Piove su Milano, piove discretamente, ma piovono anche lacrime di gioia perché il popolo nerazzurro ha vissuto una delle serate più indimenticabili della sua storia. L'Inter torna a giocarsi una finale di Champions due anni dopo la delusione di Istanbul, e lo fa dopo aver piegato la resistenza indomita del Barcellona al termine di una partita epica, da tramandare di padre in figlio fino ai nipoti. 

Sarà retorica, ma dove non è riuscita ad arrivare con la tecnica, la tattica e l'energia, la squadra di Simone Inzaghi è arrivata con un cuore grande così, o con los huevos, per essere meno eleganti. Ed è stato questo a fare la differenza contro i fortissimi catalani che, con un secondo tempo di pura accelerazione, avevano cancellato gli entusiasmi della prima frazione, conclusa dai padroni di casa avanti di due reti in perfetta applicazione della strategia. 

Inutile nascondersi, dopo la rete del 3-2 di Raphinha in pochi avrebbero scommesso anche solo un centesimo della disputa dei tempi supplementari. Invece eccolo, il cuore (o los huevos), incarnato dal 37enne Acerbi che si getta nell'area di rigore avversaria come Lewandowski, come se non ci fosse un domani. Perché in effetti un domani non c'era più. Un gol di rapina che ha costretto di blaugrana a rimettere il tappo nello champagne, risistemando la bottiglia nel frigorifero. 

Probabilmente Flick pensava che altri 30 minuti sarebbero stati sufficienti per trovare ancora il gol e vincere la partita, dopotutto l'avversario era sulle gambe e faceva fatica anche a superare la metà campo. Quanto talento tra i catalani, ne hanno sfoggiato a dismisura anche nella scala del calcio e l'idea che abbiamo un'età media così bassa fa impallidire pensando al futuro. Ma non è bastato perché quando incrociano l'Inter la loro logica va sempre a farsi benedire. 

Proprio Davide Frattesi, quello dei gol pesanti, quello forse tra i meno tecnici in campo, ha firmato la rete che ha mandato in Paradiso, partendo dall'Inferno e passando dal Purgatorio, la squadra nerazzurra. Davide contro Golia, inevitabile che l'avrebbe spuntata il primo con un colpo di fionda all'improvviso. Lo dicono le Sacre Scritture, impossibile contraddirle.

Si torna a Monaco di Baviera, perché l'Inter se l'è meritato. La storia non è ancora finita, c'è un ultimo capitolo da scrivere. Con il cuore. O los huevos, fate voi.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 07 maggio 2025 alle 00:44
Autore: Fabio Costantino
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