Era il 21 novembre del 1988. La competizione era la Coppa Uefa, il turno erano gli Ottavi di finale, lo stadio era l’Olympiastadion di Monaco, l’avversario era il Bayern. Un Bayern fortissimo, squadra sempre ai vertici del calcio europeo, con grandi giocatori come Thon, Augenthaler, e i bomber Wohlfart e Wegmann, decisivi, poi, nel ritorno di Milano. Una squadra, quella di Jupp Heynckes, che due anni prima, aveva sfiorato la Coppa dei Campioni, venendo battuto da due vecchie conoscenze nerazzurre, che militavano nel Porto, ovvero Madjer e Juary, eroi della finale di Vienna. Per i tifosi interisti uno dei tanti eroi, rimasti nel cuore, per il suo spirito di sacrifico e per il suo amore incommensurabile per i colori nerazzurri ( e per il fatto che tirasse sempre frecciate contro gli odiati rivali) è senza ombra di dubbio Nicola Berti. Indimenticabile la sua cavalcata di oltre 60 metri per battere il portiere tedesco Raimond Aumann. Un gol che è entrato nella storia, nell’immaginario di tutti i tifosi nerazzurri, che in quella lunga corsa di Berti vedono tutte le qualità calcistiche e umane di Nicolino.

Dopo la delusione della gara di andata, il mio pensiero è andato subito a quella sgroppata, accompagnata dalla voce del mitico Bruno Pizzul, una voce talmente sforzata che sembrava che lo stesso telecronista stesse correndo con Berti. Perché, in Baviera, martedì, servirà proprio un’impresa come quella realizzata da Nicola quella sera. L’Inter dovrà immedesimarsi nell’Inter di quel 21 novembre 1988: Julio Cesar dovrà avere le fattezze di Walter Zenga, straordinario nei suoi pochi interventi. Maicon correre e macinare i chilometri come Brehme, Stankovic deve lottare come lo stesso Berti, Sneijder ispirare come Matthäus, ed Eto’o scardinare la difesa come Aldo Serena. Servirà un’Inter battagliera, un’Inter anche data per morta (così come allora), che però vuole cogliere i Quarti di Finale.

Il Bayern di oggi, squadra comunque rispettabilissima, non sembra il Bayern di oltre vent’anni. Una squadra tra le migliori in Europa, che vinceva il campionato un anno sì e l’altro pure e in Europa, come minimo, giungeva ai Quarti di finale delle competizioni europee. Era il tempo in cui gli italiani erano patriottici e si tifava anche per l’Inter. Di questi tempi, solo la metà interista del paese tiferà Inter. L’altra metà sarà divisa tra la speranza che si possa comunque andare avanti in maniera da poter perdere preziose energie (quella a tinte rossonere). Poi ci sarà anche quella fazione di tifosi che, a prescindere, vuole vedere l’Inter soccombere, che sia Italia, Europa o Trofeo Tim.

A noi, però, non interessano queste beghe di condominio, queste rivalità e antipatie. Interessa passare il turno, nel nome di Nick Berti, nel nome della sua corsa, una corsa che racchiudeva la sua lucida follia, la sua spensieratezza e il suo essere guascone. Servirà un’Inter come Berti, per poter espugnare l’Allianz, perché l’impresa è sì difficile, in termini di risultato, ma più che mai possibile.
 

Sezione: Editoriale / Data: Dom 13 marzo 2011 alle 00:02
Autore: Alberto Casavecchia
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