Si parla di Var, interventi degli arbitri in tv e tanto altro nella lunga intervista concessa al Corriere dello Sport dal designatore arbitrale Nicola Rizzoli. Ecco i passaggi più importanti: 

 L’errore indimenticabile?  
"Derby di Milano, concessi un rigore inesistente... Ma l’indimenticabile lo commisi in Atlético Madrid-Barcellona di coppa. Diedi una punizione dal limite invece del rigore che, se realizzato, avrebbe qualificato il Barcellona. Non mi accorsi del fatto che il giocatore dell’Atletico aveva i piedi fuori dall’area ma la mano con la quale aveva colpito il pallone era all’interno. Vedi, se ci fosse stato il Var…".  
 
Già. Al Var bisogna andare sempre, quando l’episodio è dubbio, oppure tocca all’assistente al video richiamare l’attenzione di chi dirige. Dove l’ho sentita?  
"Sono le indicazioni, chiarissime, che ho dato ai miei".  
 
Qualche direttore di gara è rimasto disorientato dalla novità. 
"Siamo alla quarta stagione online, più una off-line. Il disorientamento io non l’ho avvertito neppure all’inizio, per arrivare a un utilizzo ottimale del Var erano e sono necessari addestramento, verifiche, confronti, correzioni. Posso garantirti che la tecnologia ha notevolmente ridotto il numero degli errori e non mi riferisco soltanto al fuorigioco e al gol non gol. I numeri, le percentuali lo confermano. Devi anche considerare che due anni fa c’è stata una profonda rivisitazione del regolamento, è cambiata ad esempio l’interpretazione del fallo di mano. Ecco, proprio su questo punto mi auguro che si possa sviluppare una discussione ad alto livello. Tutto è perfettibile. Colpire il pallone con le mani, nel calcio, è antisportivo, ma è altrettanto vero che non si può pensare che il difendente possa intervenire con le braccia dietro la schiena, è un movimento innaturale e anche rischioso sul piano della stabilità".  
 
Una delle tante accuse che vengono mosse ai nuovi arbitri è la mancanza di personalità.  
"È cambiato il mondo, non soltanto quello arbitrale. Il percorso di formazione in ogni settore è molto più articolato che in passato, un tempo non dico che ci si arrangiava ma quasi e, di riflesso, il temperamento, il carattere aveva un’incidenza superiore. Oggi è tutto molto più strutturato, si punta sulla professionalità. Se vuoi che risponda in modo ancora più chiaro: sì, gli arbitri di un tempo, come tutti del resto, ne avevano mediamente di più, di personalità. Ma non dimentico che si confrontavano con 6 telecamere e non con sedici, godendo di protezioni superiori, il non-visto prevaleva sul visto". 

La novità più recente è il fuorigioco tecnologico.  
"L’ho letto anch’io". 

Questa è una balla.  
Sorride. "Il fuorigioco è un fatto oggettivo, la tecnologia può risolvere il problema delle interferenze nell’azione. In altre parole, il calciatore diventa macchina, vettore, si è così in grado di stabilire con precisione il momento della partenza del pallone e la posizione, nello stesso istante, di chi attacca". 

Così non è più calcio, protestano i nostalgici.  
"Sì, lo so. Ma allora bisognerebbe ripartire da altre consapevolezze, quelle che contemplano e tollerano l’errore anche da parte dell’arbitro, non soltanto del difensore, del portiere o dell’attaccante. In Italia?, da noi? Impossibile. Io però sogno qualcosa di diverso". 

E cioé?  
"Un deciso passo avanti lo farà compiere il chiarimento live. L’obiettivo è quello di riuscire a comunicare, in tempo reale, con l’esterno la decisione che si è appena presa, la motivazione della scelta. Naturalmente anche quella del Var".  

Quanto vi ha cambiato il 2006?  
"Non capisco".

Calciopoli.  
"Ha impresso un’accelerazione straordinaria alla mia carriera, alcuni colleghi che mi precedevano nelle graduatorie di merito o per età non hanno più arbitrato perché sono finiti nell’inchiesta. Immagino, però, che non ti riferissi a me, ma alla categoria. Ci ha fatto molto male, rimettersi in piedi è stata durissima. Ricostruire un rapporto di fiducia con la gente, convincere gli appassionati che si era fatta pulizia, questi erano gli imperativi immediati. Qualche scoria ce la portiamo ancora addosso, ingiustamente".

Una volta mi dicesti che non avresti mai punito con la sospensione un arbitro che aveva sbagliato. E invece…  
"Voi le chiamate sospensioni, addirittura punizioni o squalifiche, fermare un arbitro che arriva da un errore grave è un atto di responsabilità al quale non posso sottrarmi: consente a chi ha sbagliato di ritrovare serenità, energie, l’equilibrio necessario. Credo molto nell’idea di squadra, purtroppo nell’ultimo anno non abbiamo avuto la possibilità di confrontarci de visu per via della pandemia. Il rapporto diretto è fondamentale, è un momento di crescita individuale e collettiva. Siamo 150, tra arbitri e assistenti, puoi immaginare la difficoltà di ritrovarsi in remoto da tutte le zone del Paese".  

Come hai giudicato il coming out di Orsato a Novantesimo minuto?  
"Possiamo parlare d’altro? Quello è un episodio di tre anni fa e io guardo avanti. A cosa serve tornarci sopra oggi?". 

Siete appena passati dal muscolare Nicchi al più affabile Trentalange.  
"Dopo Calciopoli servivano i muscoli e i silenzi di Nicchi, in seguito si è avvertita la necessità di un cambiamento che la votazione ha evidenziato. Alfredo ha davanti a sé una serie di sfide decisive, il potenziale è buono, così come le idee e lo spirito che lo animano".  
 

Sezione: Rassegna / Data: Sab 10 aprile 2021 alle 09:10
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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