Qualunque interista al triplice fischio di Chiffi ha pensato che l'Inter ai rigori avrebbe perso. E chi lo nega sa di mentire. Perché queste serate sono scritte e dirette da un regista sadico, che nega il meritato premio a chi lo meriterebbe e affida tutto al caso della lotteria, che non è mai realmente democratica. Almeno quando di mezzo c'è l'Inter, che si tratti di un ottavo di Champions League, un'amichevole inutile in terra libica o una semifinale di Supercoppa. Morale della favola, merito al Bologna che soffrendo e stringendo i denti porta i nerazzurri sul terreno in cui si muovono peggio, l'uno contro uno con il portiere avversario. Inutile analizzare le esecuzioni: persino chi ha segnato lo ha fatto calciando con gli occhi bendati. Più che una lotteria, una roulette russa che manda a casa l'Inter e in finale i rossoblu. 

Il danno però nasce all'inizio, subito dopo il bellissimo gol sull'asse Bastoni-Thuram. Oronzo Canà avrebbe detto: "Sì, è stata tutta di quel gol a freddo". Perché andando in vantaggio l'Inter si è seduta come in altre circostanze, rinunciando ad approfittare degli spazi che il Bologna avrebbe inevitabilmente concesso alla ricerca del pareggio. Non è la prima volta, ancora una volta i nerazzurri faticano a comprendere le mosse da fare sulla scacchiera pur in situazione di vantaggio. Una latente espressione di masochismo che diventa plateale quando Bisseck, con l'ormai intervento scomposto marchio di fabbrica, regala letteralmente il rigore del pareggio a Orsolini. Terzo fallo di mano dalla scorsa stagione e conseguenze nefaste per la squadra. Nessuno vuole metterlo in croce, ma sarebbe il caso che iniziasse a riflettere sull'opportunità di certi slanci perché qui ci si ritorova davanti all'erede di De Ligt, che ha lasciato l'Italia con la nomea del pallavolista. 

C'è tanto amaro in bocca per l'epilogo di una serata che ha visto l'Inter ancora una volta superiore all'avversario ma uscire sconfitta dalla prima opportunità di solelvare un trofeo e annullare la pesante astinenza in atto dall'inizio della scorsa stagione. Purtroppo senza lucidità, e nel finale ne è mancata parecchia sotto porta, portare a casa queste partite equivale a un Everest da scalare. A maggior ragione quando c'è da presentarsi dal dischetto, in quel caso senza piccone o funi di sicurezza. Perché, è quasi un dato empirico, quando c'è di mezzo l'Inter diventa tutto tranne che una lotteria democratica. 

Rientro anticipato a Milano con le pive nel sacco e la sensazione di aver ancora lasciato per strada qualcosa. Ora Natale in famiglia e New Balance Stadium per chiudere l'anno, non certo il più comodo dei saluti a questo 2025 più agro che dolce. Alla fine però c'è sempre una morale della favola e Chivu l'aveva inquadrata alla vigilia della partita: "Visto che siamo qua, anche se non meritiamo, approfittiamo del nuovo format che è un regalo a noi e al Milan". Ebbene, chi a suo dire non meritava è andato subito a casa. In fondo in fondo, vuol dire che c'è un briciolo di giustizia.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 20 dicembre 2025 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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