Quarti di finale di Champions League raggiunti con merito come ribadito a più riprese anche da Xavi e Sergio Conceiçao, semifinali di Coppa Italia idem (e qui si ringraziano i match winner Acerbi e Darmian), Supercoppa Italiana già messa in bacheca con tanto di 3-0 rifilato al Milan, campionato... per dirla alla Inzaghi, "dobbiamo lavorare meglio". Dieci sconfitte in ventotto giornate sono lo score impietoso di una stagione tanto bizzarra da lasciarci ancora oggi con mille dubbi: a giugno sarà tutto da buttare? Nel precedente del 2011-2012 l'Inter, che passò da Gasperini a Ranieri e infine a Stramaccioni, si era fermata in Champions agli ottavi di finale e in Coppa Italia ai quarti, finendo sesta in campionato. Nel 1998-1999, la famosa annata dei quattro allenatori Simoni, Lucescu, Castellini e Hodgson, la squadra si fermò proprio ai quarti di Champions e alle semifinali di Coppa Italia, arrivando alla fine ottava. Stavolta il peso è tutto sulle spalle di Inzaghi. Ma se l'Inter non avesse perso quelle dieci partite oggi i giudizi sul tecnico sarebbero diversi e oggi staremmo parlando di una stagione stellare.

Giunti oramai a ridosso della Pasqua, i nerazzurri proseguono la loro discesa negli inferi senza però dare segnali di voler uscirne. Contro la Fiorentina la palla gol ciccata clamorosamente da Lukaku a un metro dalla porta sguarnita è la fotografia della stagione degli inzaghiani, che su azione non segnano dallo scorso 5 marzo (2-0 al Lecce). Nel primo tempo, fra le altre occasioni, in molti hanno criticato l'egoismo di Mkhitaryan, ma chissà che l'armeno non passandogli quel pallone non abbia voluto fare apposta un favore al belga. Dumfries che cade è parte fissa della scaletta, che non prevede cambi nella trama né colpi di scena: lo spettacolo per i 75.000 paganti e per chi segue il match da casa è sempre il solito, dal 3-5-2 al tridente, passando per le occasioni sprecate, uno o due gol subiti, il ruolo spaesato di Correa, le proteste di Lautaro, la svogliatezza di Brozovic, l'incredulità di Barella. A fine partita parla il mister: "Lukaku ha la testa al mercato? Chiedetelo a lui. Ma con due gol parleremmo di un Romelu eccezionale".

Eppure la prestazione è stata migliore rispetto a quella contro la Juventus. Il bicchiere insomma è sempre mezzo pieno e per risolvere la questione basta poco: quel fare meglio, "io per primo", che vuol dire tutto o nulla, accompagnato dai tantissimi "se" ad aprirci gli occhi su ciò che non è accaduto ma sarebbe potuto accadere e su come le critiche possano giustamente e facilmente essere scambiate con gli elogi. L'Inter, che non ha mai vinto con i condizionali, appare stanca di trovarsi sul baratro di una monotonia di gioco e di argomenti che scontenta in primis i giocatori, quindi i tifosi e, naturalmente, la dirigenza. Che attenderà forse il finale di stagione per cambiare il timoniere, a meno di un miracolo (si dice), visto quel faro rimasto acceso che ha il nome di Champions League. Inzaghi riuscirà a invertire la rotta? Fino ad oggi, dove allena lui "aumentano i ricavi, dimezzano le perdite e arrivano i trofei". La speranza per il futuro dell'Inter è che almeno l'unico dato di fatto rimasto in difesa dell'attuale tecnico venga confermato anche quest'anno. Senza bisogno di dover aggiungere ulteriori "se".

Sezione: Editoriale / Data: Lun 03 aprile 2023 alle 00:01
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DanieleAlfieri7
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