È bastata una sconfitta, in trasferta contro una delle due-tre squadre più forti al mondo, per farli tornare. Chi? I nazgul, ovviamente. Profeti di sventura. Il male ovunque. Inter sommersa dalle critiche per aver incassato uno 0-2 al Camp Nou. Avete capito bene: al Camp Nou non si può perdere. E non importa se sei andato a giocare con Brozovic e Perisic ammaccati e senza Nainggolan, tre vittime di guerra del derby, con il Milan che a quanto pare, oltre al "bel giuoco" e alla "superiore organizzazione", randella anche e nemmeno poco. No. L'Inter doveva andare in Catalogna, comandare la partita e asfaltare i blaugrana.

Barcellona chi? Non c'era Messi, quindi avversario docile. Equazione superficiale che più superficiale non si può. I nerazzurri avrebbero potuto fare di più? Certamente. Ma non si possono nemmeno vedere solo e sempre i lati negativi. Di positivo c'è stato più di un elemento: Icardi, per dire, ha mancato il vantaggio per ben due volte sul punteggio ancora di 0-0; lasciare il comando delle operazioni al Barcellona è pressoché scontato per il 99,99% delle squadre al mondo, ma l'Inter non ha sbracato, è rimasta in partita fino a 5 minuti dal termine e nel secondo tempo ha reagito come e quanto poteva.

Al Camp Nou, di recente, il Barça ha disarcionato un po' chiunque. Andando a ritroso, in ordine sparso: 4-0 al Psv Eindhoven, 4-1 alla Roma, 3-0 al Chelsea, 3-0 alla Juventus, 6-1 al Paris SG, 4-0 al Manchester City, 7-0 al Celtic. Giusto per rimanere alle ultime tre edizioni di Champions. Ebbene, cosa si pretendeva esattamente dalla banda di Spalletti? Possibile rimettere in discussione sempre tutto al primo passo falso anche se di fronte c'è un avversario oggettivamente superiore?

Qui nessuno vuol giocare a fare l'avvocato delle cause perse, ma è evidente l'eccessivo accanimento, dimostrato anche dai punitivi voti in pagella recapitati ai giocatori nerazzurri su stampa e tv. Eppure, tornando solo a qualche settimana fa, chiunque può ricordare i discorsi che si facevano circa il Gruppo B di Champions League. L'Inter era data per spacciata o quasi, visto lo strapotere del Barça e la presunta superiorità del Tottenham. Alcuni avevano messo in dubbio anche l'eventuale terzo posto e la conseguente partecipazione all'Europa League. Invece, al giro di boa, Icardi e compagni hanno 6 punti, 5 in più di Spurs e olandesi e con due partite su tre da giocare in casa nel girone di ritorno. La sensazione è sempre la solita e non è affatto piacevole.

Però Suning conferma la bontà delle mosse strategiche, con la crescita esponenziale del club a ogni livello. Steven Zhang presidente è un'assicurazione per il presente e soprattutto per il futuro. Una solidità imperiosa, che non può essere negata. La base per costruire una società di primissimo livello. "Non tra i migliori, ma il migliore club al mondo", ha puntualizzato con orgoglio Zhang Jr in riferimento agli obiettivi nerazzurri. Senza dimenticare di sottolineare come l'Inter non sia solo una squadra di calcio. Alla faccia del "vincere è l'unica cosa che conta". Una differenza enorme.

Intanto i nazgul sono svolazzati via, almeno per un po'. Pronti a riaffacciarsi al primo mezzo passo falso. Puntuali come i vomitevoli cinepanettoni a ogni Natale. Alla lunga stufano, sanno di muffa. Rinnovate il repertorio oppure addio. Anzi, addio. Sarebbe meglio. Decisamente meglio.

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Sezione: Editoriale / Data: Dom 28 ottobre 2018 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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