Si torna nel Tempio. A metà. Ma mai come questa volta si tratta di una dolce metà. Il popolo è invitato a provare lo schieramento a scacchiera per amore della Beneamata. Fascinosa, vestita di nero e blu, le sbaviamo dietro dal lontano 1908. Oggi torna in scena con la patente della più bella di tutte, visto che il dècolletè sarà impreziosito da un triangolo tricolore chiamato scudetto, il diciannovesimo di una storia che non appassisce. C'è sempre una prima volta, ma oggi è più prima che mai. Si torna nel Tempio dopo un anno e mezzo a contorcersi su un divano, a esultare braccia tese al lampadario, guardando uno schermo o ascoltando una radio. Non per colpa del lupo cattivo, ma perché una maledetta pandemia ha voluto così. Si torna a cantare, a sbandierare, a respirare il profumo dello stadio che gli interisti hanno riempito più di tutti negli anni precedenti il covid, e che ora torna a concedere parte dei suoi meravigliosi angoli.
L'Inter è campione d'Italia in carica, la cavalcata della scorsa stagione è stata accompagnata dalle urla del silenzio, ma quel silenzio ha fatto così tanto rumore che i giocatori sono riusciti comunque a volare verso il sospirato traguardo. Oggi contro il Genoa, la squadra italica più antica e quindi meritevole del massimo rispetto, inizia una nuova stagione che, un po', mette paura. La cassa di famiglia piange, la proprietà non chiarisce, ma decide di vendere. Il costruttore di scudetti, alias Antonio Conte, annusa l'aria e saluta anzitempo. Lo accompagna l'interista per antonomasia, Lele Oriali. Via anche due pezzi da novanta come Bip Bip Hakimi e Big Rom Lukaku. Aiuto, al caldo estivo si unisce l'ansia e pure un po' di depressione. Ma non si doveva aprire un ciclo? Non si doveva schiacciare tutti? C'è crisi, per tutti. Nel calcio, poi.
Ma all'Inter non si fa nulla per nasconderlo e si passa la scure. Per fortuna in Viale della Liberazione, dove si erge imponente la sede del club nato sotto l'ombra protettiva del Duomo milanese, ci sono ancora degli artisti come in quel lontano 1908, in quel suggestivo ristorante chiamato l'Orologio. Gli artisti del nostro tempo si chiamano Giuseppe Marotta e Piero Ausilio, che, invece di salutare anche loro, in quattro e quattr'otto piazzano i colpi che restituiscono ossigeno al beneamante stordito. Lukaku va dove voleva andare fin da bambino? Buone fiabe Romelu, all'Inter arriva uno po' meno potente, ma anche meno confuso su cosa voglia dire professionismo e serietà. Edin Dzeko, uno che anche a 35 anni suonati, a pallone ci sa giocare, eccome. In porta ci si arriverà con meno impeto e più armonia. L'importante sarà arrivarci. Con Bip Bip Hakimi ci arrivavi quando ancora dovevi accendere la Tv, ora con Denzel Dumfries, magari avrai il tempo di mettere il canale giusto, ma poi siamo li. È un attimo anche per il nazionale olandese. Christian Eriksen è il miglior acquisto. Per ora alla vita. Magari fra qualche mese ce lo ritroveremo con la sacra maglia a spiegare calcio. Intanto c'è lui, Hakan Cahalanoglu. Turco dalla faccia simpatica e dal piede vellutato, capaci di scatti letali e tiri all'incrocio. Viene dall'altra parte del Naviglio e la cosa eccita alquanto, pensando alla data del derby. Arriverà, prima della fine del mercato, anche un altro attaccante, mentre Lautaro sta per firmare un sospirato rinnovo di contratto. Insomma buoni ingredienti che si aggiungono ad una difesa e un centrocampo che non teme confronti.
Sarà fondamentale il ruolo dello Chef. Quello nato in Salento era specializzato nel piatto nostrano, di tradizione, che raggiunge il massimo del gusto dopo le le trentotto tappe di un campionato. Ora tocca a Simone Inzaghi da Piacenza barcamenarsi nella affascinante cucina nerazzurra. Ragazzo splendido, le idee non gli mancano, sul campo è bravo vero e lo ha dimostrato in cinque anni interessantissimi sulla panchina della Lazio, unica squadra capace di vincere dei trofei nell'epoca della dittatura juventina. Ora, l'attuale tecnico dell'Inter ha la grande chance per la definitiva consacrazione. Marotta lo ha voluto a tutti i costi, Simone sa che l'obiettivo non può essere il quarto posto, ma... "Seconda stella a destra, questo è il cammino...". Va bene, basta parole, basta rimpianti. Spazio ai sogni.
Ore 18.30, fischio di inizio di Inter-Genoa. Inizia il campionato. C'è sempre una prima volta, ma questa sembra la più prima di tutte.
L'Inter è campione d'Italia in carica, la cavalcata della scorsa stagione è stata accompagnata dalle urla del silenzio, ma quel silenzio ha fatto così tanto rumore che i giocatori sono riusciti comunque a volare verso il sospirato traguardo. Oggi contro il Genoa, la squadra italica più antica e quindi meritevole del massimo rispetto, inizia una nuova stagione che, un po', mette paura. La cassa di famiglia piange, la proprietà non chiarisce, ma decide di vendere. Il costruttore di scudetti, alias Antonio Conte, annusa l'aria e saluta anzitempo. Lo accompagna l'interista per antonomasia, Lele Oriali. Via anche due pezzi da novanta come Bip Bip Hakimi e Big Rom Lukaku. Aiuto, al caldo estivo si unisce l'ansia e pure un po' di depressione. Ma non si doveva aprire un ciclo? Non si doveva schiacciare tutti? C'è crisi, per tutti. Nel calcio, poi.
Ma all'Inter non si fa nulla per nasconderlo e si passa la scure. Per fortuna in Viale della Liberazione, dove si erge imponente la sede del club nato sotto l'ombra protettiva del Duomo milanese, ci sono ancora degli artisti come in quel lontano 1908, in quel suggestivo ristorante chiamato l'Orologio. Gli artisti del nostro tempo si chiamano Giuseppe Marotta e Piero Ausilio, che, invece di salutare anche loro, in quattro e quattr'otto piazzano i colpi che restituiscono ossigeno al beneamante stordito. Lukaku va dove voleva andare fin da bambino? Buone fiabe Romelu, all'Inter arriva uno po' meno potente, ma anche meno confuso su cosa voglia dire professionismo e serietà. Edin Dzeko, uno che anche a 35 anni suonati, a pallone ci sa giocare, eccome. In porta ci si arriverà con meno impeto e più armonia. L'importante sarà arrivarci. Con Bip Bip Hakimi ci arrivavi quando ancora dovevi accendere la Tv, ora con Denzel Dumfries, magari avrai il tempo di mettere il canale giusto, ma poi siamo li. È un attimo anche per il nazionale olandese. Christian Eriksen è il miglior acquisto. Per ora alla vita. Magari fra qualche mese ce lo ritroveremo con la sacra maglia a spiegare calcio. Intanto c'è lui, Hakan Cahalanoglu. Turco dalla faccia simpatica e dal piede vellutato, capaci di scatti letali e tiri all'incrocio. Viene dall'altra parte del Naviglio e la cosa eccita alquanto, pensando alla data del derby. Arriverà, prima della fine del mercato, anche un altro attaccante, mentre Lautaro sta per firmare un sospirato rinnovo di contratto. Insomma buoni ingredienti che si aggiungono ad una difesa e un centrocampo che non teme confronti.
Sarà fondamentale il ruolo dello Chef. Quello nato in Salento era specializzato nel piatto nostrano, di tradizione, che raggiunge il massimo del gusto dopo le le trentotto tappe di un campionato. Ora tocca a Simone Inzaghi da Piacenza barcamenarsi nella affascinante cucina nerazzurra. Ragazzo splendido, le idee non gli mancano, sul campo è bravo vero e lo ha dimostrato in cinque anni interessantissimi sulla panchina della Lazio, unica squadra capace di vincere dei trofei nell'epoca della dittatura juventina. Ora, l'attuale tecnico dell'Inter ha la grande chance per la definitiva consacrazione. Marotta lo ha voluto a tutti i costi, Simone sa che l'obiettivo non può essere il quarto posto, ma... "Seconda stella a destra, questo è il cammino...". Va bene, basta parole, basta rimpianti. Spazio ai sogni.
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