primo Scudetto nello spareggio contro il Bologna.
Il gol più bello della sua carriera? Il seguente: Arena Civica di Milano, l'Inter è in campo. Un pallone vagante viaggia a due metri d'altezza: Meazza l'arpiona in rovesciata, cade a terra, si rialza, scarta due difensori avversari, salta il portiere e calcia in porta. Eventuali testimonianze multimediali sono andate perse, ma i cronisti dell'epoca ne hanno parlato a lungo: certificazioni che bastano ed avanzano. Stiamo parlando di quella che è, probabilmente, la rete più bella dei 111 anni di storia del club meneghino.
La storia Meazza la scrive anche (e soprattutto) con la maglia della Nazionale italiana. Siamo in epoca fascista, per cui non si può sbagliare. E lui, nonostante la sua vita in caso di mancata vittoria finisca parecchie volte in bilico (soprattutto durante l'estenuante e tremenda cavalcata del Mondiale '34), risponde sempre presente: grazie alle sue gesta, gli azzurri di Vittorio Pozzo vincono nel giro di un decennio due Campionati del mondo, altrettante Coppe Internazionali e un'Olimpiade (nel '36, quando per la prima volta al suo fianco c'è Silvio Piola).
"Averlo in campo significa partire dall'1-0", afferma il c.t. della squadra tricolore. Gli si può perdonare tutto. Tant'è vero che Meazza è l'unico a cui viene consentito di fumare. Instaura un'intesa straordinaria in maglia azzurra prima con Angelo Schiavio, icona del Bologna, e poi con il sopra citato Piola. Ancora oggi il balilla (che intanto è diventato grande) è detentore del record di reti segnate con la casacca interista.
I due aneddoti più curiosi della sua carriera da giocatore risalgono al Mondiale del 1938, quando vince il titolo da capitano (e da centrocampista, perché per il bene del gruppo si abbassa nella posizione di mezzala). Nella sfida contro il Brasile, Peppino si prepara per calciare un rigore decisivo; l'elastico dei calzettoni, però, sembra cedergli. Lui non si scompone: con la mano sinistra si regge il laccio, compie due passi e segna con un tiro precisissimo a fil di palo. Nella finale con l'Ungheria, quando il risultato è già in tasca, si ritrova da solo davanti al portiere: potrebbe segnare, ma preferisce fingere il tiro per passare la palla a Silvio Piola, il quale raggiunge (in una ribalta così luccicante) la doppietta personale. Meazza passa alla storia come il miglior giocatore della storia del calcio - insieme a Cruijff, Maradona e Messi - a non aver segnato in una finale di Coppa del mondo, pur avendola giocata. Lui ne ha disputate due: migliore in campo nel '34 contro la Cecoslovacchia (e autore della cavalcata palla al piede che ha mandato in porta Schiavio per il gol decisivo), estremamente altruista quattro anni dopo. Un vero capitano, insomma.
Nel dopoguerra si dà da fare prima come preparatore atletico (anche in Nazionale) per poi dedicarsi al settore giovanile dell'Inter: è lì che, insieme al suo ex compagno azzurro Giovanni Ferrari, plasma un certo Sandro Mazzola. "Ragazzino, io ho vinto due Campionati del mondo e non ho mai detto a nessuno di passarmi la palla. La prossima volta, ti sbatto fuori". Al Prater di Vienna nel '64 il figlio d'arte non lo chiede il pallone a Facchetti, ma il Cipe glielo dà lo stesso. E il finale lo conosciamo tutti.
Questa è la storia di Giuseppe Meazza, a cui oggi è intitolato lo stadio di San Siro (dove ha vinto, da super protagonista, la semifinale dei Mondiali contro il Wunderteam austriaco nel '34). Peppino, l'uomo entrato nel cuore degli italiani. L'Inter gli deve tanto: il calcio italiano, tutto.
Oggi ricorre il quarantesimo anniversario della sua scomparsa. Certi eroi non possono, e non devono, essere dimenticati.
Autore: Andrea Pontone / Twitter: @_AndreaPontone
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