Meno tre. Questa tortura sta per concludersi. E lo dico armato di sano e inspiegabile ottimismo. A Napoli l'esito era più che scontato, l'obiettivo era evitare la batosta. In effetti, è stato raggiunto per quanto senza la minima lode. Non ci fosse la certezza dello 0-3 a tavolino, personalmente neanche manderei in campo questi giocatori. Nulla contro di loro, ma è chiaro che il modo in cui l'Inter sta concludendo questa maledetta stagione è un'offesa al proprio blasone, alla propria storia. Però c'è ben poco da fare oltre che attendere impazienti la chiusura dei giochi. Stramaccioni ha sperimentato persino l'undici senza attaccanti, è la sua premiére da questo punto di vista. Per 45 minuti, sarò blasfemo, la squadra mi è persino piaciuta e senza quel rigore piuttosto sospetto (mi riferisco al 2-1) l'Inter avrebbe costretto con merito il Napoli a un intervallo in parità. Poi c'è sempre la solita faccia opposta della medaglia: una difesa che definire ballerina è un insulto a chi sul palco sa muoversi con leggerezza e maestria. Cartolina sintetica da Napoli: addio Europa, e forse è meglio così.

Juventus campione d'Italia, da ieri è ufficiale. Complimenti, al di là di qualche gentilezza arbitrale, il titolo è più che meritato. Non ha avuto avversari la squadra di Conte, anche per la pochezza delle altre possibili candidate al bottino finale. Resta il fatto che pur con tutti gli onori legittimi in casa bianconera si è nuovamente inciampati nella solita e prevedibile caduta di stile. Quel 31 sbandierato sugli spalti dello Stadium (inevitabile, lì è piena giungla ormai) ma soprattutto portato sul rettangolo di gioco da tutti i calciatori è l'ennesimo schiaffo alle istituzioni e alla storia ufficiale del calcio italiano, che di scudetti juventini ne conta sempre due in meno. In tempi in cui Moratti, per dubbi più che giustificati nei confronti dell'operato arbitrale, viene deferito, c'è chi continua a sbeffeggiare la giustizia sportiva anche quando non ce ne sarebbe bisogno. E la passa franca. La stessa società i cui tifosi pagano con un buffetto gli insulti razzisti e ai defunti reiterati nel tempo. D'altronde, se i tuoi dirigenti agiscono con tale non chalance, tu che paghi il biglietto perché dovresti porti domande? Banali, penso che neanche i giocatori credano più di tanto in questa crociata virtuale ma debbano solo adeguarsi al clima revisionistico e anarchico.

A proposito, ieri era anche il 5 maggio. Se n'è discusso a lungo, gran parte della tifoseria juventina ha goduto enormemente all'idea di scendere in piazza proprio in questa data, un doppio smacco al nemico di sempre. Già, perché 5 maggio significa disfatta nerazzurra, il ricordo di quel lontano 2002 in cui la Juventus superò in volata proprio l'Inter e conquistò il tricolore. Evento consegnato alla storia del calcio, la stessa che poi è stata rivalutata dalla giustizia sportiva, che però ha ignorato quanto accadeva prima del 2004 come se non fosse abbastanza evidente. Sappiamo tutti che valore ha quel 5 maggio 2002 a distanza di anni, se altri continuano a farsene scudo problemi loro. Giusto per la precisione, il collega Pedrazzini poche ore fa ha ricordato, su questo sito, come in passato un altro 5 maggio è stato degno di nota. Non la morte di Napoleone di manzoniana interpretazione, ma quello del calendario 1963: dopo aver superato la Juve a Torino (scudetto virtuale), i nerazzurri conquistarono lo scudetto pur perdendo a Roma. Chi riporta a galla la storia, priva di revisionismo giuridico, dovrebbe studiarla meglio.

Tornando ad argomenti seri, un pensierino al mercato dopo le ultime evoluzioni. Posto che Ruben Botta sarà un acquisto della campagna invernale 2014 (sacrosanto confermare l'accordo, decorso a parte il giocatore merita fiducia), perché la fortuna sarà anche cieca ma la sfiga vede benissimo, vorrei commentare le ultime indicazioni provenienti da Appiano Gentile. Si è parlato, con il benestare di Stramaccioni, di un'Inter alla ricerca, in Spagna, di top player o, per dirla meglio, di giocatori meritevoli di questa maglia. Occhio. Nessuna illusione, non significa che arriveranno fenomeni da Madrid o Barcellona. Non esistono le condizioni finanziarie, salvo suicidi strategici delle due big ispaniche, per puntare in alto. Chiedere non costa nulla, sognare anche meno. Ma non è così che si costruiscono le squadre competitive. Giusto che Ausilio tenti un approccio per valutare eventuali opportunità di mercato, ma guai a farsi strane idee. I campioni solo in rare occasioni accettano di mettersi in discussione, ma oggi l'Inter rappresenta più di una scommessa con sé stessi. Dopotutto, lo stesso diesse ha chiarito che chi arriva "deve avere fame e ambizione a prendere parte al nostro gruppo". La versione nerazzurra di 'Indovina chi?' è in pieno svolgimento.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 06 maggio 2013 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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