Walter Samuel si racconta: da pochi mesi al Basilea dopo tanti anni vissuti con la maglia dell’Inter, l’esperto difensore argentino parla ai microfoni della Basler Zeitung, quotidiano della città elvetica, raccontando le sue prime impressioni sulla nuova realtà e non solo. Ecco le parole di The Wall:
Samuel, cosa l’ha sorpresa maggiormente di questi primi mesi a Basilea?
“Sapevo che il calcio svizzero era buono. Tuttavia, mi hanno colpito la difficoltà del campionato, il modo di giocare veloce e anche i talenti che giocano qui, che sono numerosi”.
Qual è il compagno che l’ha sorpresa maggiormente?
“Direi Taulant Xhaka: è molto versatile e mostra sempre grandi doti, a prescindere dalla posizione in cui viene impiegato. Direi che potrebbe giocare tranquillamente anche in Serie A”.
E il Basilea in Italia che posizione occuperebbe?
“Potrebbe stare tranquillamente nella prima metà della classifica. Forse non sarà al livello di Juventus e Roma, ma con le altre squadre se la gioca”.
Perché ha scelto il Basilea?
“Ho avuto un’offerta dalla Sampdoria, ma, pur non avendo niente contro questo club, l’idea non mi convinceva. Anche perché in Italia avevo già conseguito tutto quello che potevo con Roma e Inter. Quindi è stato naturale per me scegliere un’esperienza all’estero. Anche se non mi aspettavo la chiamata del Basilea, non c’erano mai stati dialoghi. Per cui, è stata una piacevole sorpresa”.
Come è arrivato qui? Grazie al suo agente?
“No, non ho procuratori. E’ stato un mio amico che ha parlato col club, nel giro di pochi giorni ha messo tutto a posto senza che nulla filtrasse pubblicamente. E’ stato un segnale forte che mi ha fatto accettare la proposta, e poi è stato anche il pretesto per me e la mia famiglia per provare qualche nuova esperienza. Un’avventura? Non so se sia giusto chiamarla così, non è semplicemente un club, è il Basilea, una squadra nota in tutta Europa. Lo stesso Zdravko Kuzmanovic, mio compagno all’Inter, ha detto che in futuro tornerebbe volentieri in questo club; come ha saputo la notizia del mio trasferimento, mi ha chiamato per farmi i complimenti”.
Insolito, nel calcio di oggi, non avere agenti.
“L’ho avuto fino a quattro anni fa, poi ho scoperto che posso gestirmi da solo, senza l’aiuto di nessuno, al massimo dei miei amici”.
Dopo la sconfitta col Real Madrid in Champions League, lei è stato criticato per l’età, che è diventata un problema.
“E’ normale, quando si hanno 36 anni e non si gioca bene. Ma non sono preoccupato, con l’Inter l’anno scorso ho giocato 15 partite negli ultimi sei mesi e son sempre stato bene. Anche in Italia poi sono stato criticato, ma anche elogiato. L’unica cosa che mi resta fare è lavorare sodo, senza alzare la voce. Questa è l’unica cosa da fare per migliorare, l’unica cosa che prometto di fare”.
Qual è il suo bilancio personale?
“Non sono molto contento di me. Con lo Young Boys è andata bene perché mi sentivo bene. Ho saltato tutta la preparazione, ma non voglio usarla come scusa per il mancato impiego; chiaro poi che per me giocare tanto è meglio, anche se so che non ci sono garanzie di impiego per nessuno, specie in mezzo alla difesa dove Fabian Schär e Marek Suchy stanno facendo un ottimo lavoro”.
Come interagisce con Schär, quando siete in campo?
“Non parlo tedesco, questo deve essere il prossimo passo per me, anche se mi hanno avvertito che è una lingua molto difficile. Con Fabian parlo un po’ con le mani e un po’ col poco di inglese che so, perché comunque il linguaggio del calcio è internazionale, o così si dice. Però nello spogliatoio non potremmo parlare a lungo. Se mi spiace non aver imparato l’inglese? Molto, ci ho provato tante volte ma non ne sentivo il bisogno e ho sempre rinunciato. Ora devo riprovarci il prima possibile”.
Ha detto che le critiche le ha vissute anche in Italia.
“Sì, ma lì i fischi si propagano dalla partita fino al campo di allenamento. In Svizzera la gente si comporta in maniera più civile, nessuno sin qui mi ha fatto pressione e posso girare tranquillo per la città sempre. E mi piace”.
Come si sente dopo due decenni nel calcio professionistico?
“Va tutto bene. Se non posso allenarmi come succede ultimamente non è per l’età, ma sono contento di giocare ancora e voglio godermi quest’anno a Basilea”.
Solo un anno?
“Non lo so ancora. Ma so che il Basilea sarà la mia ultima squadra”.
E dopo?
“Voglio studiare, capire se posso diventare bravo come allenatore. Gestire una rosa intera è diverso dal preparare una partita, ho molto rispetto di questo lavoro. Ho il vantaggio di avere appreso qualcosa da grandi allenatori, su tutti Marcelo Bielsa ma anche José Mourinho”.
Ma cosa rende così speciale Mourinho?
“Riesce come pochi altri a creare un gruppo affiatato. A molti sembra una persona arrogante, specie quando parla ai media, ma lo fa per togliere pressione ai giocatori”.
Lei ha avuto anche Maradona come ct.
“Sì, al Mondiale 2010. E’ stato qualcosa di speciale per noi, perché lui era un idolo, il numero uno in assoluto. Il nostro rispetto per lui era enorme. Ha lavorato bene, poi c’è stata quella partita con la Germania. Parlava di tattiche, ma ci dava soprattutto grandi motivazioni”.
Com’è la Svizzera? E’ riuscito a vedere qualcosa?
“A parte il Ticino, che avevo visitato quando giocavo a Milano, ho visto poco. Sono stato di recente a Lucerna, poi a Friburgo. Ma se avrò tempo, certamente visiterò altri posti”.
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