Natale rende tutti più buoni, si dice, anche se non è vero. È vero che a Natale l'Inter scivola. Esattamente due anni fa assistemmo, da primi in classifica, al karakiri interno contro la Lazio. Il Babbo Natale nerazzurro si chiamava Felipe Melo che regalò ai biancocelesti il rigore che decise la partita. Sabato scorso, contro l'Udinese, mentre il Meazza cantava gioioso Inter Bells, un po' tutti hanno deciso di provare l'ebbrezza di trasformarsi nel barbuto vestito di rosso che in questo periodo dell'anno prova a rendere felici gli altri. L'Udinese, barcollante ma resistente nel primo tempo, è andata all'incasso nella ripresa. Tre punti regalo consegnati ai sorridenti friiulani che hanno interrotto l'imbattibilità della banda Spalletti e, cosa più grave, hanno fatto scivolare l'Inter al terzo posto, complici le vittorie di Juventus e Napoli. Gufi di tutto il mondo, unitevi e festeggiate. Ne avete diritto dopo tanto penare.

Ma perché, al di là del Natale che si diverte a sgambettare la squadra nerazzurra, l'Inter ha perso in casa contro un'Udinese che sulla carta doveva essere invece sconfitta senza troppi problemi? Perché quel secondo tempo inguardabile, dove sono raffiorati antichi difetti che hanno relegato in un angolo certezze ormai acquisite nelle precedenti sedici gare che avevano partorito ben dodici vittorie e quattro pareggi, due dei quali su campi ritenuti impossibili come Napoli e Torino sponda Juventus? Chi vede il bicchiere mezzo pieno pensa ad un semplice incidente di percorso, ad una caduta fisiologica figlia anche della legge dei grandi numeri. Insomma, prima o poi doveva capitare. Altri temono invece che improvvisamente siano venuti alla luce i limiti di una squadra e di un organico, mascherati soprattutto grazie alla bravura di Luciano Spalletti che però non può essere sinonimo di imbattibilità.

Come si dice in questi casi? La verità sta nel mezzo. Sposo questa tesi. L'Inter non era attrezzata per pensare di portare sempre a casa punti, ma nello stesso tempo non è un fuoco di paglia che da qui al termine della stagione farà sorridere gli avversari. Questa è una squadra con una grande dote che si chiama solidità. Fisica e mentale. Il tecnico sta facendo lavoro importante da questo punto di vista, iniziato dal primo giorno del ritiro estivo. L'Inter si poggia su concetti di gioco semplici, ma chiari, in grado di esaltare le caratteristiche dei suoi interpreti. Quando poi gli elementi di maggior classe, dal portiere, alla difesa, passando per il centrocampo, finendo con l'attacco, sono riusciti sempre a tenere la spina attaccata come avvenuto sino al quarantacinquesimo della gara con l'Udinese, i risultati sono arrivati. Senza fortuna e senza presunti aiuti arbitrali, come ha malignato qualcuno che non ci ama. I punti che ha, l'Inter se li è conquistati sul campo, a volte soffrendo, ma sempre con grande volontà e determinazione. Nel secondo tempo di sabato scorso, troppe cose viste con piacere nelle gare precedenti, sono venute a mancare contemporaneamente.

E allora, in quel frangente, è giusto rimarcare cosa manchi per poter portare a casa il risultato anche quando l'orchestra stecca. Manca quel giocatore che riesca ad indirizzare la partita su binari diversi da quelli preparati a tavolino. Manca l'uomo in grado di sfondare centralmente, o in dribbling o di forza. Manca il centrocampista con il gol facile. Spalletti, senza forzature, lo ha fatto capire., anzi lo ha detto. Bisogna intevenire nella finestra invernale di mercato per completare l'opera iniziata e proseguita così bene al fine di raggiungere l'obiettivo imprescindibile: la qualificazione alla prossima Champions League. Spalletti chiama, Nanchino risponde? Per ora c'è il proclama del giovane Steven Zhang: “Andiamo a comandare. Il 2018 sarà l'anno dell'Inter”, ha detto il figlio del proprietario del club, presente lunedì sera alla cena di Natale organizzata dalla società. Il genuino entusiasmo da parte di Zhang Jr dovrebbe rassicurare la tifoseria e lo stesso tecnico sulla voglia della proprietà di riportare l'Inter ai fasti del passato.

Di contro si continua a rendere noto come i famigerati paletti imposti dal famigerato Financial Fair Play, non siano ancora del tutto superati e che l'autofinanziamento sarà la strada da seguire a gennaio. Traduzione: cedere per comprare, o ricorso alla capacità creativa del duo Sabatini-Ausilio per riuscire a rinforzare la squadra senza andare incontro a possibili sanzioni Uefa. Discorso che stride per chi voglia sognare in grande, ma come già scritto in passato, la politica di Suning mira in primis a consolidare una società forte finanziariamente, partendo dagli investimenti nelle strutture, passando per il rispetto delle regole. Il grande nome non ritenuto funzionale non è contemplato, o non più dopo gli errori alla Gabigol che poco non sono costati. Ma anche in questo caso ci sarebbe la giusta via di mezzo, non sarebbe concepibile quindi assistere ad un gennaio senza qualche sforzo che consenta di non mollare le posizioni di testa. Intanto si cerchi di esorcizzare il Natale anti-Inter con una bella vittoria a Reggio Emilia contro il rivitalizzato Sassuolo.

Servirebbe a riacquistare vigore ed entusiasmo in vista del derby di Coppa Italia e della sfida cruciale in campionato di sabato 30 dicembre con la Lazio. “Non diciamo più: Inter is coming, ma: Inter is ready”, ha aggiunto Steven Zhang tra un brindisi e l'altro. Calma e fiducia dunque. E Buon Natale.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 20 dicembre 2017 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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