Dopo aver conquistato lo scudetto, Antonio Conte aveva sentenziato: “All'Inter la motivazione deve essere la vittoria, deve entrare nel cervello di tutti. La vittoria deve essere un'ossessione”. Concetto forte, in linea con il carattere del personaggio che allena da sempre con l'elmetto e trasforma le sue squadre in un esercito di soldati pronti ad essere telecomandati dal proprio condottiero. C'è stata molta letteratura sulla bontà del gioco espresso dall'Inter nella scorsa stagione, sulla presunta monotonia di certi movimenti decodificati che l'allenatore imponeva per arrivare a dama, sfruttando le caratteristiche dei suoi assaltatori, come i vari Lukaku, Hakimi e Barella.

In questa stagione, che ha visto ai nastri di partenza un'Inter giocoforza privata di due elementi fondamentali per il trionfo targato Conte, la squadra guidata da Simone Inzaghi non ha modificato il modulo, ma ha cambiato pelle, proponendo un gioco d'attacco molto più accattivante sul piano estetico. Quella che non è cambiata è la voglia di vincere. Sempre. Dopo il successo all'ultimo respiro nei supplementari nella finale di Supercoppa contro la Juventus, la Beneamata ha replicato in Coppa Italia contro l'Empoli, ribaltando la situazione con lo splendido gol di Ranocchia alla scadere dei tempi regolamentari e il sigillo del risorto Stefano Sensi nell'extra-time. E se il successo arriva anche quando la manovra non scorre fluida come d'abitudine, allora vuol dire che veramente il concetto di vittoria sia ormai entrato nei cervelli dei giocatori in maglia nerazzurra.

Come sentenziava Antonio Conte, che di vittorie se ne intende. Simone Inzaghi ha avuto da subito la grande capacità di far suo questo concetto, anche perché lui è in primo a volersi imporre con un grande successo in una piazza prestigiosa come quella nerazzurra, dopo aver fatto capire di essere un predestinato nei cinque intensi anni trascorsi alla Lazio. La partita contro l'Empoli, oltre ad aver regalato nei quarti di Coppa Italia all'Inter un suggestivo incrocio con la Roma di José Mourinho in quel di San Siro, ha riproposto quasi inaspettatamente Stefano Sensi che aveva già i bagagli pronti per il prestito a Genova, sponda blucerchiata. Il ragazzo, subentrato, ha realizzato un gol bello e importante e l'infortunio di Correa ha probabilmente modificato lo scenario. Sensi dovrebbe rimanere vestito di nerazzurro e la cosa non dispiace a Inzaghi che lo ha elogiato dopo la vittoria ottenuta mercoledì scorso.

Stefano Sensi è un talento, lo ha ampiamente dimostrato all'Inter nella prima parte della stagione 2019/2020, guadagnandosi anche la convocazione in Nazionale. Poi, purtroppo, i continui infortuni lo hanno frenato nel decollo definitivo e Sensi ha trascorso un lungo periodo difficile anche sul piano psicologico. Ma il giocatore ha 26 anni e tutto il tempo per tornare a vivere calcisticamente come meriterebbe. Auguri sinceri a lui, a prescindere da quale maglia possa indossare sino a fine stagione.

Intanto, il campionato chiama. Oggi alle 18 a San Siro si gioca Inter-Venezia. La gara, sino a giovedì sera era ad alto rischio per il gran numero di positivi al covid presenti nel club lagunare. Il Venezia ha scelto di non comunicare quanti fossero i calciatori tra i contagiati. Secondo il nuovo protocollo, le partite non si possono disputare con un minimo di nove giocatori positivi su una lista di venticinque. Ma ieri all'ora di pranzo i veneti hanno consegnato alla Lega di serie A la lista dei disponibili e nel pomeriggio il pullman della squadra è partito dal suo centro sportivo per raggiungere Milano. Quindi, salvo nuove positività dell'ultima ora l'Inter, che dovrà recuperare la trasferta di Bologna, ha la possibilità di consolidare il primato in classifica, in attesa di Milan-Juventus che si giocherà domani sera. Due gare nel giro di quarantotto ore sul disastrato prato del 'Meazza'.

Si intervenga prima possibile, perché così gli infortuni sono dietro l'angolo e non va bene. Inter-Venezia sarà l'ultimo ostacolo prima della sosta e di una ripresa a febbraio, da brivido. Derby, quarto di Coppa Italia contro Mourinho, trasferta a Napoli e andata a San Siro degli ottavi di finale di Champions League con il Liverpool. Tutto in dieci giorni. Con la vittoria nel cervello. Come un'ossessione.
Sezione: Editoriale / Data: Sab 22 gennaio 2022 alle 00:01
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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