Perché c’è un limite a tutto. Perché il calcio è un gioco, e come tale va vissuto; si può perdere, si può vincere, ma ciò che non deve mai mancare è impegno, voglia di lottare, mentalità. Non sempre le cose vanno per il verso giusto, la vita stessa ce lo dimostra giorno dopo giorno, ma è comunque necessario mantenere una cosa preziosa che tutti noi dobbiamo, e sottolineo dobbiamo, conservare. La dignità. Che senza di lei rimane difficile poter camminare a testa alta, vada come vada. Anche se sei ricchissimo. Anche se possiedi mezzo mondo. Perché senza dignità non sei nulla e nessuno. 

Arriviamo alla partita più importante della stagione, insieme al derby ovviamente, nella maniera peggiore possibile. Avendo perso, purtroppo, anche la dignità sportiva. Ridicolizzati ed umiliati da una squadra di onesti pedatori, eliminata dai preliminari di Champions dal Celtic di Glasgow - che nel frattempo ha ben pensato di prendere sette pappine a Barcellona - e giunta a Milano con la consapevolezza nei propri mezzi e la voglia di giocare a calcio. Niente di trascendentale, intendiamoci. Niente di spaziale. Niente di fuori dalla nostra portata. Semplicemente undici atleti scesi in campo facendo gli atleti. Facendo quello per cui sono retribuiti a fine mese; e, scommetto, senza la triste pletora di procuratori pronti a bussare alla porta per il solito ritocchino. Ma solito che? Ma dove sta scritto che bisogna ritoccare contratti firmati e depositati da poco, in alcuni casi addirittura pochissimo, tempo? In funzione di cosa? Cioè qualcuno mi deve spiegare, scusatemi ma da solo non ci arrivo, sono limitato lo ammetto, la motivazione per la quale tizio o caio, che all’Inter non hanno portato né lustro né un qualche successo sportivo da esporre in bacheca, debbano essere accontentati con l’aumento di un ingaggio di per sé già spaventoso. Eh, raccontano, ma il mio assistito prende meno di quell’altro ed è più bravo. Punto uno: e quindi? Punto due: chissenefrega. Ti hanno minacciato con una pistola alla tempia mentre firmavi? Se lo hanno fatto esiste, in Italia, la giustizia. Vai, denunci il fatto, i colpevoli verranno perseguiti. Funziona così. Altrimenti silenzio. E correre. Faticare. Lavorare. Sudare. 
Ma noi siamo buoni, una società che aiuta i poveri ed onesti lavoratori del pallone. Ragazzi sfortunati, accidenti. Perché è dura tirare a campare con 150.000 (centocinquantamila) euro al mese; quando va male, intendiamoci. Durissima. E poi dai, diciamocelo, con tutte le soddisfazioni che ci danno settimanalmente mi sembra il minimo un ritocchino. Già, dicono quelli che conoscono tutto, però tu ignorante populista non sai che aumentando l’ingaggio hai più potere sul mercato. Ma potere di che? Ma quando mai qualcuno è venuto a cercare gente che qui guadagna dai due milioni e mezzo annui a salire? Non mi risulta. Anzi, per dirla tutta inizio pure a dubitare della liaison estiva del nostro capitano, riferivano le cronache del tempo ricercato da mezza Europa. O due/tre squadre, non ricordo bene.

Molti, dopo la fantastica prestazione dei nostri eroi giovedì sera, hanno in parte giustificato il tutto con un: giocavano le riserve. Riserve? Ma quali riserve? Uno tra Nagatomo e D’Ambrosio (d’accordo, abbiamo capito che non sei Maicon, ma non ricordarcelo ogni volta per cortesia) giocherà sempre a fianco di Ansaldi, Murillo dovrebbe essere il futuro (maggior concentrazione sarebbe necessaria, grazie), Medel mi risulta punto fermo per adesso. Brozovic lo vorrebbero in tanti (chi è un mistero, ma poco importa); e molti hanno spinto per una sua titolarità nella formazione base, che è meglio di Joao Mario dicevano…sarà, mah. Eder, il solito Eder che corre a perdifiato - non si capisce bene l’utilità ma questo è un altro discorso - con la maglia dell’Inter non segna nemmeno se ha la porta spalancata ed ha fin qui giocato sempre; mica troppo riserva. Palacio poteva essere il Cruz di anni fa ma visto giovedì mi chiedo se ne abbia ancora voglia; peccato, avrei messo la mano sul fuoco modello Muzio Scevola per lui. Chi resta? I Ranocchia, i Melo o i Biabiany? Rimarranno fino a fine contratto, a meno di qualche genialata di Ausilio. Il problema serio semmai è che nella strepitosa prova europea il disastro vero è avvenuto dopo il primo gol subito, quando in campo c’erano Banega e Candreva, Icardi è entrato dopo portando in dote il nulla cosmico, ma la frittata era stata già fatta. 

Quindi anche la teoria delle seconde linee la leggo molto male. O, perlomeno, tutti questi non titolari in campo sono un piccolo enigma. Però per amore a volte delle piccole bugie si raccontano. E poi, non raccontiamoci barzellette, anche con le riserve certe partite si devono vincere. Punto.

Ovviamente, offrendo il fianco noi per primi con fantasmagoriche esibizioni, i media ci si sono buttati a pesce. Titoli e titoloni per i quali c’è poco da protestare stavolta. Qui la famosa prostituzione intellettuale, cavallo di battaglia di José da Setubal, c’entra poco; anzi niente. È la squadra a farsi del male, per quanto poco gliene possa fregare dal momento che i bonifici continuano ad arrivare con regolarità. Ma ci sono cose che ho letto e dalle quali mi dissocio decisamente. Si, sono d’accordo, la società è assente, ma non è assente da venerdì mattina, è assente da mo’. L’avvento di Thohir è stato un bene dal punto di vista finanziario, avendo l’ex proprietario dato all’Inter perlomeno un aspetto aziendale che fino al suo arrivo manco esisteva. Inoltre, mai scordarlo, ET è riuscito nella non facile impresa di mettere i conti se non a posto almeno in linea di galleggiamento. Ma tecnicamente lascerei perdere; a cominciare dalla gestione Mancini ed annessa sostituzione tecnica a dieci giorni dal campionato, quando il desiderata risaliva a fine giugno, con uno che in Italia forse ci era venuto solo per passare le vacanze estive. L’ex presidente di tanto in tanto prendeva un aereo per dare uno sguardo; lasciando il resto a Bolingbroke, uomo proveniente dallo United con incarichi esclusivamente nel marketing. Ottimi risultati, ma non metteva becco nelle questioni di campo; doveva vendere il prodotto Manchester, non scegliere allenatore o giocatori né, tantomeno, gestire la società. Insomma un gran caos. Moretti lo avrebbe definito caos calmo. Ma come la giri la metti, sempre caos.
Però quando sento o leggo che De Boer, gettato nella mischia senza un minimo di preparazione, avulso completamente dal pallone italiota e con conoscenze quasi zero dei giocatori a sua disposizione, rischierebbe il posto in caso di ulteriore sconfitta oggi pomeriggio, mi irrigidisco. Ma da quale gola profonda arrivano certe boutade? Perché di boutade parliamo, voglio sperare. Avrebbe un qualche senso sollevare dall’incarico uno con quattro partite sul groppone? Risposta: no. Sarebbe, casomai, l’ennesima pietosa giustificazione per chi va in campo a non giocare. Lo scrivevo lo scorso anno, lo dicevo ovunque fossi gentilmente invitato; l’allenatore può sbagliare, ma in campo vanno i calciatori, non chi li allena. E le colpe principali sono sempre loro. Però no, però non andava bene, però tu difendevi il Mancini di turno.

Bene, oggi Mancini non c’è più. E i risultati sono cambiati? Non credo, non mi sembra. Forse tiriamo di più in porta, come a Pescara ad esempio. Vero. Senza scordarsi che sull’Adriatico si è rischiato, e pure di brutto. Alla fine si è vinto e tutto è andato in cavalleria, ma le partite vanno lette nei novanta minuti. Palermo: sette occasioni da gol di cui cinque da palla inattiva. Verona: eviterei alcun commento per pietà. Insomma, quello che voglio dire è che il problema NON sta nel manico. Sta in coloro che piangono aumenti salariali ogni due per tre. Forse dei sopravvalutati. Di certo non fanno nulla per far cambiare in concetto che si ha di loro.

Comunque bando alle ciance, stasera c’è LA partita.
Riprendo dal pistolotto iniziale; è calcio, è un gioco, ci sta di vincere o di perdere. Ma, anche nella seconda ipotesi, esiste modo e modo di farlo; ricordarsi soprattutto dei colori che si portano addosso, l’Inter è una delle Società più famose del mondo non solo perché paga ingaggi più alti di molte altre. Lottare, correre, sudare. Se possibile uscire dal terreno di gioco con la maglietta bagnata. Fradicia. Siamo tifosi, siamo innamorati. Ma, citazione José, non siamo pirla.
Quindi fuori gli attributi. Basta giustificazioni firmate dai genitori; pardon, dai procuratori.
Solo per la maglia. Non so se loro la amano, di certo non quanto noi. Ma esigo che la rispettino ed onorino. La nostra storia ultra centenaria lo chiede.
Buona domenica a Voi!

Sezione: Editoriale / Data: Dom 18 settembre 2016 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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