Sorridi, sei su Scherzi a Parte. Quanti tifosi nerazzurri avrebbero sperato di sentire questa frase rivolta a loro dopo il fischio finale di Busacca in Inter-Atlètico Madrid? Penso tanti, me compreso. Invece no, improvvisamente mi sono svegliato da un sogno idilliaco, in cui la squadra nerazzurra era imbattibile e faceva incetta di trofei senza batter ciglio. È stato tale Quique Sanchez Flores a svegliarmi da questo delicatissimo torpore, spiegando a me, ai sostenitori dell’Inter e a Rafa Benitez cosa significa organizzazione tattica. Dare dimostrazione di calcio a un professore non è facile, ma il tecnico dei Colchoneros, dopo averlo eliminato la scorsa stagione in Europa League, ha consumato il (ahinoi) doloroso bis anche nella regale Montecarlo, sotto gli occhi impassibili di Massimo Moratti e dei 4 mila tifosi nerazzurri, increduli di fronte a cotanto scempio. Già, perché più della sconfitta, parola messa da tempo nel dimenticatoio dal supporter della Beneamata, a bruciare maggiormente è il modo in cui ha preso forma. Nessuna attenuante, l’Inter è durata la bellezza di 5 minuti, poi lentamente ha lasciato campo agli spagnoli, forse convinta di poter chiudere la diatriba in una qualsiasi frazione di secondo. Errore.

I passi avanti intravisti contro la Roma sono stati cancellati da un Atlètico Madrid tosto fisicamente, ma soprattutto ben messo in campo, un’autentica sharada per mister Benitez, ‘colpevole’ di aver mischiato una carta di troppo (Pandev fuori, dentro Stankovic fuori ruolo) sin dall’inizio. Il prosieguo è stata una lenta e deprimente egemonia dei biancorossi, bravi a controllare i vani tentativi di ripartenza nerazzurri e a colpire al momento giusto con i giocatori di maggior talento. E se vedi un Forlan che si sacrifica per i suoi compagni, non puoi esimerti dal levarti il cappello. Benitez ha capito pochissimo della partita, non ha trovato mai la contromossa che potesse darle una svolta e il goffo tentativo di sbilanciare la squadra (4-2-4 dopo la mezz’ora) non ha fatto che servire su un piatto d’argento ai Colchoneros il colpo del k.o.

Occhio però: il dito non va puntato solo contro Benitez. I suoi giocatori non lo hanno aiutato affatto, palesando una condizione poco presentabile per un palcoscenico del genere ed evidenziando lacune caratteriali insospettabili per guerrieri come loro. Cos’è successo? Difficile a dirsi, probabile che questo impegno sia arrivato troppo presto nella tabella di marcia della nuova Inter, ancora in costruzione e lontana dal metabolizzare i dettami tattici del nuovo allenatore. Anche singolarmente, le stelle della squadra hanno brillato a fasi alterne, in particolare Diego Milito. Il Principe fatica a entrare nella condizione fisica che lo rende il peggior cliente di ogni difensore al mondo, del suo talento e della sua spietatezza finora si è visto pochissimo, e il rigore fallito nel finale è il manifesto del suo stato personale. Neanche Eto’o, Sneijder, Cambiasso e Maicon, elementi fondamentali, hanno giocato all’altezza della loro fama, e il resto della ciurma si è lasciato trascinare verso questa sorta di oblio tristemente coinvolgente.

La Supercoppa europea è andata, la bacheca di Corso Vittorio Emanuele continuerà a non fregiarsene. Ma siamo solo all’inizio della stagione, e aggrapandomi a un doveroso ottimismo non posso che confidare nella crescita di questa nuova Inter, magari spinta da questo inatteso e (si spera) salutare bagno di umiltà. Prima o poi le gambe cominceranno a girare nel modo giusto e vedremo la solita squadra schiacciasassi alla quale ci siamo abituati negli ultimi mesi. Al momento però non resta che una piccola grande delusione per un trofeo che ci sfugge dalle mani, e l’entusiasmo che la serata di Montecarlo ha trasmesso a tutte le antagoniste della squadra di Benitez. Ora non ci resta che riportarle alla dura realtà degli ultimi 4 anni.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 28 agosto 2010 alle 00:01
Autore: Fabio Costantino
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