L’italiano lo mastica ancora bene. Ha voglia di parlare. Di aprirsi alla stampa e di condividere i suoi ricordi. Drazen Brncic è fiero del suo passato nel Bel Paese. In particolare delle firme con il Milan prima e con l’Inter poi. Forse è uno dei doppi ex meno noti. Ma questo non significa che non possa regalare spunti più che interessanti nella sua intervista esclusiva a FcInterNews.it.

Wikipedia la colloca sulla panchina del Seraing United.
“E sbaglia. Ho allenato tale club nella cadetteria belga sino al marzo del 2016. Poi la mia licenza è scaduta. Servivano punti dei corsi di aggiornamento per poter continuare il mio operato. Sono comunque riuscito ad ottenere una delega per poter proseguire. Ma il club ha avuto problemi con l’Uefa e con l’associazione locale a causa di una terza proprietà. Ecco perché le nostre strade si sono divise. Io poi sono ripartito da una società storica, il mitico Rwdm 47 Molenbeek. Abbiamo vinto il campionato in quinta Serie, poi in quarta. E adesso lottiamo per i playoff in terza. Il nostro obiettivo non era quello di essere ancora promossi, ma ce la giocheremo. La mia squadra attuale ha un’anima e una progettualità invidiabili. Siamo cresciuti in fretta. Il nostro lavoro non è passato inosservato. In più ora ho la licenza Pro: posso allenare ovunque nel mondo”.

Apriamo il cassettino dei ricordi. Lei militò come giocatore nelle leghe minori e poi si meritò la Serie A, il massimo ai suoi tempi.
“Le racconto un aneddoto. Il significato del nome della mia prima squadra in Croazia è spina, quella della rosa, che se ti pungi, ti fai male. Ricordo ancora un titolo di giornale appropriato: dalle spine alle stelle. Arrivare nel calcio italiano e firmare prima per un club prestigioso come il Milan fu la realizzazione di un sogno. Lo stesso discorso vale per l’Inter. Qualunque sportivo avrebbe voluto mettersi alla prova nel Bel Paese in quegli anni. Era una sfida con me stesso. Avevo toccato la vetta della montagna. I miei sacrifici avevano dato i loro frutti. Una soddisfazione enorme, da non confondere con i soldi o con la vanità di essere riconosciuti per strada. Il massimo per chi come me vive, e viveva, di calcio”.

Al Milan quale giocatore la impressionò di più?
“C’erano atleti impressionanti. Posso dirle Maldini, uomo e campione straordinario. Ma quella rossonera era una famiglia, colpa di persone intelligente. Poi ricordo Leonardo. Era davvero fortissimo, qualcosa fuori dal comune. Peccato abbia sofferto di pubalgia, altrimenti avrebbe potuto dimostrare ancora di più”.

All’Inter non scese mai in campo ma effettuò qualche allenamento…
“Diciamo che in rossonero mi sentii più partecipe del progetto. Cuper non mi vedeva. Così andai via in prestito. Peccato perché avrei voluto provare a misurarmi anche in nerazzurro. E giocare col più forte di tutti: Luis Nazario da Lima, il Fenomeno Ronaldo”.

Chiariamo a distanza di anni di un punto importante. Lei venne inserito nella trattativa che portò Pirlo a Milano, oppure si trattava di un’operazione slegata?
“Braida mi disse che al Milan sarebbero arrivati comunque Pirlo e Rui Costa. Per me poi c’era la possibilità di andare all’Inter. Mi misi in gioco e mi trasferii sull’altra sponda del Naviglio. Plusvalenze? Io allora pensavo solo a giocare”. 

Prova dei rimpianti?
“No, assolutamente. Zaccheroni mi vedeva come centrocampista centrale o trequartista. Al Milan ero chiuso da gente come Boban, Albertini, Gattuso o Ambrosini. Chiesi io di andare via per giocare di più. Così pur sapendo che questo difficilmente sarebbe accaduto all’Inter, e che quindi avrei dovuto lasciare Milano e accettare un prestito in una compagine meno blasonata, non posso rimproverarmi nulla. La rosa dei nerazzuri era composta da 40 elementi, di cui 30 professionisti internazionali affermati”.

Erano davvero i tempi d’oro della Serie A.
“Direi di sì. Io ero considerato il miglior giocatore dello Charleroi. Ma inizialmente avevo mercato solo in Serie B italiana. Per questo devo dire che nel Milan e nell’Inter di fine anni novanta/inizio 2000 militavano solo dei grandi fuoriclasse. Oggi è diverso e lo dico col massimo rispetto possibile, senza voler offendere nessuno”.

Domenica c’è il derby.
“Io sono più milanista che interista perché in rossonero, come le dicevo prima, sono stato protagonista. Il Milan è in forma, anche se nella stracittadina può succedere di tutto. Prevedo un pareggio. Si sfidano due compagini guidate da due allenatori che stimo molto. Gattuso come giocatore non guardava in faccia nessuno. Se doveva recuperare palla non si faceva problemi che tu fossi Maldini o Costacurta. Entrava e basta. Dall’altra parte ci sarà Spalletti. Un mister che ho avuto ad Ancona. Lui centrò una bella salvezza con i marchigiani. E già allora si vedeva fosse un tecnico preparato, con una precisa filosofia di gioco e dalle idee chiare”.

È preparato sull’argomento.
“Vedo tantissime partite del campionato italiano. Aggiungo che mi piacciono parecchi tecnici come Sarri e Gianpaolo. Io non voglio allenare, ma insegnare calcio, che è diverso”.

E sugli attuali giocatori dell’Inter che mi dice?
“Perisic è fortissimo. Lo stimo molto. Lui è molto più forte di me, ma la sua traiettoria ricorda un po’ il mio percorso. Non è facile uscire dalla Croazia se non militi nella Dinamo Zagabria. Ce l’ha fatta ed è capibile che sia un uomo determinante per la squadra di Spalletti”.

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Sezione: Esclusive / Data: Dom 17 marzo 2019 alle 15:14
Autore: Simone Togna / Twitter: @SimoneTogna
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