La storia lo insegna, l'Inter raramente arriva puntuale all'appuntamento con la svolta. Anche le versioni vincenti avevano questo tarlo. Si pensi, per esempio, alla stagione post-Calciopoli, un campionato dominato e uno scudetto che andava celebrato al Meazza, contro la (lontana) seconda in classifica, la Roma. Tre punti e tutti in piazza Duomo. Macché, i giallorossi vincono 3-1 e rimandano di una settimana, a Siena, trombette e caroselli. Oppure nel 2008, quando un successo al Meazza proprio contro il Siena avrebbe chiuso i conti (toh, sempre con la Roma inseguitrice). Invece finisce 2-2, Materazzi sbaglia il rigore della vittoria e Moratti in tribuna si lascia andare a presagi di sventura, senza sapere che una settimana dopo, a Parma, sotto il diluvio, Ibrahimovic avrebbe risolto ogni problema. Era dal 1989, escluso l'irripetibile 2010 e l'infausto 2002, che l'Inter non si faceva trovare puntuale all'appuntamento con la storia, quando ospitando il Napoli lo sconfisse 2-1 conquistando matematicamente lo scudetto. Esempi di una squadra che alla fine portava a casa il tricolore, ma che tuttavia raramente si faceva trovare pronta alla prima chiamata per chiudere il conto.

Il confronto con l'Inter attuale è impietoso, oggi l'obiettivo non è un titolo ma un piazzamento Champions, un terzo posto che in altri tempi sarebbe stato deludente. Eppure la pessima abitudine di mancare un set ball se non addirittura un match ball è rimasta. In questa stagione (come nelle precedenti) è successo in Champions (che rammarico per il pari col Psv al Meazza) e negli ultimi tempi anche in campionato, quando il calendario offriva la chance ci archiviare la qualificazione all'Europa che conta e, di conseguenza, anche di blindare il terzo posto. Contro la Lazio è arrivata una sconfitta, contro l'Atalanta uno 0-0 e, ultima partita, contro la Roma in pareggio per 1-1. Tre gare al Meazza, tre vittorie mancate che avrebbero dato uno slancio decisivo alla classifica nerazzurra, permettendo all'Inter di godersi in pantofole e vestaglia il resto del torneo. Eppure oggi ci si riesce anche ad accontentare di aver fermato l'attacco atomico di Gasperini o di aver rimontato una Roma in salute, tenendola a distanza. Chissà se le altre contendenti al piazzamento Champions avessero portato a casa risultati migliori che sapore avrebbe la classifica dell'Inter oggi... Invece in un torneo in cui emerge la mediocrità, basta ben poco per mantenere salda la propria posizione. L'ultima giornata è emblematica. In attesa di Napoli-Atalanta in programma stasera, nessuna in quella zona della graduatoria ha vinto (solo il Torino, tornato improvvisamente in corsa). La Lazio ha addirittura perso in casa con il già retrocesso ChievoVerona. E in questo contesto, mentre la Juventus celebra l'ennesimo scudetto conquistato senza rivali, anche un pareggino in casa è sufficiente a dormire sonni tranquilli. 

Così si accoglie benevolmente una prestazione in chiaroscuro, in cui molti giocatori viaggiano sotto le loro possibilità (ma è un trend stagionale ormai) salvo picchi di vitalità che mantengono vivo l'interesse nei confronti della gara in questione. Questa Inter si è suo malgrado adeguata al livello non certo alto della Serie A, limitandosi a fare il minimo indispensabile per mantenere un posto al sole, senza tuttavia la capacità di blindarlo nonostante le numerose occasioni. Troppi alti e bassi hanno caratterizzato la stagione nerazzurra, così come la singola partita contro la Roma. Per questa ragione, non avendo il pieno controllo della situazione, un punto che mantiene invariate le distanze con un turno di campionato in meno sul calendario è gradito. Ma per quanto ancora si potrà accettare questa mentalità minimalista? Se per anni l'obiettivo è stato arrivare tra le prime tre/quattro, è inevitabile che a questo gruppo non si possa chiedere lo step successivo. Non saprebbe neanche da dove cominciare. 

L'ambizione è stata tarata sul piazzamento, il valore della rosa anche. Per questa ragione è inevitabile che l'Inter possa crescere solo aggiungendo fame di titoli, non di piazzamenti. Serve gente che se al termine della stagione non alza un trofeo la ritiene fallimentare e di certo non celebra una qualificazione alla prossima Champions. Serve un upgrade nella mentalità, non solo nella qualità e nell'esperienza. Quest'anno arrivando terzi si raggiungerà l'obiettivo prefissato, ma la prossima estate la dirigenza dovrà lavorare per arricchire questa rosa di fame di vittorie, nonostante la Juventus sia intoccabile nel lungo percorso. Intanto, però, si porrà rimedio a una condizione non da Inter, a prescindere da come andrà la stagione. Perché anche se mancare gli appuntamenti decisivi è parte del DNA di questa squadra, che almeno lo si faccia nella rincorsa a un titolo. È questa la vera svolta da perseguire.

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Sezione: Editoriale / Data: Lun 22 aprile 2019 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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