Benvenuto, Frank de Boer. Benvenuto all’Inter. Ci saranno mesi e anni (Simeone permettendo) per commentare e analizzare il suo operato sulla panchina nerazzurra, ma questa volta, per l’ultima, non si può non parlare di chi quella panchina gliel’ha lasciata a pochi giorni dall’inizio del campionato e di come il predecessore dell'olandese se ne sia andato lasciando dietro di sé un flop.
Un enorme flop.
E’ bruttissimo dover scrivere queste parole accostandole a Mancini, ma non deve essere un tabù dire che lo jesino nella sua seconda esperienza all’Inter è stato il più grande flop dell’era post-Moratti. E non ci sono Mazzarri che tengano. Tornato a Milano come il Figliol Prodigo, tutto quello di buono che aveva accompagnato il suo arrivo è svanito a poco a poco lasciando spazio ad una separazione spiacevole per tempi e modi in cui essa è arrivata, nonostante ci si sia subito apprestati a dire che la separazione fosse stata consensuale e definita in totale serenità.
La realtà dei fatti è che Mancini considerava questa sua esperienza all’Inter alla stregua di una partita a Football Manager e quando gli è stata bloccata l’opzione “fai il mercato” si è stufato, salutando baracca e burattini. Forse, e dico forse, questa opzione non gli è stata più concessa perché quando ha avuto la possibilità di agire sul mercato ha collezionato figurine che però non è stato in grado di schierare in campo, cosa che dovrebbe essere prioritaria per un allenatore normale.
Avete mai provato a schierare la formazione migliore con gli undici acquisti voluti ed effettuati da Mancini? Se non lo avete fatto, proviamo insieme. Unico uomo impossibile da cambiare in questo undici è Handanovic, ma solo perché non si può comprare un portiere diverso ogni sei mesi. Per il resto i nerazzurri potrebbero scendere in campo così: Santon, Murillo, Miranda, Telles; Kondogbia, Brozovic; Shaqiri, Banega, Perisic; Jovetic. E in panchina i cambi sarebbero, sempre e solo rimanendo nel novero degli acquisti del giocatore di Football Manager, Felipe Melo, Montoya, Erkin, Ansaldi, Candreva, Podolski, Eder e Biabiany. Non una squadra da buttare. Sarebbe bellissimo vedere cosa avrebbero fatto a rose invertite Mancini e Sarri, ad esempio, ma purtroppo non lo sapremo mai, anche se personalmente il dubbio che nulla sarebbe cambiato lo nutro e lo coltivo da molto tempo.
Vero, non tutti i sopra citati erano prime scelte del tecnico jesino, però se sono stati portati a Milano il suo avallo c'è stato necessariamente e dunque se al posto di Salah è arrivato Jovetic è perché comunque anche Mancio pensava che avere il montenegrino sarebbe stato comunque utile alla causa. Un esempio che calza anche con altre situazioni di mercato verificatesi nell'ultimo anno e mezzo in casa nerazzurra.
Poi però è arrivato quel cattivone di Kia Joorabchian e il Mancio non ha più potuto fare ciò che preferiva: il manager all'inglese.
Nessuna chiamata era più concessa, nessun desiderata in lista. Ecco dunque che si inizia con la campagna negativa nei confronti di uno dei migliori agenti al mondo. Va però sottolineato come il suddetto Joorabchian con l’Inter sta trattando Joao Mario, ancora non ufficiale il suo trasferimento, e Gabigol nelle vesti di intermediario. Gli altri acquisti della sessione sono tutti completamente scissi dalla figura dell’agente, fra gli altri, di Tevez: Candreva è di Federico Pastorello, ottimo agente, ma che con Joorabchian non ha nulla a che fare; Banega è di Marcelo Simonian, Caner Erkin è di Batur Altiparmak e Cristian Ansaldi è della coppia Culasso-Aldave. Gente che Joorabchian lo conosce come collega, non come uomo di mercato dell’Inter. E gli autori delle sopra citate trattative sono stati 'interni' alla dirigenza, Piero Ausilio e Javier Zanetti. Chi più, chi meno, caso per caso.
E poi, sia chiaro, avere un intermediario non è un crimine: molti grandi club se ne servono, la stessa Inter lo fa, solo che, evidentemente, questo intermediario nel caso specifico non era gradito al tecnico (si vocifera di antiche ruggini legate alle problematiche con Tevez ai tempi del City) ed è stato indicato tra le ragioni del divorzio voluto da Mancini. Joorabchian, incaricato da Suning, avrebbe dovuto fare l’intermediario, Mancini l’allenatore. Sacrilegio! Come si può chiedere ad un allenatore di allenare una squadra sul campo e basta? Risposta: perché quando ha agito sul mercato, di quei 18 acquisti sopracitati, solo due/tre hanno reso per quanto valgono, e non necessariamente perché siano dei bidoni, ma perché non messi nelle condizioni tattiche migliori per le loro caratteristiche. Tutti lo avevano capito, anche chi è arrivato per ultimo.
Proprio Ansaldi nella conferenza stampa non è andato per il sottile dicendo che era giusto cambiare allenatore, come a dire che lo spogliatoio si era accorto dell’insofferenza di Mancini e l’empatia era terminata. Inutile protrarre qualcosa che era finito già a giugno.
Serviva serietà, invece della serenità.
Che poi, serenità… Continue frecciate al presidente sul mercato, continui no comment e continue spallucce per far capire che ci fosse qualcosa che non andava sebbene a parole si dicesse il contrario. Bastava semplicemente chiudere tutto alla fine della stagione, al massimo prima degli Stati Uniti. Invece no, si è dovuto protrarre troppo, estenuare la pazienza dei tifosi e della dirigenza, in primis del presidente. Thohir non è come gli sceicchi del Manchester City che aprono il portafoglio senza chiedere perché o per come, qui c’è un bilancio da seguire e sentirsi sempre bersaglio di attacchi verbali, nemmeno troppo celati del proprio allenatore, dà fastidio.
L’ex tecnico nerazzurro ha tirato troppo la corda e questa si è spezzata. Non ci sono tifosi che lo possano supportare a sufficienza, nemmeno i risultati lo hanno potuto aiutare. Questo è stato l’epilogo inevitabile di chi, in una stagione e mezza, ha proclamato tanto, richiesto e ottenuto altrettanto, ma ha conseguito molto meno di quanto aspettato. Questo è un flop, da qualsiasi lato la guardi. Questo di Roberto Mancini è il grande flop.
Autore: Gianluca Scudieri / Twitter: @JeNjiScu
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