L’ultima volta in cui José Mourinho mise piede nella sala conferenze di San Siro dopo una partita dell’Inter risale al 23 aprile 2022, dopo il 3-1 con cui i nerazzurri superarono la sua Roma facendo un passo che sul momento sembrava decisivo verso il Tripletino, normale il diminutivo in presenza del condottiero di quello autentico. Piazzata in bacheca la Supercoppa italiana battendo la Juve a gennaio, infatti, i nerazzurri si misero nelle condizioni ideali per il rush finale della stagione diventando gli ovvi favoriti sia per la vittoria dello scudetto che della Coppa Italia. Il famigerato scivolone arrivato 4 giorni dopo a Bologna, come noto, impedì la tripletta a livello nazionale a Simone Inzaghi, che si ‘fermò’ a due trofei nel suo primo mandato da allenatore della Beneamata mettendosi sul petto anche la coccarda battendo in finale ancora Max Allegri.
Tornando a quell’Inter-Roma, José Mourinho seppe intrattenere più di una cinquantina di giornalisti con quella sua abilità impareggiabile a livello comunicativo che lo ha contraddistinto nel corso della carriera. In particolar modo rispondendo a una domanda apparentemente innocua sul coro che tutto lo stadio gli dedicò ricordando i suoi anni gloriosi milanesi: "Il coro mi è piaciuto perché è arrivato quando i tifosi non hanno più avuto paura di noi. Non nel 1', non nel riscaldamento, ma è partito quando hanno tirato un sospiro di sollievo perché non è stata una gara facile per l'Inter", la sottolineatura dello Special One, che in un solo colpo strizzò l’occhiolino a entrambe le tifoserie. Il riferimento era al finale di partita quando i giallorossi provarono a riaprire una gara strachiusa con il gol di Mkhitaryan (a volte ritornano, ma con la maglia diversa) dopo il dominio assoluto dei padroni di casa che era stato tradotto nel 3-0 in 52’.
In quell’occasione, il Vate di Setubal riconobbe la netta superiorità della sua ex squadra, esattamente come fatto nelle scorse ore quando ha definito l’Inter "una squadra che dovrebbe vincere lo scudetto con venti punti di vantaggio". Tecnica arcinota usata da Mourinho, quella di mettere tutto il peso della gara sulle spalle degli sfidanti. Così come, all’inverso, quella di togliere pressione ai suoi giocatori, nel caso specifico a quel Romelu Lukaku che alla Scala del Calcio avrà un’accoglienza non proprio amichevole per usare un eufemismo. "Non pensavo che Lukaku fosse così importante a Milano, i titoli che ha vinto con quella squadra sono stati vinti da più di 200 giocatori nella storia dell'Inter. Sarà interessante da vedere, il trasferimento di Lukaku dall'Inter alla Roma è considerato un dramma, mentre Calhanoglu che passa dal Milan all'Inter è visto come una meraviglia... Cannavaro e Vieri fecero cose simili ma non ci furono problemi. Non pensavo che Lukaku fosse entrato così tanto nel cuore di una società come l'Inter, è una sorpresa per me", le esatte parole con cui il portoghese ha eretto un muro attorno al suo totem per respingere i fischi che pioveranno dagli spalti domenica sera. Una delle dichiarazioni meno interiste di Mourinho, che probabilmente sa di potersi permettere anche certe punzecchiature per tutti i trofei portati in bacheca quando era alla guida dell'Inter. "Io sono un amico dell'Inter, per 90' sono stato nemico. Io posso venire qui e fare il fenomeno, ma oggi volevo vincere e con questa mia mentalità l'Inter ha vinto quando c'ero io. E' bello sentire che la gente non dimentica, che sono il benvenuto anche da avversario”, disse Mourinho quel 23 aprile. Un anno e mezzo il sentimento di venerazione dei tifosi interisti resterà immutato nei suoi confronti?
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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