"I crudelissimi fabbri di Chivu": questa la definizione del Corriere dello Sport a margine dell'analisi su Inter-Lazio. Al di là dell'opportunità di utilizzare certi termini, mai sentiti nemmeno per squadre che veramente picchiavano per 90 minuti, l'impressione ricavata dal match di domenica sera è chiara: l'Inter ha messo dentro qualcosa di diverso. E quel qualcosa di diverso risponde alla parola "aggressività". Un inedito a queste latitudini.

I nerazzurri, nei 4 anni di Inzaghi, hanno abituato tutti a un grande calcio di qualità, fatto di giocate sontuose e picchi di altissima classe. Una squadra che sembrava di un altro pianeta rispetto alla media italiana, ma non sempre in grado di nascondere il difetto della poca "cattiveria", quasi un pegno automatico da pagare a cotanta bellezza. Chivu sta provando a completare l'opera partita da Conte e innalzata da Inzaghi. E come lo viole fare? Aggiungendo aggressività, appunto, ma senza rinunciare allo stile. Un'impresa ardua, però non impossibile. E la partita con la Lazio è lì a dimostrarlo.

La serata di Calhanoglu fotografa alla perfezione l'idea: il turco è stato artefice di giocate d'altissima scuola, come ad esempio un'apertura di prima verso Dimarco andando d'interno su una palla traditrice, ma allo stesso tempo non si è mai tirato indietro quando si è trattato di entrare in tackle o andare duro a contrasto. Se Chivu riuscisse a completare la trasformazione, allora sì che per tutti gli avversari sarebbero volatili per diabetici. Un qualcosa che rimanda al leggendardio Barcellona di Guardiola, una squadra di livello enorme che però non lesinava falli a ripetizione essendo "condannata" alla riaggressione alta ogni qualvolta perdeva il pallone. E in Italia, per anni, lo abbiamo visto fare anche all'Atalanta di Gasperini. Ma quelli non li abbiamo mai sentiti chiamare "crudelissimi fabbri". Paura, eh?!

Sezione: Editoriale / Data: Mar 11 novembre 2025 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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