Due stagioni all’Inter. Qualche mese al Getafe. Alvaro Pereira, doppio ex dell’imminente sfida tra i nerazzurri e gli spagnoli, in esclusiva per FcInterNews, ripercorre il suo passato e “gioca” la sfida di Europa League.
Quale è il suo primo bel ricordo all’Inter? E quello più positivo del Getafe?
“Per i nerazzurri l’arrivo a Milano, in una delle squadre più importanti del mondo, dopo tre anni magnifici al Porto, squadra con la quale praticamente eravamo riusciti a vincere tutto. Quello relativo agli spagnoli, seppur in una tappa corta della mia carriera, è rappresentato dallo stesso club: una società umile, molto ben strutturata, che non aveva nulla di meno rispetto ai top club”.
E quelli più brutti?
“All’Inter il periodo di adattamento e la non qualificazione alle coppe del primo anno. Molti giocatori che avevano vinto il Triplete volevano andare via, Massimo Moratti stava per vendere il club. Era un momento di transizione, complicato, confuso. Fu un periodo scomodo, il meno bello. Al Getafe, invece, purtroppo la retrocessione in Segunda. Giocai poco perché dovevo scontare una squalificata precedente rimediata in Argentina. Fu un peccato perché perdemmo contro il Betis e non mantenemmo la categoria”.
Nel giorno della sua presentazione all’Inter, lei sapeva tutto del club. Aveva studiato per l’occasione?
“No, io sono un malato di calcio. Oltre che giocarlo, mi piace studiarlo. Sapevo molte cose perché da giovane i miei idoli erano Ruben Sosa e il Chino Recoba. Dice che sapevo più di voi giornalisti? Si, poteva essere (ride, ndr)".
Come vede l’eliminatoria tra Inter e Getafe?
“I nerazzurri per nome, storia e statuto sono i favoriti. Ma devono dimostrare sul campo la propria forza. Bordalas è un ottimo allenatore, ha fatto grandi cose. La base è la stessa dei giocatori che si sono qualificati per due volte in Europa League. Sarà una bella partita, con due squadre che vogliono giocare bene a calcio. Che vinca il migliore. Io sarò un tifoso e uno spettatore in più di questa bella sfida”.
Chi passa il turno, può vincere la competizione?
“Sì, entrambi hanno chance. Io l’ho vinta col Porto e so che non è semplice. Sarà una gara secca, quindi è ancora più difficile fare pronostici: no hay mañana (letteralmente: non c’è domani, ndr). Potrà davvero succedere di tutto”.
Ma è vero che all’Inter un dirigente, dopo una sconfitta, le disse: “Non fa nulla, doveva succedere”?
“Sì, le racconto l’aneddoto. Girone d’andata, siamo dietro un solo punto dalla Juventus. Venivamo da una serie incredibile di risultati utili consecutivi. E perdemmo contro l’Atalanta. Allora la Dea non era una squadra da Champions come ora, viaggiava a metà classifica. Entrammo io e Alvarez, ma il match terminò 3-2 per i nostri rivali. A fine gara, nello spogliatoio, un dirigente mi tocca la spalla e mi dice: ‘Non importa, prima e dopo avremmo dovuto perdere”. Io ero già arrabbiato per la sconfitta e sentendo quelle parole mi irritati ancora di più. Venivo dalla cultura del Porto, dove se vinci è Disney, se perdi è la guerra, trionfare è un obbligo, perdere è catastrofe. E lo stesso discorso per me doveva valere in nerazzurro. Pensai: ‘Un poco di rispetto. Siamo l’Inter! Non posso tollerare frasi di questo tipo. Questa sconfitta potrebbe essere determinante per la nostra classifica’. Di fatto puoi accettare i k.o. contro le tue rivali dirette, ma con squadre di metà classifica si tratta solo di punti persi”.
Ha sentito lo sfogo di Conte di sabato notte?
“Ho letto qualcosa in merito, connessa anche al rispetto per lui e per i giocatori”.
Le chiedo allora se quando era all’Inter, la stampa era troppo critica con voi.
“Sì, erano acidi con noi. Attaccavano e sottolineavano sempre tutti gli errori commessi, mentre non valeva lo stesso per i meriti. Questo non accadeva con alcune altre squadre. Se Milan o Juve perdevano o commettevano errori, i giornalisti lo dissimulavano con altra. Con loro erano critiche light, qualcosa di costruttivo. Con noi invece erano distruttivi”.
Autore: Simone Togna / Twitter: @SimoneTogna
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