Filip Stankovic, portiere del Venezia, affida i suoi pensieri e i suoi ricordi ad una lettera, pubblicata sul sito di Gianluca Di Marzio. Lettera dove racconta il suo legame fortissimo con gli altri componenti della famiglia, il padre Dejan e il fratello Aleksandar, ma parla anche di quella che è stata la sua seconda famiglia, quella nerazzurra: "Ci sono entrato quando ero solo un bambino. Ho passato momenti bellissimi con loro che non dimenticherò mai. Come le volte che apriva la porta della nostra camera: 'Oggi non andate a scuola, venite con me alla Pinetina'. Erano le mattine più belle. L’Inter aveva vinto e noi saremmo andati lì, in mezzo ai compagni di papà. Mi mettevo i guanti di Julio Cesar ed ero pronto a partire. Io e i miei fratelli stavamo lì ad ammirarli. Quanti ricordi… I passaggi con Ibra e Milito, le parole di Maicon, una partitella tra di noi sotto la pioggia con José Mourinho appoggiato alla panchina a osservarci. O i consigli e le cene con Julio. Istantanee che custodisco con cura in me. L’Inter è e sarà sempre la mia casa".

Poi il debutto tra i professionisti nei Paesi Bassi col Volendam e l'approdo alla Sampdoria, segnato da un inizio complicato: "Alla prima in casa contro il Pisa sbaglio e prendiamo gol. In quella successiva contro il Venezia altro errore e altro gol. Ho sofferto. Ho sofferto tanto. Ed eravamo anche davanti ai nostri tifosi. Giorni e giorni in cui ho ripensato a quei minuti. Non ci stavo bene. Poi è scattato qualcosa in me. Dovevo essere più forte di quegli errori, dimostrare il mio valore. A me stesso, agli altri. E così è stato. Ero cresciuto". Fino all'arrivo in Laguna, le buone prestazioni e lo shock dell'infortunio a Udine: "Rinvio il pallone, sento qualcosa di strano, non mi era mai successo. Un dolore al ginocchio. Prendo a pugni il terreno, mi fa male. È stato uno shock. Sono uscito e tornato in spogliatoio. 'Non ho niente, la prossima con la Roma la voglio giocare', dicevo al telefono alla mia famiglia. Però avevo paura. Paura che potesse essere qualcosa di grave. Il giorno dopo ho fatto la risonanza: rottura parziale del tendine. Non è stato semplice. Non ero abituato a stare lontano dal calcio. Sei in casa, immobile. Gli altri vanno avanti, tu intanto sei fermo. Ma non sono mai stato abituato a mollare e ad arrendermi. E non l’ho fatto neanche in quel momento. In quei tre mesi non c’è stato un giorno in cui ho riposato. Ho ordinato a casa delle luci per migliorare la mia reazione, un oggetto che lanciava le palline e io le paravo. Ero presente con la testa, mi inventavo sempre qualcosa da fare. Avevo già davanti a me l’obiettivo di tornare".

In conclusione, Stankovic mostra tutta la sua gratitudine a Venezia, grazie alla quale "ha potuto realizzare il sogno di debuttare in Serie A e giocare contro l'Inter a San Siro", e rivela cosa direbbe al Filip bambino oggi: "Gli direi che diventerà un uomo. E che nella vita incontrerà problemi e difficoltà, ma conta come li si affronta. L’importante è continuare a testa alta e con un sorriso sincero sul volto, lavorando per quella passione che da sempre vive in lui. E magari un giorno arriverà a realizzare quel sogno: vincere la Champions con mio fratello Aleksandar e papà in panchina".

Sezione: In Primo Piano / Data: Lun 17 novembre 2025 alle 12:55
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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