Lunga intervista del Corriere dello Sport a Gabriele Gravina, numero uno del calcio italiano e da tempo sotto il fuoco della critica. Ecco alcuni passaggi della chiacchierata con il direttore Ivan Zazzaroni. Si parte con il momento delicato della Nazionale.

Dal 2002, a parte i trionfi del 2006 e del 2021, rimediamo figuracce. 
"Posso fare io una domanda? Le cause voi le avete individuate?". 
 
Le elenchiamo da decenni. Alcune sembrano evidenti: i giovani non giocano, gli stranieri in campo sono sempre di più, gli investimenti nei vivai e nelle infrastrutture sono un miraggio e le proprietà estere hanno colonizzato il nostro calcio mettendo un impegno emotivo e politico limitato.  
"I soldi li mettono, però. Sono tra i pochi che trasformano le risorse in capitale, dando ossigeno al sistema. Per me le cause sono anche altre". 
 
Quali? 
"La metodologia sbagliata. Ogni volta che la Nazionale commette un passo falso, immediatamente c’è l’indignazione popolare e si chiedono le teste. Ci sto, è il gioco dei tifosi. Ma noi continuiamo a cercare colpevoli senza renderci conto che la Figc non può imporre certe cose, ma soltanto sensibilizzare". 
 
Tornare al passato, con un numero ridotto e definito di stranieri per rosa, è utopistico? 
"È impossibile. La Figc può solamente intervenire sugli extracomunitari, come ha già fatto, rispettando le quote assegnate dalla legge Bossi-Fini. È impossibile limitare il numero di stranieri comunitari, è contro le norme Ue che dalla sentenza Bosman in poi prevedono la libera circolazione dei calciatori. Puntare sugli italiani non può essere un obbligo, semmai deve diventare una vocazione naturale. Che si abbina agli investimenti sui settori giovanili e sulle infrastrutture". 
 
Ma le società di Serie A sono antagoniste della Nazionale? 
"Oggettivamente lo sono, anche se involontariamente. Ogni club guarda al proprio tornaconto". 
 
La riforma dei campionati è in agenda? 
"Prima di marzo dobbiamo aprire il tavolo". 
 
È vero che Roberto Mancini si era proposto per tornare? 
"È vero. Ci ho parlato. Aveva dato la sua ampia disponibilità". 
 
Spalletti andava esonerato prima di Norvegia-Italia? 
"Io non l’avrei mandato via neanche dopo". 
 
La accusarono di non essersi presenta to alla conferenza in cui il ct annunciò la fine del rapporto. 
"Non è vero. Ero lì. Ma essendo la conferenza Uefa della vigilia, non potevo intervenire". 
 
C’era un accordo?  
"Sì, che alla fine di quella conferenza io e Luciano, insieme, avremmo annunciato la risoluzione".  
 
Quindi lui l’ha anticipata? 
"Sì, è crollato alla prima domanda. Non ha trattenuto la sua esplosione di rabbia. Ma è stata una reazione da italiano vero". 

Presidente, mentre lei tenta di stringere le maglie le società continuano a vivere al di sopra delle loro possibilità. 
"La chiave è la sostenibilità, purtroppo confusa con il concetto di crescita senza limiti. Valore della produzione e costo del lavoro devono andare d’accordo. Non vuol dire che non puoi spendere, ma che si può fare mettendo delle risorse. In Bundesliga da 18 anni il 90% delle società chiude in utile". 

Nel frattempo, gli arbitri sono sempre nel caos: inchieste, polemiche, errori. Renderli indipendenti è la soluzione? 
"Io sono favorevolissimo all’autonomia. Sono già usciti dal consiglio federale e mi auguro che dal 1 luglio 2026 ci sia una nuova società autonoma con dei soggetti azionisti".

Il presidente dell’AIA, Zappi, è finito nella lente della procura federale. Si va verso un commissariamento? 
"Non corriamo troppo. Zappi per ora ha ricevuto soltanto una conclusione delle indagini". 
 
Ormai si lamentano tutti: si gioca troppo. Ci rimettono lo spettacolo e la salute dei calciatori. Non si potrebbe frenare questo desiderio espansionistico, economico ed elettorale del presidente della Fifa? 
"Infantino in questo momento vive in una dimensione mondiale. Sta valorizzando aspetti che il calcio non aveva mai conosciuto prima. Siede ai tavoli per la pace e ha rapporti consolidati con la politica internazionale. L’altra faccia della medaglia è questo motore che viaggia ad altissimi giri sempre. Così rischiamo di fonderlo. Dobbiamo cominciare a ragionare in maniera organica, di sistema, rispettare principi di globalizzazione ma anche le vere regole gioiose del calcio. Non dobbiamo ingolfare così i nostri calendari".  
 
La sensazione è che Uefa e Fifa abbiano in mente soprattutto il profitto. 
"Se fosse questa la direzione, sarebbe una direzione sbagliata". 

Sezione: Rassegna / Data: Mer 03 dicembre 2025 alle 11:30 / Fonte: Corriere dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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