Qui non se ne esce più, davvero. La macchia d’olio è diventata talmente grande che nessuno smacchiatore potrebbe farla sparire. Meglio così, non va affatto cancellata perché, al di là delle pieghe che la questione Mancini-Sarri sta prendendo, qualcosa di buono deve pur uscirne. Parto da un presupposto: è una faccenda squallida, sin dal principio fino alla sua evoluzione, ancora in corso. Quanto accaduto al ‘San Paolo’ tra i due allenatori  durante i minuti di recupero di Napoli-Inter e la coda nel dopo gara ha avuto un’eco pazzesca, una sorta di palla di neve diventata valanga nel giro di poche ore. Ed è una valanga che nel suo incessante procedere verso il basso ha raccolto tanti detriti e spazzatura da diventare nauseabonda.

A me i moralismi, soprattutto quelli falsi, sono indigesti. Parto dal presupposto che nessuno abbia il diritto di farli, in base al tradizionale concetto di ‘chi è senza peccato scagli la prima pietra’. Non ho alcun dubbio sul fatto che Maurizio Sarri, allenatore che professionalmente merita solo applausi per quanto dimostrato di saper fare, abbia commesso un gravissimo errore. Dettato dalla foga del momento, dalla rabbia per il risultato, dalla tensione, fate voi. Ma ha sbagliato a pronunciare certe parole. Così come ha doppiamente sbagliato ad allegare alle sue scuse davanti alle telecamere i soliti se e ma che le inficiano. E anche a sostenere che 'certe cose devono rimanere sul campo’, un’espressione che tanto mi ricorda la famosa ‘abbassiamo i toni’ di calciopoliana memoria.

Non sarò certo io a condannare alla gogna l’allenatore del Napoli, la cui colpa è solo di essere ignorante in materia, pur essendo dotato di grande cultura. Ignorante nel senso che ignora, come direbbero Aldo, Giovanni e Giacomo. Ignora che il suo ruolo impone determinati vincoli e a certi livelli bisogna dare esempi positivi, senza farsi trascinare dall'emotività. Sarri è solo un uomo genuino, di vecchio stampo, che talvolta non dà il giusto peso a determinate parole. È un uomo che lavora 24 ore al giorno, che vive di cose semplici e che, nella sua semplicità, non pensa alle conseguenze di certe azioni. Anche perché, aggiungo io, non è ancora abituato a palcoscenici su cui non puoi dire una mezza parola fuori posto. Però ha sbagliato, soprattutto nel dopo gara quando cercando di pulire una macchia l’ha propagata con dichiarazioni fuori luogo, che ne hanno peggiorato la posizione. Sarebbe bastato un “Chiedo scusa, sono imperdonabile” e forse sarebbe finita lì. Invece, supportato da un ambiente che lo difendeva a prescindere, ha iniziato ad aggrapparsi a scusanti inconsistenti, a luoghi comuni agghiaccianti che puzzano di omertà, un cancro del nostro tessuto sociale.

Vado oltre. Tornando alla valanga putrida, sono piuttosto infastidito dal tentativo, da parte di una buona fetta di opinione pubblica, di rivoltare la frittata. In un nanosecondo il colpevole della vicenda è diventato Mancini, reo prima di aver denunciato pubblicamente un episodio che sarebbe dovuto rimanere in campo, quindi di essere ipocrita in quanto, ben 15 anni prima, si sarebbe espresso con le stesse parole offensive nei confronti di un giornalista della Gazzetta dello Sport. Vicenda che il diretto interessato poco fa ha seccamente smentito. In altre parole, la caccia allo scheletro nell’armadio, tanto gradita da un popolo che ama la dietrologia e crocefigge chi canta fuori dal coro, lo ha letteralmente investito. Come un tir. Per non parlare dei suoi commenti qualche anno dopo sul diverbio poco edificante tra Mihajlovic e Vieira e della giustificazione a cori da stadio non certo gradevoli. In altre parole, da paladino della giustizia (etichetta che il diretto interessato ha voluto respingere) Mancini è diventato un ipocrita, come lo ha definito il direttore di Tuttosport dopo averlo elogiato in prima pagina (coerenza portami via).

Al di là della smentita, Mancini in passato può anche aver sbagliato, nessuno vuole sollevarlo dalle sue eventuali precedenti responsabilità. Però anche se fosse tutto vero avrebbe avuto comunque il grande merito di correggersi nel tempo, di migliorare, di imparare da culture diverse rispetto alla nostra al punto da indignarsi per comportamenti analoghi addebitati alla sua vecchia versione. Ed è proprio quello che viene chiesto a Sarri, andare oltre e migliorare in queste lacune. Invece no, più facile salvare l’onesto lavoratore toscano dalla critica e indirizzarla su chi ha voluto mandare un messaggio significativo all’esterno, a una realtà, la nostra, che tollera ancora omofobia, xenofobia e razzismo come se fossero del tutto normali, a costo di non evolvere mai. E si scandalizza in base all'opportunismo. Certa gente, organi di informazione e giornalisti con tanto di tesserino in tasca compresi (allucinante), si è focalizzata sull’aspetto calcistico, sui colori sociali delle squadre, sui nomi dei personaggi in questione piuttosto che sul vero problema.

Mancini non si è sentito offeso a livello personale, proprio perché non è omosessuale. Si è sentito offeso perché certe espressioni dal suo punto di vista (oggi) sono inaccettabili, figuriamoci in certi ambienti professionali. Lui non si è limitato a denunciare pubblicamente Sarri, ma ha sottolineato quello che è un problema diffuso anche a costo di risultare impopolare, di essere tacciato di spionaggio o vittimismo da un contesto omertoso, simile a quello della criminalità organizzata. E come spesso accade in Italia, è diventato l’anello debole della vicenda, come chiunque provi ad andare controcorrente. Una categoria di persone (questa espressione non mi piace ma chiarisce il concetto), quotidianamente costrette a nascondersi o a difendersi dall’ottusità che le circonda, si è sentita offesa da un personaggio pubblico? Chissene, non toccate l’allenatore del Napoli che deve vincere lo scudetto, siete solo invidiosi! Qualcuno ha avuto il coraggio di denunciare una piaga sociale (lo è, non giriamoci intorno) davanti alla telecamere? È Mancini, quello che dava del fr… a un giornalista 15 anni fa, quello che allena l’Inter, quello che litiga con i suoi giocatori ecc. ecc. Quindi, zero credibilità, stia al suo posto. Sia chiaro, io non ce l'ho con Sarri, ce l'ho con chi perora ciecamente la sua causa.

In pochi hanno capito davvero cosa è successo martedì sera. Qui non si tratta di Napoli o Inter. Si tratta banalmente di buon senso, di correttezza, di evoluzione della specie umana. Ma è troppo facile seguire la logica all’italiana, in cui se sbagliano tutti non sbaglia nessuno. La tesi, guarda caso, di chi sull’omertà e altre belle sfaccettature aveva costruito un sistema a delinquere che ha macchiato indelebilmente il nostro calcio e la nostra credibilità. Un po’ come chi fruga nel passato ignorando il presente sta cercando di fare nei confronti di Mancini. L’uomo, non l’allenatore dell’Inter.

Sezione: Calci & Parole / Data: Gio 21 gennaio 2016 alle 19:48
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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