Di spunti ne avevo a bizzeffe. E sì che l'italico mondo del Dio Palla non smette mai di regalarci gioielli, ma stavolta non ci ha deluso nemmeno un po'.

A cominciare, in senso cronologico, dall'incomprensibile dislocamento delle ultime due partite dell'Inter, costretta a giocare – unico caso finora in Italia – al giovedì ore 20.45 e poi alla domenica ore 15. Nel mondo tecnologizzato, dove tutto si crea e tutto si può, non si è riusciti a incastonare Cagliari-Inter a distanza di almeno tre giorni da Inter-Fiorentina. Una sorta di miracolo all'inverso. Effettivamente, era difficile organizzarsi in maniera peggiore di quanto si è fatto. Con la Fiorentina non vuoi che sia posticipo di metà settimana? Ma certamente! E giù con la sfida al giovedì sera. E poi ti vedi la Viola che ospita il Parma al lunedì e l'Inter costretta a moltiplicare pani e pesci per volare a Trieste (altro scempio, solidarietà ai tifosi cagliaritani). Logica la stizza di Mazzarri, cui però non ha fatto seguito lo scudo del club. Perché? Non si sa. Agli atti resta un folto turnover del tecnico di San Vincenzo (che i migliori non li toglierebbe nemmeno sotto tortura) e un punto che sa di beffa più per la questione logistica che per l'autorete di Rolando nel finale di match.

Non è andata meglio alla Fiorentina, che si è trovata a poter usufruire di un giorno e mezzo in più di riposo. Scesa comodamente in campo alle 20.45 del lunedì, i gigliati si sono fatti imporre il pari casalingo dal Parma. Rotto Gomez, rotto Rebic e rotto pure Rossi (per fortuna solo un dolore muscolare per lo sfortunato Pepito), adesso si sta rompendo pure l'Aeroplanino. Il garbo e lo stile di Vincenzo Montella, ultimamente, stanno venendo meno. Sarà che le scorie della scorsa stagione ancora si fanno sentire, sarà che ora la sua Fiorentina è chiamata a confermarsi dopo l'exploit dell'anno passato, fatto sta che il tecnico pare avvertire la pressione. E sì che Mazzarri è uno che non scherza nemmeno col suo gatto (ma avrà un gatto?), però è pure vero che il buon Vincenzino se l'è andata a cercare. “La matematica non è un'opinione”, dice. Certo, ma il giochino di scaricare la pressione addosso agli avversari è vecchio come il cucco. E a Mazzarri queste dinamiche non sfuggono.

Ma il peggiore di tutti, ahimè, si conferma Balotelli. La stagione è cominciata da un paio di mesi e Supermario ha già inanellato perle su perle. Da quando fu graziato dall'espulsione a Verona nella prima giornata, il 45 rossonero che fu nerazzurro che fu skyblue (e presto – ci scommetto – sarà anche “che fu rossonero” non appena troverà qualcuno che lo pagherà di più) non s'è più fermato. Screzi con tutti, atteggiamento irritante, proteste una al minuto e, soprattutto, la continua ricerca del rigore farlocco. Ma se fino a un paio di giorni fa si limitava allo svenimento in area, ad Amsterdam ha sperimentato un nuovo modus operandi: avvinghiarsi al difensore come un koala all'albero, trascinarlo giù e richiamare con ampi gesti il direttore di gara. Pare funzioni. Quello che non funziona, però, è lui e tutta la cagnara attorno. Il prenderlo ad esempio, il mitizzarlo, il renderlo un simbolo per i ragazzini. Poteva esserlo davvero, Mario, quel simbolo. Poteva esserlo come quando, timido e introverso, grazie alla sua dote naturale ammutoliva i detrattori e gli stolti. Faceva rodere il fegato a chi lo fischiava per il colore della pelle. Quel giovane uomo zittiva tutti con il suo essere speciale e non aveva bisogno di portare le dita sulla bocca. Lo faceva limitandosi al gesto sportivo. Oggi, invece, gli occorrono atteggiamenti da tamarro, da bullo di periferia. E' cresciuto Mario, e dal mondo che lo insultava ha preso il peggio. In fondo, non è altro che la sua risultante. Il suo Frankenstein. Uno scempio. Che peccato.  

Sezione: La Rubrica / Data: Gio 03 ottobre 2013 alle 00:30
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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