La Norvegia si fa largo a suon di goleade verso il Mondiale, e a noi non resta che dire brava Norvegia. Del resto, una volta che intorno a quel cyborg capace di cose sovrannaturali quando è anche solo in giornatina che risponde al nome di Erling Braut Haaland la Nazionale scandinava è stata capace di costruire un gruppo di talenti interessanti che hanno permesso al bomber del Manchester City di abbandonare la parte del predicatore solitario, ecco che per i Løvene si sono aperti nuovi orizzonti di gloria, in primis la possibilità di riassaporare il clima di un Mondiale a quasi trent’anni di distanza dall’ultima partecipazione, quando la loro corsa fu frenata guarda caso proprio dall’Italia in un caldo pomeriggio di Marsiglia in una partita che fece anche da sfondo ad un film di Aldo, Giovanni e Giacomo.

La stessa Italia che in quel 1998 ormai lontanissimo aveva vita facile sui norvegesi si ritrova ora a dover recitare il ruolo della ‘ruota di scorta’ davanti alla valanga nordica, capace di piazzare non semplici vittorie ma goleade senza appello e allora deve essere felice perché riesce in qualche modo a blindare un posto negli spareggi che assegneranno gli ultimi visti per quel torneo che gli Azzurri vedono col binocolo da più di dieci anni e che dovranno ancora giocarsi in un barrage, in un maledettissimo scontro do-or-die che nel 2021 andò di traverso all’Italia intera, battuta malamente dalla Macedonia del Nord. Ma questo ormai passa il convento e allora accontentiamoci di vedere la squadra di Rino Gattuso avere ragione della modesta Estonia, malgrado la brutta papera di Gigio Donnarumma giunta fortunatamente a babbo praticamente morto, e prendere tre punti che bene o male possono valere una prima ipoteca sul playoff, aspettando di dare quella definitiva martedì in una gara che purtroppo ha fatto parlare sin qui più che altro per le previste e prevedibili tensioni che ogni sfida di qualunque genere contro Israele porta inevitabilmente ormai con sé, come un marchio impresso a fuoco.

Può sorridere pure a denti stretti Gattuso, perché ormai l’obiettivo che ormai è diventato qualcosa più del minimo sembra ormai a portata di mano a meno di cataclismi a questo punto improbabili. Ma c’è qualcun altro che sorride, anzi che può anche ridere di gusto, dopo la ventosa serata di Tallinn. Arrivata con un preambolo decisamente poco piacevole, ovvero l’infortunio che ha messo fuorigioco dopo pochi minuti Moise Kean che pure aveva fatto in tempo a segnare la rete del vantaggio azzurro, si è consumata infatti la seconda presenza con la maglia della Nazionale maggiore di Francesco Pio Esposito. Che entra e comincia a fare la sua partita, proponendosi in particolare come attaccante di raccordo, cercando il dialogo costante con i compagni prima ancora che la conclusione verso la porta, anche con passaggi sopraffini, e facendosi anticipare da un avversario quando dalla sinistra arriva un pallone parecchio invitante da spingere in porta. Insomma, una prestazione onesta ma che non sembra dover godere della coronazione. Fino a quando…

Scocca il 74esimo minuto e Leonardo Spinazzola, lanciato da Nicolò Barella, dimentica che fra qualche giorno lui e i giocatori dell’Inter saranno avversari in un match al Maradona che si preannuncia già abbastanza importante e mette in area un pallone delizioso, trovando pronto all’appuntamento proprio lui, Pio Esposito. Che si avventa sulla palla e la colpisce di controbalzo, con un esterno destro che risulta inafferrabile per l’estremo difensore estone Jakob Hein. È il gol del 3-0, che vale il sigillo sulla vittoria ma soprattutto è il primo centro dell’attaccante di Castellammare di Stabia con la maglia della Nazionale dopo appena due caps collezionate. Celebrato da lui con un urlo liberatorio, un abbraccio allo stesso Spinazzola, raggiunti poi dallo stesso Barella, e da Mateo Retegui che nel dopopartita non ha esitato a parlare di ‘partitone’ della pepita d’oro nelle mani di Cristian Chivu.

È un’Italia che sta cambiando volto, che sotto la nuova gestione ha trovato un numero di reti nelle prime partite come non accadeva dai tempi di Ferruccio Novo, sintomo di un parco attaccanti che funziona per il meglio. E che sa ora, così come lo ha capito la stessa Inter, di poter fare affidamento anche su Pio Esposito, un ragazzo che non ha paura di nulla e anzi sembra essere sempre più gasato davanti alla possibilità di superare nuovi livelli di difficoltà. Se basterà per garantirsi il ritorno ad un Mondiale, una questione che ormai ha assunto toni di vita o di morte per l’intero sistema calcio italiano, lo capiremo a breve. Di sicuro, al più giovane della famiglia Esposito è bastata questa serata per rispondere all’episodio curioso che lo ha visto protagonista indiretto nel corso del Festival dello Sport in scena in questi giorni a Trento.

Ha preso la parola ieri Zlatan Ibrahimovic, che dal palco dell’Auditorium Santa Cristina ha approfittato del suo lungo discorso per tessere le lodi di Francesco Camarda, il talentuoso classe 2008 di proprietà del Milan attualmente in prestito al Lecce, che due giorni fa ha trovato il suo primo gol con la maglia dell’Under 21 dopo aver rotto il ghiaccio anche in campionato. Lo svedese ha sostanzialmente fatto capire come Camarda sia una sorta di ‘pupillo’ per lui, prevedendone un futuro radioso al punto da sbilanciarsi così: “Camarda è il profilo che manca nel calcio italiano, il numero 9 che faccia 20-30 gol all’anno”. Stuzzicato da Antonino Morici, uno dei moderatori, su un nuovo derby con Esposito, Ibrahimovic non trova altro modo di rispondere che bofonchiare una parola che suona come un ‘Ancora?’ e lasciarsi andare ad una risata un po’ beffarda, con quel modo di fare guascone che abbiamo imparato benissimo a conoscere.

Intorno ai nomi di Camarda ed Esposito i tifosi dell’una come dell’altra sponda stanno cominciando a imbastire una rivalità, con le dovute proporzioni, in stile Cristiano Ronaldo-Messi, per non dire Jannik Sinner-Alcaraz, Moser-Saronni, Magic Johnson-Larry Bird, Niki Lauda-James Hunt o qualsivoglia duello storico del mondo dello sport. Magari lamentando il fatto che uno più dell’altro goda di una certa grancassa mediatica. Risalto che però, a conti fatti, hanno avuto nel corso del tempo l’uno e l’altro, figlio anche di quella fame atavica di giovani talenti da anteporre alle stelle emergenti di altri Paesi che creano forse un lieve senso di inferiorità da esorcizzare.

Fanfare che però il giovane nerazzurro elude proteggendo sé stesso come fa col pallone quando se lo ritrova tra i piedi, conscio del fatto che di lavoro da fare ce n’è ancora tanto, per lui come per Camarda stesso che, non dimentichiamo, è ancora più giovane di Pio. Così come il ridere sardonico davanti al nome di un elemento di enorme prospettiva può avere i suoi effetti collaterali come si è visto ieri sera. Sarebbe dunque meglio accantonare certi giochini e fare la cosa migliore, ovvero lasciare crescere al meglio questi due ragazzi che, come  ha avuto modo di dire un altro che di gol se ne intende come Beppe Signori, sono entrambi il futuro del nostro calcio.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 12 ottobre 2025 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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