"Padre poliziotto, poi salumiere, mamma casalinga, io e due fratelli, tutti interisti". A tracciare l'identikit familiare è Mimmo Caso, ex centrocampista tra le altre dell'Inter (con cui ha vinto lo scudetto nel 1980) e protagonista di un'intervista con La Gazzetta dello Sport. 

Pandolfini detto Caviglione per via delle portentose caviglie a canotto, eccellente mezzapunta negli anni 50, Fiorentina, Roma, Inter, anche 9 gol in Nazionale, poi formatore di tanti giovani calciatori.
"Al debutto in A, con la Fiorentina a diciotto anni, Pandolfini mi disse: “Ragazzo, stai attento a quello che fai perché certe carriere finiscono presto”. (Ride) Non è il massimo per incoraggiarti, no? Era diretto, senza fronzoli, ma leale, sincero, un maestro. In viola ci sono rimasto sette stagioni con grandi calciatori come Antognoni, Desolati, Roggi, è stato il periodo più bello".

Nella sua carriera ha avuto fior di allenatori.
"Liedholm, un esempio di stile. In campo poteva succedere di tutto, lui era una sfinge, altro che gli allenatori di oggi che si agitano come tarantolati. Radice un innovatore, aveva idee avanti di vent’anni. Di Rocco ricordo la personalità magnetica, gli bastava uno sguardo per farsi capire, era un mago nel gestire il gruppo. All’Inter ho trovato Bersellini. Umiltà, intelligenza, competenza: lo ricordo con grande affetto. Siamo stati l’ultima squadra tutta italiana a vincere lo scudetto prima della riapertura delle frontiere. C’erano Altobelli e Beccalossi, due simpatici matti amicissimi, Baresi, Oriali, Bordon, più tardi ho visto debuttare Bergomi: una generazione di campioni. Potevamo vincere anche la Coppa dei Campioni, ci siamo fermati in semifinale, eliminati dal Real Madrid".

Sezione: Ex nerazzurri / Data: Mer 24 settembre 2025 alle 15:23
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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