E' sabato, a Milano. Una piacevole giornata primaverile. La tensione è palpabile e si misura a colpi di rapporto. Al Velodromo Vigorelli scatta la Milano-Sanremo, la Classicissima di Primavera, un appuntamento storico a cui nessun appassionato delle due ruote può nemmeno lontanamente pensare di mancare. 293 chilometri di pura passione, vera adrenalina, e d'una nostalgia tanto coinvolgente da investire il passato di imprese memorabili, costruite su vittorie in solitaria e sull'asprezza di asperità che si sommano a difficoltà di un cammino lungo e incessante, quasi inerosabile, che assegna al destino la posizione prediletta. 

PEDALARE VERSO IL CIELO. Nella luce nascente del mattino sbuca Marotta, che in cuor suo sogna uno scatto d'orgoglio della sua Inter, per sgolfarsi dalle scorie lasciate dalla prestazione di Torino, ma soprattutto per toccare con mano le emozioni più profonde. Qualche tifoso spunta tra le finestre che si affacciano e quei vetri da cui, ogni tanto, qualcuno guardando fuori indugia, come la passione di un uomo che parte in sella alla sua bici d’epoca e con il suo sigaro in bocca, s'intravede per qualche istante e poi scompare, lungo quel rettilineo infinito. L'Inter sceglie una bicicletta tutta nuova, la vuole toccare con mano, quasi che toccarla permetta di capirla meglio. Perché la bicicletta non si guarda solo, si tocca anche. 

IN BICI PUOI TORNARE. A Sanremo atterra lo sloveno che non ti aspetti. Non Pogacar, che sul Poggio accende le fiamme ma non appicca il fuoco, nemmeno l'astro lucente Roglic, ma il talento mai del tutto approfondito di Mohoric, che con una discesa pennellata con il batticuore istantaneo agguanta la storia divorandosi i fantasmi del rettilineo di Via Roma che stavano raggiungerlo proprio sul più bello. A San Siro la Fiorentina prova con coraggio a condurre le traiettoria della strada, che si fa in salita per l'Inter, in un primo tempo acerbo: sai che finirà, prima o poi, perché il mondo fuori da qui è diverso. È diverso ciò che hai, è diverso ciò che puoi. Non puoi tornare, ad esempio, e questo ti spiazza. In bicicletta, vada come vada, puoi tornare, L'Inter, invece, sa che non può sbagliare, in questo gioco a punti chiamato calcio.

QUEL MONDO DA ESPLORARE. Per un velocista ogni metro di strada è un universo da scoprire. E i nerazzurri sanno bene di voler procedere senza sfiorare i freni. Tagliando le curve con la costante tentazione d'allontanarsi da quel destino beffardo che Torreira influenza freddando Handanovic a centro area. Quel tanto che basta per alzare le braccia e sentirsi liberi. Lontani e ritrovati. Come chi tiene gli occhi fissi verso un luogo per tanto tempo perché il gruppo che passa è soltanto un miraggio. La reazione taglia l'aria, da un esterno all'altro: Dumfries raccoglie l'invito di Perisic, salta in alto e ricalibra le sorti del vento, che poco dopo torna soffiare da dietro, spingendo, insieme al popolo nerazzurro, la banda di Inzaghi. Verso quell'attacco decisivo che però stenta a realizzarsi in principio, ma nessuno sa ancora che purtroppo non si concretizzerà. Il contenuto del rumore del vento, quel cielo terso e il mare placido della costa ligure. Immagini tutto, odori quel suono sinfonico, di rivincita. Ma scopri che anche stavolta non ce l'hai fatta. Ad esplorare la vetta. 

Sezione: In Primo Piano / Data: Dom 20 marzo 2022 alle 08:15
Autore: Niccolò Anfosso
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