Una sessione di mercato scoppiettante per taluni, deludente per altri e coerente per l'Inter. Beppe Marotta e Piero Ausilio sono stati di parola: acquisti in caso di necessità e in caso di occasioni; cessioni solo se qualcuno decide di lasciare Milano. Ed è andata proprio così. Satriano è andato a cercare minutaggio in Francia, Sensi a Genova e Kolarov ha scelto di dire addio definitivamente. Per tre separazioni, due nuove relazioni. Anello di fidanzamento per sei mesi con Caicedo, giunto a potenziare il reparto offensivo orfano per un po' non solo del giovane uruguaiano ma anche di Correa infortunato. E anello di matrimonio con Gosens, presente e futuro della fascia sinistra nerazzurra sulla scia mai dimenticata di Brehme.

Inzaghi può essere soddisfatto. L'Inter non doveva fare grossi movimenti a gennaio, semmai puntellare qua e là con inserimenti funzionali. Gosens è un ottimo affare, perché se è vero che per il momento è indisponibile e che arriva da 4 mesi di infermeria, è altrettanto vero che quello sull'ex atalantino appare soprattutto un investimento in chiave futura, anche considerando l'incognita relativa al rinnovo di Perisic. Dimarco, dunque, scala definitivamente tra le alternative di difesa e il croato ha un backup di grande livello sulla sinistra. Non banale. Così come non è banale l'arrivo di Caicedo, che offre al tecnico nerazzurro un po' di respiro nel reparto avanzato, troppo spesso ai limiti della carestia e dopo anni di vacche magre. I viaggi di Sanchez, i cartellini di Lautaro e soprattutto le condizioni fisiche di Correa hanno suggerito il salvagente ecuadoriano, un elemento che Inzaghi conosce benissimo e che non farà fatica ad ambientarsi in una squadra che funziona e che gioca molto per le punte.

Impossibile, però, non offrire anche uno sguardo d'insieme ai movimenti della Serie A e, in particolare, a quelli della Juventus, regina indiscussa di questo mercato. Polemiche a fiotti generate dalle parole di Daniele Adani che, come spesso gli capita, è andato controcorrente sulla narrazione a suo dire eccessivamente morbida sulla stagione dei bianconeri. Adani sottolinea la forza della rosa a disposizione di Allegri e mette alla gogna comunicatori pavidi e appecorati: "Questa è la Juve - ha detto alla BoboTV elencando i calciatori -. Quindi questa squadra è uno scandalo che sia quinta quando manca un terzo del campionato. Questa squadra è uno scandalo che faccia zero tiri in porta a San Siro. Questa squadra qua, quella che ha messo Vlahovic, è uno scandalo. Se voi non dite che è uno scandalo siete dei disonesti, dei bugiardi, dei falsi, dei servi. Non siete giusti! Perché questa squadra, che è quinta senza tirare in porta a San Siro, mai accaduto nella sua storia che la Juventus non tira in porta a San Siro, è uno scandalo del gioco, è un insulto al gioco. Ed ora io devo sentire che con Vlahovic questa squadra deve arrivare quarta? Ma voi state offendendo la verità. E qua, sulla BoboTV, la verità vi arriva in faccia, nei denti. Se la volete sentire o no. Perché qua si parla di calcio in maniera libera e giusta. E non siamo servi di nessuno. Quarta questa squadra che aggiunge Vlahovic? Vlahovic, in un calcio di proposta, quello di Italiano, e in un calcio di non proposta, quello dell’anno scorso, fa un gol a partita. E la Juve deve arrivare quarta?". Frasi derubricate a sfogo da alcuni, magari frutto degli attriti passati con Allegri. In realtà, una disamina lucida. Aspra nei toni, ma lineare. Con senso. Coerente, proprio come il mercato dell'Inter. Lo scandalo, semmai, è continuare a sfruttare la comunicazione per tentare di accontentare tutti, senza mai prendere parte per paura di perdere posizioni privilegiate. Un malvezzo molto italiano. Una concessione che però non può permettersi chi dovrebbe essere osservatore terzo e analista indipendente. Non commette errori chi sottolinea tale manchevolezza.
"So che stai prendendo bastonate da tutti ma il primo che attraversa il muro è sempre insanguinato.

Sempre.

Si sentono minacciati, non è solo un modo di fare affari, nella loro mente è una minaccia per tutto lo sport ma in realtà è una minaccia per la loro sussistenza, il loro lavoro, una minaccia per il modo in cui fanno le cose, e ogni volta che questo succede, sia un governo, siano affari o qualsiasi altra cosa, le persone che tengono le redini, che hanno la mano sul cambio vanno fuori di testa".

(Moneyball, B. Miller, 2011)
Sezione: Editoriale / Data: Mar 01 febbraio 2022 alle 00:01
Autore: Alessandro Cavasinni
vedi letture
Print